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\uh» le due precedenti di cui parlate, che quella alla

quale ora rispondo sarà data alle fiamme e che il con­

tenuto. per quel tanto che indovino, resterà sepolto

per «einpre nel mio cuore. Quantunque molto com­

mosso e riconoscente per i sentimenti che mi e-pri-

mete, vi prego, signora, di non scrivermi più ».

Decisero insieme che Franz, il giorno seguente,

avrebbe comunicato all'imperatore la lettera della

contessa Camerata e la risposta, pregandolo tuttav ia

di fare in modo che la contessa non fosse molestata

dalla polizia. Ma la sera stessa, appena congedato

Prokesch, il principe riceveva una nuova lettera

della cugina. G li diceva d'e*sere inquieta sulla de­

cisione ch'egli stava per prendere, lo supplicava di

precisarle se e dove avrebbe potuto vederlo: e non

si nascondeva la possibilità d 'un rifiuto.

Franz, infatti, non la vide. Mandò Prokesch da

lei qualche giorno dopo. Il colbtquio cominciò su un

tono freddo, quasi ostile. Prokesch rimproverò alla

contessa la sua imprudenza che avrebbe potuto crea­

re seri imbarazzi al principe provocando una limi­

tazione della sua libertà. Non si trattenne da qua l­

che allusione alle manovre di Metternich. alla po­

lizia...

— La polizia?

protestò sdegnosamente la con­

tessa. — V i ingannate se credete che il servo di

Obenaus che ha portato le mie lettere a mio cugino

sia al soldo del conte Sedlnitzkv : è al soldo mio. e

mi è «tato fedele!

Prokesch l'osservava con attenzione. Fra una (iel­

la donna, di forse venticinque anni, dallo sguardo

fiero e ardito in cui lanqieggiava una fiamma di vo­

lontà quasi maschia.

— Non posso lamentarmi di Vienna - aggiunse

ridendo. — M 'hanno lasciata girare in lungo e in

largo senza sorvegliarmi troppo. Almeno, non si

sono fatti scorgere, e questo è già molto. In Italia la

polizia del principe di Metternich passa per essere

una delle meglio organizzate e delle più oculate

d 'Europa , lo sono stata trattata con riguardo, an­

che dopo che le mie prime lettere...

Le due che Sua Altezza non ha ricevuto?

Precisamente. Adesso «o dove sono andate a

finire. Il servo di Obenaus le ha affidate a un val­

letto di mio cugino, il quale invece di consegnar­

gliele le ha date al conte Dietrichstein. Da lui sono

passate nelle mani di Sedlnitzkv...

— ('.osi che la polizia...

— Si. la polizia è informata che io ho tentato di

vedere il duca di Reirhstadt e che gli ho scritto. Ma

non ha mutato nulla, non ha ordito nessuna mano­

vra. Tanto è vero che se il duca avesse voluto...

Prokesch tornò al discorso di prima. Parlò con

calore di Franz, del suo carattere, della completa

libertà che gli lasciavano d'occuparsi della storia

di suo padre, della passione ch'egli portava a questi

«lud i, dei libri che leggevano insieme, dei suoi d i­

legui e delle sue speranze.

La contessa lo ascoltava con meraviglia; e ca­

duta la reciproca diffidenza »i stabili tra i due inter­

locutori una corrente di simpatia tanto che Prokesch

si credette autorizzato a toccare il tema che gli stava

più a cuore: la forza reale del partito ch'era pronto

a sostenere la causa del tìglio di Napoleone.

Ma la contessa non fu in grado di precisare nulla:

si limitò a dichiarazioni generiche sulla sincerità

dei suoi sentimenti, ma quanto ai mezzi d'azione

mostrò chiaramente di non avere idee solide e di

basare i propri disegni sulla sabbia delle aspira­

zioni e delle chiacchiere.

— I na donna attraente, tuttavia, anche se sen­

za criterio. 0 forse appunto per questo — pensava

Prokesch accomiatandosi.

La contessa tes*e\a intani»» l'ennesimo elogio di

Franz.

— Sono del vostro parere dal giorno in cui l'ho

conosciuto — disse Prokesch.

Ma credete. Sua

Altezza, ad onta della giovane età. è conscio dei

propri doveri, conosce la linea di condotta che gli

è fissata dalle sue stesse origini, e la missione che

deve assolvere per essere degno del grande nome

che porta.

La contessa si mise una mano sul cuore.

— Ditegli che gli sarò devota in vita e in morte!

— esclamò senza enfasi, con assiduta sincerità,

guardando Prokesch negli occhi. Poi gli tese la de­

stra. — Forse non ci rivedremo più. Ma se un gior­

no il

ilto destino si compisse io so che vi tro­

verò vicino a lui!

Sulla soglia si strinsero ancora una volta la mano.

Prokesch si ritirò più che convinto che lo stra­

vagante passo della Camerata a Vienna non avesse

nessun rap|»orto con le mene del partito bonapar­

tista. Il quale, proprio in quelle settimane, aveva

ripreso ad agitarsi. Metternich aveva ricevuto una

lettera del conte Atanasio d'Otranto. secondogenito

di Fouché. ch'era appena tornato da un viaggio in

America dove aveva preso contatto con Giuseppe

Buonaparte. il quale aveva assunto il nome di conte

di Survilliers. Giuseppe aveva affidato al figlio di

Fouché un messaggio per l'imperatore d'Austria e

un altro ne aveva inviato a Maria Luigia a Parma

sollecitandola ad affidargli il figlio ch'egli avrebbe

fatto salire sul trono di suo padre.

— Questa gente non può mai restare tranquilla!

— aveva commentato Maria Luigia scrivendo a

Dietrichstein perchè ne informasse Metternich.

Era anche il parere del Cancelliere.

Poco do|H> fu la volta di Luciano Buonaparte

prinri|»c di (omino di intervenire

m

rincalzo del

fratelli» maggiore, sostenendo presso il Governo au­

striaco la causa del comune nipote. E come ee non

bastasse vennero di nuovo in scena i marescialli e

i generali con Montholon in testa avallando presso

Metternich piani e progetti per la restaurazione

imtieriale. « Metternich non ha che da scegliere il

paese dove vuole che scoppi una sollcvaaione nel

termine di tre settimane. A l resto pestiamo noi! >

assicuravano i bonapartisti, « Cou Napoleone D

schiacceremo i giacobini deU 'Eurapa urterà! » .

M e i *