

CINEMATOGRAFO
* CAFFÈ VIENNESE»
di Geza von
Bolvary. — Vienna fine secolo ha tutta
l’aria di essere inesauribile. Ogni anno
almeno un paio di tilm — il più delle
volte filmetti — , si propone di farci ri
vivere, attraverso serene, rosee storielle,
oscurate tu tt’al più ila qualche passion-
cella poco fortunata (ma per poco, che
tutto s'accomoda), un’ora di beato otti
mismo portandoci a passeggio con le sue
belle donne tra i verdi viali del Prater.
o facendoci sentire, tra i tavoli delle sue
birrerie, allegre canzoni ed il ritmo irre
sistibile dei suoi valzer.
Se questi film avessero valore di docu-
mento (ma, con piena onestà, non la
sciano supporre di avere questa pretesa)
ci sarebbe* proprio da rimpiangere di non
poter tornare indietro nel tempo «li
qualche decennio, per vivere un po' in
mezzo a quella gente dal volto sempre
sorridente, per conoscere, attraverso una
esperienza diretta, quelle belle donnine
dalla innocente civetteria e dal brio
inesauribile.
Anche • Caftè Viennese » appartiene a
questa famiglia di film. Ci sono anche
qui lievi e garbati intrighi amorosi tra
gente dai bei modi, con piccole innocenti
manìe e non mancano le allegre canzoni
(per la verità non bellissime e tradotte
nel peggiore dei modi...) al suono delle
quali gli intrighi amorosi si risolvono
lietamente e con soddisfazione di tutti,
ma c ’è qualche cosa di più che il regista,
Geza von Bolvary, ha saputo spolverare
sulla torta di caramellati e di canditi
che è il film e che il film stesso nobilita
dandogli una fisonomia più spiccata ed
un sapore meno comune. Alludiamo alla
abilità con la quale egli ha saputo creare
l’atmosfera che ci voleva e nella quale
ha narrato la storia semplice «Iella pia
cente vedovella e del suo cameriere,
senza stancare mai.
Sono interpreti dignitosi ed efficaci di
<•Caffè Viennese » Paul Hòrbiger, Hans
Maser. Marte Harell e Siegfris Breuer.
.
UN MATRIMONIO MOVIMEN
TATO
» di \V. Liebeneiner. — 11 vecchio
• Vaudeville » di Labiche, ■ Il cappello
di paglia di Firenze » che ha divertito
una intera generazione era indubbia
mente soggetto attraente per chi inten
desse fare un film spigliato e comico
anche se di una comicità esteriore e
burattinesca.
Tanto è vero che esso ritorna per la
seconda volta sullo schermo dopo la
lontana prova dovuta alla regìa di Kené
Clair. Liebeneiner doveva però supe
rare delle difficoltà: sostenere il confronto
con il suo predecessore più illustre ed
evitare i mali che portano, per poco che
si manchi di accortezza, alla sguaiatezza
ed alla sciatteria della farsa quando si ha
per le mani un soggetto troppo vivace e
movimentato.
Ma Liebeneiner ha senso cinemato
grafico e gusto ed è uscito dalla prova
almeno con onore. Il tilm ha soprattutto
un buon inizio e, se il tono usato da
principio, non si dduisse sino a perdersi
più in là per tutto U film. Liebeneiner.
anziché vincere a metà la prova, l'avrebbe
vinta intieramente.
Heinz Ruhmann è un comico di grande
buona volontà ma di possibilità limitate
e che strappa molte nsate specialmente
per merito della stessa comicità delle
situazioni.
.
NOTTI DI DICEMBRE
. di K. Ba
nardt. — Film solido, costruito bene i
condotto con mano sicura da K. Bernard
che ha saputo evitare il pericolo, afirat
tando situazioni a tinte troppo forti, d
cadere nel genere del romanzo d'appetì
dice.
N ell’interpretazione primeggia — come
potrebbe essere diversamente? — Ihem
Blanchard che, con atteggiamenti d
gusto nettamente teatrale, recita dal
l'alto di un piedestallo di eccessiva sica-
rezza che la figura eccezionale del per
sonaggio giustifica solo in parte.
Fgli ha tuttavia momenti di notevole
efficacia. Molto a posto vicino a lui René»
Saint Cyr, attrice che siamo abituati
a vedere in parti più leggere e che
questo film dimostra doti sicure.
.
MANI LIBERATE
. di H. Schwei-
Icart. — La cosa migliore del film è i
soggetto. Tra il pullulare di opere chc
denunciano da lontano la loro origine
teatrale o che, con mano ancora guidata
da istinto e metodi del teatro sono trat
tate. l'incontro — che particolarmente
a Venezia, lo scorso estate, è stato feli
cemente accolto — di un soggetto come
quello di • Mani liberate ■ ricco di situa
zioni psicologicamente interessanti e eoa
un sapore di novità, è stata cosa che d
ha procurato vera soddisfazione.
•
Mani liberate • poteva però riuscir
meglio, molto meglio se i momenti, pur*
troppo rari, di squisita interpretazione,
non fossero offuscati da altri, assai pià
numerosi, di gusto, di ingenua conce
zione o di poco abile narrazione (l’in-
terminabile scena del concerto, per e-
M*mpio).
(Juesta discontinuità di effetti è da
addebitare al regista. H. Schweikart, che,
avendo la ventura di poter disporre di
un soggetto eccezionalmente buono, e la
fortuna di poterlo affidare all'interpreta-
zione di una attrice, come Brigitte
Homev. al massimo grado dotata dei
requisiti artistici e fisici necessari, non
ha saputo approfittarne che malamente.
Solo a tratti, come abbiamo accennato,
qualche spunto felice. Ricordiamo tra
questi l'ansia cupa ed inespressa di
Durthen quando con poveri mezzi tenta
di affidare al legno intagliato con le sue
mani, le impressioni di bellezza che essa
avidamente coglie nella natura che la
circooda e poi, più in là. la sua muta,
estatica ammirazione al cospetto delle
opere prodotte dall'artista che ha preso
a guidarla.
Olga Tschekowa è ingrassata in questi
ultimi tempi Questo cambiamento le è
riuscito fatale. Stentiamo a ntonoocrre
in lei. come ci è apparsa recentemente
in • La volpe insanguinata • ed in questo
film, l'artista efficacemente espressiva
di
un tempo
e ce
ne dispiace.
Tra i numeri positivi di •Mani libe
rate •dobbiamo ancora registrare tir»—
farle.