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I n pezzo di vecchio «ergente alto due metri s av­

vicinò a un gendarme a cavallo, e afferrando le re­

dini con la >ini»tra lo scaraventò a terra con la de­

stra gridando: « \a a raccontare al tuo capitano

che ti ha buttato giù un soldato d Arcolc! ». Le uni­

formi bonapartiste sottratte ai guardaroba dei tea­

tri. venivano distribuite alla folla che correva a di­

fendere le barricate. I n tale, montato su un cavallo

bianco, avvolto in un mantello grigio e col leggen­

dario cappello in testa, faceva applaudire Napo­

leone per le strade...

Prokesch noli aveva modo di controllare I esat­

tezza di questi episodi, Che le azioni del duca di

Keichstadt fosser in rialzo sulla piazza di Parigi

gli sembrava più che verosimile. Anch egli per

qualche giorno si illuse.

(Quando giunse a Vienna seppe che a sostituire

i Borboni era stato chiamato il ramo collaterale de­

gli Orléan». e Luisi Filippo era -alito sul trono col

titolo di re dei francesi. Metternich si era affret­

tato a riconoscere in nome dell* Austria il nuovo

sovrano.

Non c ’era più nulla da fare. Aspettare ancora.

A Franz. Prokesch non disse che qualche frase

generica. Franz, dissimulando il suo vero animo,

il suo turbamento profondo e la delusione patita,

accennò agli avvenimenti come »e «piasi non lo ri­

guardassero.

— Quel povero Carlo X !... Per mio conto, non

credo che Luigi Filippo avrà vita lunga... lo. così

come sono attualmente, non potrei diventare re dei

francesi... Sono ancora troppo giovane: ma il tem­

po mi maturerà. Bisogna che mi mostri attaccato

corpo ed anima all' Austria. L ’esercito, ecco la mia

sponda. La famiglia imperiale, dove non v ha che

Carlo che conti, non lo è. Se scoppia la guerra con

Luigi Filippo, prenderò le armi contro di lui. E se

vinco, avrò tutta la nazione france-e per me...

Prokesch espresse qualche dubbio sulla proba­

bilità della guerra: e Franz mutò discorso:

— A propo»ito. saprete già che non vogliono

che veniate con me. Il principe di Metternich ha

detto di no a mia madre. Ma ciò che non è possibile

per il momento, può realizzarsi in avvenire. Verrà

giorno in cui la mia volontà conterà qualche cosa!

Parlarono della residenza di Praga.

— Praga non v i va , lo s i — disse Franz. — Ep­

pure bisogna bene ch’ io mi emancipi: devo vedere

ed esser visto. I bagni termali attirano in Boemia

molta gente, la quale si spingerà fino a Praga. Meno

l’opinione pubblica mi è favorevole |>er il momen­

to, meglio è!

Diceva queste cose con tono fermo per persua­

dere se «tesso più che il su«> interlocutore.

Pr«*ke-ch lo o—ervava con una lu r r di viva -im-

patia nello

«guardo.

Dietrirhsiein . entrando, li trovò entrambi «ilen-

x iw L

— Avete parlato della trancia, •onuiuetto!

E r a n o s e n z ' a r m i , m a m e n a v a n o l e m a n i .

disse Dietrichstein a Prokesch più tardi quando si

furono congedati da Franz.

— N o — rispose Prokesch - - ormai era super­

fluo parla rne !

— Credete? — fece il conte.

— Certo. Anche lui non *i illude più...

— Ne siete certo?

Cosi mi è sembralo. Senza dubbio, gli avve­

nimenti di luglio lo hanno profondamente turbato,

ma la crisi è superata ed egli è ammirevolmente

padrone di sè.

Padrone di sè. lo ammetto. Ma quanto a non

illudersi...

Dietrichstein. acceso in volto, s'era fermato sul

pianerottolo trattenendo Prokesch per un braccio.

lo

desidero e spero con lui. Non è una c

fessione che vi faccio. V oi lo sapete. L ’ho amato

dal primo giorno come un figlio. La speranza dei

miei giorni e delle mie notti è di vederlo sul trono

di Francia...

Era eccitato, lui di «olito cosi equilibrato e tran­

quillo. e gesticolava.

— Dicono che I lio guastato, che l’ho torturato.

Se mai l'ho torturalo come una madre gelosa della

>ua creatura, per troppo amore...

— So. so. — interruppe Prokesch — nessuno

ignora che gli avete sacrificato la parte migliore della

vostra e*i'tenza.

— Non è questo — sussurrò Dietrichstein — .

Ho fa llo il mio dovere come un soldato. Ma adesso

bisogna salvarlo. Adesso o mai più. Metternich non

può soffrirlo. Odia in lui il ricordo del padre. V e ­

dete come si comporta nella questione della scelta

delle persone che devono comporre la sua Casa...

Oh ! Il principe di Metternich — disse P ro ­

kesch alzando le spalle

le poche volte che ha

dovuto occuparsi di Sua Altezza l’ha fatto con la

smorfia dcU’uomo che inghiottisce una medicina

amara.

Si lasciarono al cancello. Dietrichstein salutò

Prokesch e si allontanò in fretta. E Proke*ch. osser­

vandolo. rifletteva che Franz, negli anni trascorsi

a Vienna, non aveva avuto che un solo amico sin­

cero: quel vecchio ufficiale messogli accanto da

Metternich. ligio al dovere fino allo scrupolo, one­

sto. cosciente della grande responsabilità che il de­

stino gli aveva carirato addom i. Non era rapace

di doppi giochi, e le manovre di Metternich lo met­

tevano in uno «tato di esasperazione impotente che

logorava i suoi nervi.

— G li parlerò io! — dis*e Prokesch quando si

rividero. — Mi sembra evidente che diffida di me:

tuttavia voglio provare.

Metternich lo rirevette alla Cancelleria mi -uo

-olito sorriso gelato -ulle labbra. Ma appena Pro-

ke-ch accennò ai suoi rapporti con Franz, cambiò

discorso.

— Ho capilo — commentò tra sè Proke-eb riti­

randosi in buon ordine. — Q u i bisogna -cefi*ere

tra il principe di MHtem icb e il duca di Reirb«t*dt.

EM»eiie. io opto

per quest'ultimo.