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(1) Quanti anni, prof. Mùller-Breslau, occorrerebbero per

darci

un calcolo

sia pui approssimato di questa piccola strut­

tura?

(

2

) E cosi il comportamento statico dell'arco, con tanta

intuizione maneggiato nella storia dell’ingegnerìa, rimane se­

greto ermetico e inviolabile fin quasi alla fine del secolo scorso

e solo dopo l’apporto dei teoremi sul lavoro di deformazione

dei sistemi elastici di Casigliano e di Menabrea il problema

secolare può considerarsi risolto e l’arco calcolato fino all'osso.

(3) C fr. L e a n d r o C a s e l l i ,

La cupola della Basilica di

S. Gaudenzio

in

Novara,

T o rin o 18 77 .

(

4

) Per maggiori e più chiari dettagli e storia rimandiamo

alla scrupolosa e acuta analisi che ci dà di quest'opera l'Ing.

A ri

a l d o

D a v e r io

nel suo fervido libro:

La cupola di S. Gau­

denzio,

Centro di Studi Antonelliani,

1940

, Novara. Ringrazio

pertanto il collega Daverio per la collaborazione offertami co­

municandomi gli originali delle fotografie della cupola di

S. Gaudenzio già pubblicate nel suo volume.

(

5

) Non sappiamo se quanti ripetono queste parole di Anto­

nelli lo fanno per segreto senso di umorismo.

(6) M iliz ia ,

Prefazione all'ed. del

178 5

alle

Memorie degli

architetti

e

Dell’arte di vedere nelle B. A. del disegno secondo

i

principi di Sulzer e di Mengs,

17 8 1,

pure del

M iliz ia .

(7) C r e s c e n t in o C a s e l l i ,

Cenni sulla vita e sulle fabbriche

dell’Architetto Alessandro Antonelli,

Torino

1889

.

(8) A rm a n d o M e l i s ,

La lezione di Antonelli,

« Architet­

tura Italiana», Torino, febbraio

1 9 4 1

.

(

9

) Accortezza in tutti i sensi non solo se si pensa ai famosi

accorgimenti del costruttore, ma anche all'abilità con la quale

sapeva manovrare e ridurre quelle famose in ogni tempo, mor­

tali e cieche « Commissioni • a subire i suoi ardimenti e la sua

volontà. Se si pensa ai pretesti inoppugnabili addotti al fine

di * render necessario » l'aumentare in altezza le sue fabbriche.

Si può dire che le sue costruzioni salgano ad ogni «seduta*:

a casa era il modello della fabbrica definitiva e già altissima.

(

10

) Non riteniamo inutile tentare di chiarire la confusione

che ricorre sovente in crìtica architettonica anche dotata, e cioè

di ridurre il rapporto di

decorazione

e

costruzione

a quello di

forma

e

contenuto. Forma

è invece il mezzo attraverso il quale

avviene la comunicazione; epperòò con

forma

s'identifica la

costruzione

insieme

con la decorazione. Contenuto è invece l'as­

sunto pratico: ospitare, riparare, onorare, celebrare, ecc. (in­

trinseco), oppure il pretesto (estrinseco). Fermo rimanendo il

valore relativo di queste già peregrine distinzioni, e cioè di mere

astrazioni a fine strumentale. E ben d'accordo, infine, che non

s'inverta la precisa accezione dei vocaboli e non si generi maggior

confusione in quella già trista follia verbale a circolo vizioso

per cui

forma pura,

che a sintesi avvenuta è insieme contenuto,

ad altro non si riduce che a

forma astratta.

L ’architettura così

trattata diventa accademia di luce e ombra, pittura, gioco ci­

nese, calamaio, o comunque altra cosa che non se stessa, ossia:

la casa in sè.

E nell’intentare per l’ennesima volta il processo alla « pura

visibilità • sarebbe didattico il rilevare come le sue colpe e i suoi

meriti (che nessuno disconosce) siano del tutto paralleli a quelli

della « pura oggettività » assurdo e pur fecondo canone della

nuova architettura.

(

1 1

) E quanto ancora per affermare questa metrica libera e

ritenerla attuale, degna e necessaria a esprimere i nostri e attuali

ritmi interiori.

(

1 2

) In sede attuale, l’affermazione

solo temporanea,

in certa

concreta

architettura, di identità fra ornamento e costruzione è

solo la premessa alla definitiva soluzione di un vecchio tra­

vaglio, al fine di una libertà e coraggio di espressione che per

ora non si può dire in atto se non in retorica, almeno per troppa

architettura ufficiale; sforzo e insincerità sono alle radici di

questa morta oratoria, di questa magniloquenza del tartufo.

Altra voce ha il nuovo tempo.

L’accennart

te realtà corrisponde bensì allo sfondare

delle porte aperte, dietro alle quali, però, c’è un muro per il

quale non valgon trombe: la mancanza di fantasia. In altre

parole: carenza di mondo interiore, non saper che cosa fare, non

aver nulla da dire, « tirare a campare *.

(

1 3

) Però l'affermazione che addirittura «... le opere archi-

tettoniche debbono giudicarsi in relazione all'uso a cui sono

destinate » (tali sono le parole con le quali l'ing. G. Chevalley

sbriga criticamente la voce « Antonelli • nella Treccani) d

appare dettata da una metodologia a sfondo piuttosto indu­

striale che estetico, in quanto con tal metro semplicista rimar­

rebbero escluse dalla sua valutazione opere architettoniche non

trascurabili come p. es. le Terme, la gigantesca cattedrale di

una cittadina come Beauvais, il Battistero di Pisa e molte

altre, salvo restando solo qualche capannone o tettoia. Anche

volendo intendere la parola « uso * nel senso più lato, d sembra

che subordinare la valutazione qualitativa di un'opera d ’arte

solo alla verifica del preciso adempimento delle esigenze di

un qualunque committente, sia criterio non

solo

ristretto e

professionale, ma che nulla abbia in comune con l’architettura.

S P O R T

In questi giorni si disputa il campionato italiano

ciclistico su strada per dilettanti, col quale si con­

cluderà U prima parte della stagione. Qualunque

possa essere il risultato della prova per il titolo e

la maglia tricolore, che avrà luogo a Bologna, non

muterà il giudiaio che dà come i migliori i corri­

dori piemontesi e, in linea assoluta, un torinese:

Antonio Covolo.

Era da tempo che questa supremaaia, orgoglio e

vanto degli sportivi locali, non apparteneva più alla

nostra sona, nonostante qualche bella affemmaieae

dei corridori piemontesi in gara nasiouaii, come ad

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di Ruggero Moro e le vinarie nella Cappa del Re

Imperatore del c Diavolo Rosso » Torchio e del to­

rinese Gios. Ma il risveglio dei professionisti (le

vittorie di Yaletti nei Giri d'Italia e della Svissera

e quelle di Coppi nella massima corsa aasionale a

tappe e nel campionato ad inseguimento, nonché

le sue vittorie nel Giro della Toscana e del Veneto

di quest'anno), deve aver influito notevolmente

sullo spirito e sulla volontà dea c puri » che hi breve

volger di tempo hanno ricalcato le arme dai piè

anaiani camerati, dimostrando eoa quello che pace

un rontroscnsa, ma che inveee è mera verità, eàaè

che il campione, di riflesso, la la

esca forse che la mossa crei il

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