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as?is<) sul trono di Francia. Approfittate del mo­

mento, mio Principe. In hn dettn forse troppo: la

tuia sorte è nelle \ostre mani, ed io posso assicu-

rar\ i che se voi \i ser\ irete delle mie lettere per per­

dermi il pensiero della \ostra viltà mi farà più sof­

frire di qualunque cosa che potranno farmi. L 'in d i­

viduo che vi consegnerà questa lettera si incaricherà

della risposta. Se a\ete deU‘onore. non me ne rifiu­

terete una.

N

apoleon i

: ( ’.. C

a m k iu t v

.

— Conoscete la persona che ha scritto questa let­

tera? — domandò Prnkesch.

— Credi»... — disse Franz.

— Una donna?

— Si. K* una mia cucina germana, la terza figlia

di Felice Baciucchi e di mia zia Flisa. Ha sposato il

conte Camerata, ma vive gran parte de llanno sola,

in giro per il mondo. Passa per una donna strava­

gante...

— Direi anch'io — rifletté Prokesch accennando

alla lettera.

— Due anni fa. d'estate, a Baden. mentre io pas­

savo a ca\allo per un \iale. incrociai la sua vettura.

Non sape\o ancora chi fosse. Me lo dissero dopo.

V id i una signora affacciarsi allo po rte llo e agitare

la mano verso di me. Mi arrestai un istante. Era

rossa in viso. gridava. Credetti di afferrare queste

parole: « N o n hai vergogna di portare l'un iforme

d ’arciduca austriaco? » . Non mentii altro, perchè

qualcuno che stava nell’ interno della \ettura tirò

dentro con violenza l'incauta, e la pariglia riparti

al galoppo. Ha affrontato anche mia madre, pochi

giorni fa. mentre partiva per l'Italia. Eravamo

giunti al bivio della Spinnerin am Kreuz. quando

la contesa Camerata si è presentata e si è fatta rico­

noscere. Io stavo in disparte. Mia madre si è fermata

due o tre minuti con lei. Non

hi

cosa si siano dette...

Prokesch ascoltata sbalordito questa pagina di

romanzo.

— Ma la lettera chi ve l'ha portata?

— Il domestico del mio precettore Olienaus.

— E le due precedenti?

— Non le ho ricevute.

— La lettera reca la data del

17.

Oggi ne abb ia ­

mo 24. E ' certo che quelle due lettere sino finite

nelle mani della polizia.

— Lo penso anch'io. Anzi, appettate. I na sera,

sarà una settimana o poco più. Obenaus m'invitò a

casa sua. Egli abita nella Ballhausplatz. come sa­

pete. Nel momento in cui Maio per mettere il piede

sul primo scalino, mi sentii afferrare improvvisa­

mente la mano e due labbra di fuoco vi suggellarono

un bacio. l Tna donna era uscita dall'ombra dote mi

appettata e mi si era inginocchiata da\anti...

— Vostra cugina?

— Si. Sulle prime non me ne resi conto. La lam­

pada della scala mi permetteva appena di distinguere

i suoi tratti. Era avvolta in un mantello. Pare* a una

roépiratrice...

- N e gan o si accorse di nulla?

-

Oh ! si. Non mi ero ancora riavuto dalla s

presa che Obenaus si affacciò alla ringhiera del pia­

nerottolo. e non menn sorpreso di me gridò alla sco­

nosciuta: « Che fate, signora? ». « Chi mi impedirà

di baciare la inano del figlio del mio imperatore? »

rispose costei.

In

salii i gradini a quattri» a quattro

e mi sottrassi alla scena. Seppi pni che mia cugina si

trova a Vienna dalla fine d'ottobre, che prima che

io la incontrassi a ll’inizio del viaggio di mia madre

lei mi ave\a già fatti» la pnsta al Prater n a teatro.

Ecco tutto...

— Lina intesa tra Obenaus e la contessa Camerata

non mi semiira ammissibile

rifletteva intantu Pro ­

kesch. — Ogni passo della contessa è indubbia­

mente sorvegliato dalla polizia. Sonu propenso a

credere che la terza lettera, a rm a ta nelle vostre

mani senza ostacoli, mentre si ignora eh fine ab­

biano fatte le due precedenti, costituisca un tra­

nello che vi è teso per mettervi alla prova.

— E* probabile...

Franz passeggiava su e giù per la stanza in preda

a un crescente nervosismo. I suoi pensieri galop­

pavano.

— Sentite — disse infine arrestando.*i da\anti a

Prokesch addossato al caminetto. — Ai dubbi che

voi mi atete esposto io ne aggiungo degli altri. Sono

di natura diversa, ma non meno \alidi. E vanno te­

nuti presenti nel determinare la nostra linea di con­

dotta. Nella lettera di mia cugina non si fa affatto

menzione di partigiani della mia causa. di forze rac­

colte...

Prokesch guarda\a Franz attendendo dote an­

dasse a parare. Il principe ateta gli occhi lucidi di

febbre, il petto ansimante; e se il suo ragionamento

era in apparenza saggio e posato, vi rotava sntto

un fuoco pronto a di\ampare al minimo soffio di

una illusione.

Do«e sono mai le prote

continuava Franz

della esistenza d 'un partito abbastanza forte per

sostenere il figlio dell*ini|ieratore? La causa della

perdita dell‘ im|ieratore è la sua famiglia: essa non

costituisce per me una base sufficente. lo rispetto e

condivido i \oti della contessa Camerata, ma non

posso certo affidarmi a speranze che denotano tanta

leggerezza...

Prokesch non potè min dargli ragione, ammiran­

done in cuor suo la forza dell'animo che si frenava

mentre tutto lo spinge\a a \o!are in alto, sulle ali

appunto di quella speranza che nell'attimo stesso in

cui si manifestata rivelata la sua inconsistenza.

Concordarono insieme la risposta da dare alla ir­

requieta contessa. Franz la scrisse di suo pugno:

« Questa mattina ho ricevuto una lettera in data

17 della quale non comprendo nè il ritardo nè il con­

tenuto e posso a pena decifrare la firma. Suppongo

eh'è di mano d 'una donna: le recole della buona

educazione mi impongono di rispondere. Voi capite

che non è nè come arciduca austriaco nè come prin­

cipe francese, per servirmi delle espressioni della

lettera, ch’ io acconsento a riceverla; ma l'onore mi

impone di render* i noto, signora, d ie non ho riee-