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E da questo momento continuò apertamente le sue

\ i s i t e

a Franz con una specie d'ostinazione, allo

-oopo di toglier loro ogni apparenza d'intrigo.

Prokesch non riuscita a spiegarci l'ambiguo con*

legno di Metterliich a suo riguardo. Ma era poi tanto

ambiguo come Prokesch opinai a? In realtà Metter­

meli stimava il giovane diplomatico e non dubitava

•lei suoi sentimenti leali; ma vedeva nei rapporti tra

il duca di Keichstadt e lui un pericolo per entrambi.

Fini per ritirargli la propria fiducia per tutto ciò che

concerneva il duca. Non li ritene\a abbastanza forti,

nè I uno nè l'altro, per resistere a tentazioni inco­

raggiate da Maria Luigia e dallo stesso imperatore.

Maria Luigia era entusiasta dell'idea di vedere il

tiglio sul trono di Francia: e l'imperatore, discor­

rendo con hranz. gli aveva più volte accennalo a

felici probabilità che potexano presentarci. Metter­

meli sapeva tutto ciò. e stava in guardia. E ascol­

tando le confidenze di Prokesch o lasciandosi an­

dare a fargliene, non voleva metterlo in una falsa

posizione di fronte a Franz.

I

rapporti dei suoi agenti di Parigi gli ave\ano ri-

\rlato il piano d 'un complotto di generali napoleo­

nici per mettere sul trono di Francia il duca di

Keichstadt. Il piano gli era stato confermalo da un

messaggio degli stessi congiurati i «piali sollecita­

tami Metternich a favorire l'evasione del duca da

Vienna: essi s'impegnavano a farlo giungere san»»

e >al\o a Strasburgo: di là le truppe scaglionate lun­

go il percorso da Strasburgo a Parigi lo avrebbero

accompagnato in trionfo alla capitale. Metternich

rifiutò. I congiurati risposero col minaccioso dilem­

ma : — O Napoleone II o la repubblica in Francia...

Se in quel momento il Cancelliere ave*?e ammesso

Prokesch nel segreto della faccenda e Prokesch ne

axesse a sua volta informato Franz, chi avrebbe po­

tuto trattenere il figlio di Napoleone nella sua do­

rata prigione viennese? E se ne fosse uscito non sa­

rebbe andato incontro alla catastrofe, e*-endo poi

risultato che la forza stava dalla parte di coloro che

•i opponevano alla restaurazione napoleonica e che

avevano messo sul trono Luigi Filippo?

Erano alla testa del complotto Giuseppe Buona-

parte, il maresciallo Maison, il generale Belliard.

Mnntholon. Bachelu. altri fedeli alla memoria del

morto di Sant'Elena.

Belliard in settembre era venuto a Vienna come

inviato straordinario per comunicare all'imperatore

l'assunzione di Luigi Filippo al trono. Ed era uno

degli aderenti al complotto na|Milconico. Metternich

lo ricevette alla Cancelleria, e giocando come al Mi­

lito col tagliararle lo batteva adagio sul piano della

*crivania in uno dei cui cassetti stava il facsimile

•lei documento compromettente firmalo anche da

Belliard.

— O h ! generale — disse — io vi conosco... di

fama. Siete contento della vostra missione a Vienna?

— Sarei anche più contento — rispose risolato

Belliard — se mi f «H r concesso l'onore di render

visita al figlio del mio antico sovrano.

Votele dire il

émtm

di RetcktUdl?

— Appunto.

— Non è possibile — fece Metternich facendo gi­

rare il tagliacarte Ira le dita. — Non è possibile fin­

che Sua Altezza non sia uscito di minorità. I mem­

bri minorenni della famiglia imperiale non possono

concedere udienze. E il duca di Keichstadt è sotto­

posto alle medesime regole d'etichetta degli arci­

duchi.

Belliard insistette: ma Metternich fu irremovibile.

D 'altra parie la sua diffidenza verso molti degli ade­

renti al movimento bonapartista era più che giusti­

ficata. Che garanzia poteva dare quella gente che

nel 1814 e nel IRIS, al momento della cattiva fo r ­

tuna. axeva abbandonato e tradito Napoleone? Al

termine di *ei mesi, il duca di Keichstadt si sarchile

trovato in balia degli avvenimenti, esposto senza d i­

fesa alle ambizioni, agli odi e alla violenza. « Fare

del bonapartismo senza Buonaparte

è

un'idea asso­

lutamente f a l s a » : era una frase che Metternich

amava ripetere.

La di^se a Belliard. congedandolo. Il generale la

incassò senza batter ciglio, e tornò a Parigi più che

mai persuaso che l'Aquilotto fosse tenuto in una

prigionia dalla quale non sarebbe più uscito.

Metternich non aveva mai negato il dono del ge­

nio al <uo grande av versario. Ma anche quando col

suo genio Napoleone era riuscito a domare e a inca­

nalare 1 *\ oluzione. gli era stato necessario l'a u ­

silio d 'un insieme di circostanze favorevoli. Napo ­

leone aveva costruito un edificio coi materiali della

società rovesciata, e adesso i bonapartisti si accani­

vano a distruggere anche le macerie. Poi la gran­

dezza si tramanda raramente di padre in figlio...

Bisognata farla finito con la spada di Damocle

del disordine sospesa sull'Europa. G li irrequieti cu­

stodi del cullo napoleonico andavano liquidati con

eon ogni mezzo : avrebbero provveduto lui e la sua

(Milizia a screditarli presso i loro alleati, i liberali e

i repubblicani. F per tal modo egli si sarebbe acqui­

stato presso il governo di Luigi Filippo una auto­

rità e delle lieneinerenze da sfruttare all'ora giusta.

Per il momento giudicò interessante un colloquio

col duca di Reichstadt. L ’aveva sempre volontaria­

mente trascurato. SVrano scambiati sì e no cento

parole in quindici anni.

S'incontrarono un giorno nelPanticamera de ll'im ­

peratore. e Metternich sollecitò una visita del duca

alla Cancelleria. Franz, quantunque un poco stu­

pito dell'invito, aderì. La curiosità di sapere era più

forte d ’ogni altro sentimento. Si proponeva d ’ inter­

rogare Metternich su una quantità di qnestioni. di

ricavarne un ouadro della situazione europea com­

posto con gli elementi segreti di cui egli disponeva...

Era un calcolo un poco ingenuo. Metternich si

tenne sulle generali, fn riservato sul terreno politico

ed eloquente «u quello didascalico e morale. Mostrò

ai suo interlocutore la delicatezza della pernione che

occupava in Europa in quanto nipote «I

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pesa­

tore d ' Austria, e poiché aveva sentito parlare della

sua inclinazione per le a r a i gli disse di ritenere fer-

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