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Se sul passato militare del Piemonte si può seri*

vere un poema alle cui strofe sarebbero di rommento

colpi di cannone o bersaglieresche fanfare, sul Pie­

monte militare odierno se ne potrebbe vergare un

altro che avrebbe ad ogni strofa il commento dell'in-

no fascista, il rombo degli aeroplani e il fragore delle

mitragliatrici che hanno operato in Africa, nella

Spagna rossa, sul fronte occidentale ed ora sui vari

campi, ove ferve la lotta contro la nemica Inghil­

terra.

L'ardore dei piemontesi per le giuste guerre non

è tramontato. I tre incisiv i, simbolo di fede di Mus­

solini : « Credere, obbedire, combattere » , hanno

sempre trovato nel passato e nel presente anime

pronte a tradurre le tre significative parole in fatti.

Quella vitalità. quell’ entusiasrao che animava gli

studenti Torinesi nei tempi del Risorgimento si ri­

pete ora in questa guerra ove sono in gioco la li­

bertà del mare, la rivendicazione di antichi diritti,

il nostro bisogno di spazio vitale e della libertà dei

traffici.

Allora il Parnaso rimbombava d'armi. Filicaia.

Petrarca, Leopardi, Manzoni, Alfieri. Prati esalta­

vano la patria nei loro canti infiammando i cuori,

e gli studenti declamavano al

Caffè della Rotonda

a

pieni polmoni quei versi incendiari.

Le canzoni patriottiche, dal « Ti narrerò bion­

dina » alla « Bela Gigógin » . venivano cantate nelle

adunate, nelle parate, in marcia e quando si festeg­

giava una vittoria colla grande illuminazione del

Palazzo Municipale fatta dal mago Ottino.

Le gesta leggendarie dei grandi condottieri non

interessavano più e apparivano di fronte all’ eroismo

di Garibaldi, di V ittorio Emanuele, di Lamarmora,

scialbe e pallide memorie. Mentre si sfogliavano

le dispense di letteratura, di giurisprudenza, di me­

dicina, le parole si infittivano, si velavano e gli stu­

denti non pensavano che alla guerra e le visioni eroi­

che delle memorabili vittoriose battaglie di Coito,

Peschiera. Pastrengo, Santa Lucia, illustrate dalle

gesta dei combattenti, balenavano ai loro occhi, gli

impedivano di occuparsi d'altro. Bastava un inno,

una canzone patriottica perchè un fremito scorresse

nelle aule, perchè un'ondata di amor patrio inva­

desse tutte le anime!

E

oggi

non è

la stessa cosa? Anche oggi gli

stu­

denti si arruolano volontari e lasciano il libro per il

moschetto, anche oggi le vie di Torino echeggiano

dei loro canti che. se pure sono diverti nella so­

stanza, sono por sempre saturi Ji amor patrio, soao

pur sempre fieri e marziali, dominati dall'idea di

combattere per la lUertà, di vincere nel tome del

Re Imperatore e del Duce. La virtù dei sacrifici, che

è virtù militare per eccellenza, illustrò l ’ esercito, la

popolazione, il Governo stesso in quel periodo leg­

gendario, eppure il Piemonte non ebbe un istante di

debolezza, il Piemonte sopportò tutto con fierezza

consapevole che le sconfitte avrebbero servito a

stringere legami più saldi, più caldi fra popolo e Re

e che i soldati avrebbero colle future vittorie annul­

lato il momentaneo disastro.

Il Piemonte in quei tempi rappresentava l'Italia

intera, impersonava nel suo Re la libertà e l'indi­

pendenza di tutti gli staterelli soggetti ai vari Duca

e Principi stranieri.

E

intorno al Re benemerita del­

la causa italiana era tutta l'aristocrazia piemontese,

come in questo momento intorno al Duce si stringe

tutta l'aristocrazia fascista, quell'aristocrazia fon­

data sulle virtù eroiche, sulle gesta compiute nella

grande guerra, sui meriti acquisiti nella rivoluzione

che è sempre in pieno svolgimento. Come in una

sala di Piazza. Castello, al Circolo Nobiliare, si po­

teva leggere allora scritti a lettere d 'oro i nomi dei

soci che avev ano preso parte alle campagne di Lom­

bardia, nelle nostre case Littorie, nelle aule delle

scuole, nei Sindacati nostri, sono scolpiti nel bron­

zo i nomi di coloro che nella campagna d 'A frica , in

quella di Spagna e nella Rivoluzione fascista si im­

molarono per l'onore della patria.

E

non s'è smen­

tita. nè nelle altre lotte promosse dal Fascismo, nè

nella guerra attuale la tradizione dei Fabi romani e

dei Balbo perchè anche ora vi sono dei padri che

pure avendo i figli sotto le armi chiedono di arruo­

larsi volontari come fecero un giorno Cesare Balbo

che ne aveva cinque, i d'Azeglio che sul campo del*

l’ onore erano in tre, come in tre erano i Lamar­

mora.

E se in quei tempi non c’ era casa in cui tutta la

famiglia non fosse intenta a tagliare in liste pezze

di tela per farne compresse e non v'era bambino

o vecchio che non si facesse il suo chilogramma di

filacce al giorno, ora npn c'è casa in cui non si con­

fezioni qualche indumento pei soldati al fronte, non

c'è scuola in cui le allieve comprese da un senti*

mento di fierezza e d’ orgoglio, non siano in gara

fra loro per fare il maggior numero di calze, sciar*

pe, farsettftni, possibile!

E cóme nel '49 veniva nei salotti e nei ritrovi

esaltata la carità di Maria Adelaide e di Maria Te*

resa e magnificata l'avvedutesaa di Ferdinando «ti

Savoia Duca di Genova comandante d'armata ia*

trepido e sicuro, ora si paria della Regina Impe­

ratrice che accorre al letto dei feriti e reca il eoa*

forto della saa parola ai maialati, si esalta la Pria*