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all'interno, i quali per contro sono i soli portanti,

tenuti in sesto dai precedenti. Ne deriva un senso

di instabile equilibrio, accentuato da quei tori che

lungo la ghiera degli archi salendo via via dalle

imposte alle sommità, fra loro si van allontanando

ed avvicinando alternamente senza mai toccarsi.

Tutto quest’insieme ha minore altezza del tam­

buro: eppure come dal basso a lui si levano gli

occhi, eccolo dilatarsi —miracolosa grande fuga! —

in un altissimo traforato tronco di cono. Lassù in

cima, toccandone l’orlo appena per le punte, vi

raggia una stella enorme, aperta nel centro a mo­

strare la colomba che si libra in cielo.

Il graduale impiccolimento dei sovrapposti ele­

menti nel loro avvicinarsi all'orlo superiore —

molto rapido in realtà —d appare invece dovuto

massimamente all'effetto della loro via via cre­

scente distanza dal nostro occhio. Ciò che si può

schematicamente rappresentare (fig. 13) segnando

su di un aito tronco di cono i punti

A B' C' D"

E' F'

a distanze fra loro lentamente decrescenti

e proiettandoli su di un tronco di cono basso, di

ugual base: otterremo così i punti

A B C D E F

a distanze rapidamente decrescenti, le quali pos­

sono rappresentare le successive monte degli archi

nel cono della Cappella.

Appiattiamo il tronco basso sino a ridurlo a una

corona circolare orizzontale, onde nei punti

A B”

C" D" E” F"

di questa avranno riscontro i punti

AB> C' & E F

del cono alto, ed analoga rispon­

denza si avrà in questa per ogni punto di quello,

producendo nell'anello circolare una rappresenta*