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id accortamente guidati gli interpreti,

che, anche tisicamente, rappresentano

Une il personaggio loro affidato (come

non apprezzare — il fatto sembra nor­

male ma. per passate esperienze, non è —

queste collegiali con aspetto da colle­

giali e non da ballerine, per non dir

.litri), nascoste negli abiti di allieve di

un collegio femminile?) e tra gli inter­

preti citare, per le speranze che ci ha

fatto riporre nel suo avvenire di attrice,

l'esordiente Carla del Poggio.

Una inebriante notte di ballo,

di («. 1-roe-

lich.

Un altro film musicale. In questa

ultima fatica di Froelich è la volta,

discretamente fortunata, di Tchaikovsky

interpretato da H. Stùwe, come di pram­

matica. con febbricitanti occhi da genio

russo, ma anche con una certa dignità.

II celebre musicista vive il suo destino

di artista, nonostante le disavventure

degli inizi, trionfante e conduce la sua

vita sentimentale, a dispetto dei suoi

innegabili successi amorosi, infelice anche

se lo protegge e lo conforta l’amore della

tenerissima Katia.

La figura gentile di Katia è inter­

pretata da Zarah Leander, sempre affa­

scinante e generosa di atteggiamenti

commossi ed ispirati. La sorte le è stata

eccessivamente matrigna nel doppiato

italiano assegnandole una voce chioccia

e sgradevole almeno quanto è calda,

carezzevole e vibrante la sua voce vera,

quella che fortunatamente le è rimasta

nei brani cantati.

camp.

T E A

SI VA POCO A TEATRO...

Molti, troppi posti vuoti in platea

come in galleria. Melanconico, frequente

bilancio. Perchè?

Sono l’oscuramento, oppure l’orario

anticipato degli spettacoli teatrali, op­

pure ancora i prezzi troppo alti i respon­

sabili della rarefazione del pubblico?

Evidentemente queste ragioni, in misura

diversa, c entrano in qualche modo. Ma

è troppo semplice accollare ad esse tutta

la responsabilità, così come è troppo

sbrigativo attribuire al mutato gusto del

pubblico l’indifferenza che esso in gene­

rale dimostra per il teatro.

Giustamente quindi constata « Pri­

mato > (nel suo primo numero di questo

anno), dopo di avere riconosciuto nel

pubblico tedesco una più viva parteci­

pazione alla vita teatrale, che * anche

da noi per certe compagnie e per certi

lavori, i biglietti bisogna lottare per

procurarseli. 11 male è che ciò accade

appunto per pochissimi casi >e conclude

affermando che occorre ■non fare di

una questione di qualità e di classe una

questione di indifferenza e di disinte­

resse da parte di chi dovrebbe andare

a teatro ».

L ’osservazione inquadra il problema,

che pur non presentandosi di facile solu­

zione, è solubile. Appunto per questo

merita di essere esaminato.

Non abbiamo la pretesa di affrontare

T R 0

questo compito che non può certo essere

esaurito in poche righe, ma ci accon­

tentiamo di esporre, in relazione ad esso,

una semplice considerazione forse troppo

poco tenuta in debito conto.

Il cinematografo, assetato di soggetti,

abltandonando Li strada maestra che,

]>er naturale destinazione, avreblx; do­

vuto esclusivamente percorrere, ha fatto,

come tutti sanno, irruzione nel teatro

servendosi senza misura del patrimonio

di questo, per parare con poca fatica

e con una certa tranquillità di risultati,

la sua crisi inventiva.

Dal punto di vista del cinematografo

che ciò sia avvenuto ed avvenga è paci-

6™ <-he sia un male. Il teatro filmato fa

liilUlll il pugni, proprio per le caratte­

ristiche della sua origine, con quei requi­

siti che sono, o dovrebbero essere, mezzo

esclusivo e distintivo della espressione

cinematografica. È anche facile consta­

tare però che dal fatto è derivata una

conseguenza che questa volta interessa

il teatro: il pubblico si è abituato ad

assistere alla rappresentazione di molte

commedie al cinematografo e, perdipiù,

le ha viste recitate da quegli stessi

attori che le avrebbero rappresentate

sulla scena. Se le commedie che sono

state portate sullo schermo avevano un

valore letterario, può darsi che questo,

nella riduzione, sia stato perso per istrada

e che quanto viene proiettato non con­

tenga più che l'aspetto visivo della vi­

cenda sia pure arricchito dalle maggiori

possibilità di azione che. nei confronti

del teatro, possiede il cinematografo.

Siamo d’accordo. Ma tant e, il teatro

ha perso così una parte del suo pubblico,

quella parte, numericamente prevalente,

che si è accontentata di quanto il cine­

matografo le ha saputo dare e non pos­

siede più l’esclusiva possibilità di fare

accorrere il pubblico per gustare la reci­

tazione dei suo» interpreti. Se quest’ul-

tima conseguenza, che non è grave, non

consente rimedi, il pubblico che ha di­

sertato il teatro, perchè maggiormente

attratto dalla produzione teatrale-fil-

mata. può forse essere riconquistato. Per

riuscirvi occorre però che il repertorio

offertogli abbia requisiti così esclusiva­

mente

teatrali,

possegga cioè espresse in

così alta forma e misura le sue caratte­

ristiche precipue, da non poter immagi­

nare altro mezzo per la sua rappresen­

tazione che quello offerto dal palco-

scenico.

£ auspicabile che questo avvenga,

non per uno sterile antagonismo con

l’arte cinematografica, ma per consen­

tire al teatro di naflennare, eoo un

ritrovamento di sè stesso, del sao modo

più tipico e migliare di essere. In san

vera e certamente non enanrit n

imt-