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quanto l’abito non è certo il più adatto a tal ge­

nere di acrobatiche speculazioni; ma il suo atteg­

giamento è così assoluto che quasi si ammette

legittima tale sua personalissima situazione.

Magicità.

E qui potremmo prendere le mosse per inferire

che in quei limiti generali di cui abbiam voluto

anche ricercare le cause, è implicita una certa

concretezza dei frammenti.

La Mole è viva a zone interferenti. Le costru­

zioni volumetriche di A. procedono per successive

architetture pur concluse in sè ma non coesistenti

o quasi e, per cominciare, le proporzioni massime

del parallelepipedo base, cupola e guglia non le­

gano, né in volume, né in altezza, assenti o « ar­

rangiati » i «giunti ».

Il

cubo base rimane inconcluso nell’indeciso

cercare della luce nel disordine delle lesene e dei

frontoni; vociare confuso in caotica esercitazione di

tiralinee, senza linee di forza, ma che improvviso

trova ordine e ritmo preparatorio nell’ultima loggia

perimetrale, impeccabile a stabilire in primo con­

trasto di scala umana, le proporzioni gigantesche

delle pareti soprastanti della cupola. Gli elementi

a fuso della gran volta si slanciano in curva ner­

vosa e inesorabile a sorreggere il tempio sovrap­

posto in chiave. Le superaci grigie delle lastre

di copertura formano un reticolato con le nerva­

ture di fissaggio verticali, linee di forza ascendenti

segnate dalla successione insistente delle stelle di

collegamento alle intersezioni; la superfìcie grigia,

fermamente riflessata delle lastre di beola, così

misurata, si esalta e infinitizza affermando quel-

l’ascendere in velocità e grandiosa sicurezza delle

gigantesche pareti curve; e ancora l’ascendere è

riaffermato dalla linea netta e saliente degli spi­

goli intersezione dei quattro unici volti. Ascesa

infine misurata dai piccoli e perciò lontanissimi

successivi ordini orizzontali degli occhi circolari.

La lanterna, non più lanterna, ma tempio perip-

tero a due ordini sovrapposti ben conchiudc alto

e lontano, lo slancio degli enormi fusi portanti;

poggia in chiave leggero crai l’accento vivo delle

colonne bianchissime, misterioso quadrifronte, pre­

sente e assente di continuo, in quanto ogni suo

lato è fruitone dei rimanenti tre, riaffermati sempre

con il ridirsi estatico delle logge a doppio ordine

nel bianco inciso delle colonne. E il fluire delle

ripide curve ascendenti dei fusi immensi si tronca

improvviso e sapiente nel silenzio geometrico di

quel tempio come nell'imminenza di un evento: la

guglia. Il medesimo fatto, plastico, ma più dram­

matico della cupola segreta di S. Gaudenzio.

Ma con soluzione

di

continuità tra pianta quadra

e circolare, e dopo una preliminare e inutile pausa

in

discussione accademica e come tale inconclu­

dente, sulla

odia

trasparente del tempio «e oe so­

vrappone un secondo cilindrico a iniziare final­

mente l’ascendere deJl’ahisstma guglia: faticosa e

nella sua i«At»nnw>at»w lineare e cro­

matica al principio,

ma

die

dopo 2

quatto poggio