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LA FINANZA DEL COMUNE DI TORINO

NEL SECOLO XV

1. — Sulla finanza del Comune dì Torino,

anteriormente al sec. XV, assai poco ci è noto,

essendo andati perduti tutti i registri conta­

bili e quasi nulla risultando dalle altre scrit­

ture della città. Per la seconda metà del

Quattrocento, il recente ritrovamento del

Liber

rationum comunitatis Taurini

, offre interes­

santi notizie, che specie per gli anni 1459-

1471 permettono di ricostruire nelle sue linee

fondamentali la finanza del comune.

I>a

revisio computorum

del massaro Oliviero

da Crovexio, enumera le entrate del comune

come segue:

a)

Gabella grossa

:

b)

Gabella minuta;

c)

Fictus comunitatis Sancti Martini;

d)

Intrata vini;

e)

Vinum pririlegiatum;

f)

Scribania ci vilis;

g)

Navis Sturie;

h)

Baliste habitatorum;

i)

Stuphe et locus publicus;

1)

Taxi;

m)

Talee.

In questa enumerazione mancano la gabella

di Grugliasco e il reddito dei molini, che pure

risultano normalmente riscossi dal comune,

ma è assai probabile che lo schema risalga

ad un'epoca di qualche tempo anteriore agli

anni in cui i rendiconti furono redatti e quindi

queste varianti dipendano dal mancato aggior­

namento dello schema a successive modifi­

cazioni introdotte nei proventi della finanza

comunale. Infatti neirelencazione compaiono

le

baliste habitatorum

che non pare venissero

allora più esatte, in quanto il massaro nella

revisio computorum

costantemente ripete che

de balistis

ignora chi renda conto e in nessun

rendiconto del comune ne risulta la riscossione.

Il provento più forte è rappresentato dalla

gabella grossa

, imposta di consumo, che in­

sieme al reddito dei molini costituiva la parte

principale delle entrate del comune. Tutti

gli altri tributi danno un gettito che nel loro

complesso non raggiunge neppure un quinto

della somma riscossa dalla gabella e dai molini

e questa situazione si trova invariata ancora

ai tempi di Emanuele Filiberto, sino all'anno

1567, quando la gabella grossa del vino fu

ceduta in usufrutto al duca e al comune restò

come entrata fondamentale il solo reddito

de\Valbergamelo

dei molini. notevolmente au­

mentato per l'accresciuto prezzo del grano

in quegli anni. La

gabella grossa

colpiva il

consumo della carne e del vino, ma non risulta

con quali aliquote, con quale tariffa e con

quali modalità. La gabella sulla carne veniva

esatta dai macellai all'atto della macella­

zione; quella sul vino dagli osti e dagli alber­

gatori. Il reddito complessivo di questa gabella

che negli anni 1448-1451 era oscillato tra

770 e 616 fiorini, col 1453 aumentò a fiorini

1831 e, salvo nel 1459-60, fu sempre supe­

riore a questo importo, raggiungendo un mas­

simo di fiorini 2100 nel 1461-62 e restando

in media attorno ai

2000

fiorini per tutto il

periodo dal 1462 al 1471. Un gettito enor­

memente inferiore ricavava il comune dalla

gabella minuta

, della quale non si conoscono

le caratteristiche tributarie, ma che colpiva

il grano che si esportava dalla città, il vino

in transito ed il sale. Il provento — almeno

dai dati corrispondenti agli anni 1459-1476 —

oscillò da un minimo di fiorini 217 nel 1459-60

ad un massimo di fiorini 360 dell'anno 1461-62;

ma in genere non superò la media di 300

fiorini. Si trattava certamente di una gabella

avente preminenti scopi economici, diretta

ad impedire l'esportazione del grano e del

vino della città e questo può spiegare il suo

gettito oltremodo modesto. Molto più impor­

tante è invece il provento che il comune

ricava dall'mirala

vini

e dal

vinum privile

-

giatum

, talvolta esatti contemporaneamente

e talvolta affidati a percettori distinti. Dopo

il 1451, questo tributo deve esser stato aggra­

vato, riscontrandosi come per la

gabella grossa

un forte aumento nel gettito che sale da

fiorini 340 dell'anno 1450-51 a fiorini 878 nel

1459-60 ed oscillando tra i 600 e gli 800 fiorini

in tutti gli altri esercizi. Non risulta quale

fosse il meccanismo tecnico di questa imposta,

ma è probabile che la

intrata vini

fosse costi­

tuita da un dazio sul vino importato nel

territorio del comune e il

vinum privilegiatum

derivasse dall'antico

bannum vini

, tributo

medievale che consisteva in una tassa per­

cepita dal

dominus

per autorizzare i privati

a vendere il vino nel tempo del

bannum

e

cioè nel periodo in cui — generalmente un

mese prima della vendemmia — la vendita

ne

era riservata al solo

dominus.

M