Table of Contents Table of Contents
Previous Page  514 / 1325 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 514 / 1325 Next Page
Page Background

CINEMATOGRAFO

* CAFFÈ VIENNESE»

di Geza von

Bolvary. — Vienna fine secolo ha tutta

l’aria di essere inesauribile. Ogni anno

almeno un paio di tilm — il più delle

volte filmetti — , si propone di farci ri­

vivere, attraverso serene, rosee storielle,

oscurate tu tt’al più ila qualche passion-

cella poco fortunata (ma per poco, che

tutto s'accomoda), un’ora di beato otti­

mismo portandoci a passeggio con le sue

belle donne tra i verdi viali del Prater.

o facendoci sentire, tra i tavoli delle sue

birrerie, allegre canzoni ed il ritmo irre­

sistibile dei suoi valzer.

Se questi film avessero valore di docu-

mento (ma, con piena onestà, non la­

sciano supporre di avere questa pretesa)

ci sarebbe* proprio da rimpiangere di non

poter tornare indietro nel tempo «li

qualche decennio, per vivere un po' in

mezzo a quella gente dal volto sempre

sorridente, per conoscere, attraverso una

esperienza diretta, quelle belle donnine

dalla innocente civetteria e dal brio

inesauribile.

Anche • Caftè Viennese » appartiene a

questa famiglia di film. Ci sono anche

qui lievi e garbati intrighi amorosi tra

gente dai bei modi, con piccole innocenti

manìe e non mancano le allegre canzoni

(per la verità non bellissime e tradotte

nel peggiore dei modi...) al suono delle

quali gli intrighi amorosi si risolvono

lietamente e con soddisfazione di tutti,

ma c ’è qualche cosa di più che il regista,

Geza von Bolvary, ha saputo spolverare

sulla torta di caramellati e di canditi

che è il film e che il film stesso nobilita

dandogli una fisonomia più spiccata ed

un sapore meno comune. Alludiamo alla

abilità con la quale egli ha saputo creare

l’atmosfera che ci voleva e nella quale

ha narrato la storia semplice «Iella pia­

cente vedovella e del suo cameriere,

senza stancare mai.

Sono interpreti dignitosi ed efficaci di

<•Caffè Viennese » Paul Hòrbiger, Hans

Maser. Marte Harell e Siegfris Breuer.

.

UN MATRIMONIO MOVIMEN­

TATO

» di \V. Liebeneiner. — 11 vecchio

• Vaudeville » di Labiche, ■ Il cappello

di paglia di Firenze » che ha divertito

una intera generazione era indubbia­

mente soggetto attraente per chi inten­

desse fare un film spigliato e comico

anche se di una comicità esteriore e

burattinesca.

Tanto è vero che esso ritorna per la

seconda volta sullo schermo dopo la

lontana prova dovuta alla regìa di Kené

Clair. Liebeneiner doveva però supe­

rare delle difficoltà: sostenere il confronto

con il suo predecessore più illustre ed

evitare i mali che portano, per poco che

si manchi di accortezza, alla sguaiatezza

ed alla sciatteria della farsa quando si ha

per le mani un soggetto troppo vivace e

movimentato.

Ma Liebeneiner ha senso cinemato­

grafico e gusto ed è uscito dalla prova

almeno con onore. Il tilm ha soprattutto

un buon inizio e, se il tono usato da

principio, non si dduisse sino a perdersi

più in là per tutto U film. Liebeneiner.

anziché vincere a metà la prova, l'avrebbe

vinta intieramente.

Heinz Ruhmann è un comico di grande

buona volontà ma di possibilità limitate

e che strappa molte nsate specialmente

per merito della stessa comicità delle

situazioni.

.

NOTTI DI DICEMBRE

. di K. Ba

nardt. — Film solido, costruito bene i

condotto con mano sicura da K. Bernard

che ha saputo evitare il pericolo, afirat

tando situazioni a tinte troppo forti, d

cadere nel genere del romanzo d'appetì

dice.

N ell’interpretazione primeggia — come

potrebbe essere diversamente? — Ihem

Blanchard che, con atteggiamenti d

gusto nettamente teatrale, recita dal­

l'alto di un piedestallo di eccessiva sica-

rezza che la figura eccezionale del per­

sonaggio giustifica solo in parte.

Fgli ha tuttavia momenti di notevole

efficacia. Molto a posto vicino a lui René»

Saint Cyr, attrice che siamo abituati

a vedere in parti più leggere e che

questo film dimostra doti sicure.

.

MANI LIBERATE

. di H. Schwei-

Icart. — La cosa migliore del film è i

soggetto. Tra il pullulare di opere chc

denunciano da lontano la loro origine

teatrale o che, con mano ancora guidata

da istinto e metodi del teatro sono trat­

tate. l'incontro — che particolarmente

a Venezia, lo scorso estate, è stato feli­

cemente accolto — di un soggetto come

quello di • Mani liberate ■ ricco di situa­

zioni psicologicamente interessanti e eoa

un sapore di novità, è stata cosa che d

ha procurato vera soddisfazione.

Mani liberate • poteva però riuscir

meglio, molto meglio se i momenti, pur*

troppo rari, di squisita interpretazione,

non fossero offuscati da altri, assai pià

numerosi, di gusto, di ingenua conce­

zione o di poco abile narrazione (l’in-

terminabile scena del concerto, per e-

M*mpio).

(Juesta discontinuità di effetti è da

addebitare al regista. H. Schweikart, che,

avendo la ventura di poter disporre di

un soggetto eccezionalmente buono, e la

fortuna di poterlo affidare all'interpreta-

zione di una attrice, come Brigitte

Homev. al massimo grado dotata dei

requisiti artistici e fisici necessari, non

ha saputo approfittarne che malamente.

Solo a tratti, come abbiamo accennato,

qualche spunto felice. Ricordiamo tra

questi l'ansia cupa ed inespressa di

Durthen quando con poveri mezzi tenta

di affidare al legno intagliato con le sue

mani, le impressioni di bellezza che essa

avidamente coglie nella natura che la

circooda e poi, più in là. la sua muta,

estatica ammirazione al cospetto delle

opere prodotte dall'artista che ha preso

a guidarla.

Olga Tschekowa è ingrassata in questi

ultimi tempi Questo cambiamento le è

riuscito fatale. Stentiamo a ntonoocrre

in lei. come ci è apparsa recentemente

in • La volpe insanguinata • ed in questo

film, l'artista efficacemente espressiva

di

un tempo

e ce

ne dispiace.

Tra i numeri positivi di •Mani libe­

rate •dobbiamo ancora registrare tir»—

farle.