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« No, o Signore — ella mormora — no, o Si*

gnore io non vi abbandonerò mai ».

Ogni ansia, ogni trepidazione fuggono da lei,

ella sente rhe qualunque cosa le serbi l'avvenire,

il suo cuore dimorerà in perpetuo ai piedi della

Croce, la sua anima appartiene in eterno al regno

di Dio, all'umanità colpevole e sofferente!

Ella si addormenta così placidamente, con le

mani sul cuore per destarsi soltanto quando il sole

è già alto, ad attendere senza impazienza serena*

mente il suo nuovo destino.

Qualche giorno dopo il medico chiamato da Don

Ciarlo si reca presso Matilde: è un bel giovane dal

volto serio e dallo sguardo pensoso. Matilde appe­

na vedutolo pensa al suo povero babbo quale il ri­

tratto a lei caro lo raffigura : gli «te«si occhi severi,

ma che si intuiscono capaci di riempirsi di dolcez­

za; la stessa espressione un po' sdegnosa delle sue

labbra che sta forse a nascondere una sensibilità

che teme di rivelarsi.

Sino*** dalle prime domande intorno alla gene­

si dell'infermità, alle cure invano tentate da Ma-

tilde. egli comprende che si è illuso vanamente e

che nulla si potrà forse tentare per lei. La cura sul­

la quale egli fondava le sue più vive speranze, è

stata già tentata invano. Tuttavia per quella prima

volta egli crede opportuno di nascondere la sua de­

lusione: forse egli spera ancora, forse la pietà per

lo zio che manifesta la sua speranza con semplicità

commovente, per quella giovane dietro la cui ap­

parente serenità egli ignora ancora che cosa si cela,

lo inducono a differire il suo parere definitivo. Egli

promette di ritornare, e ritorna infatti, ma soltan­

to per confermarsi nella sua prima persuasione.

Matilde cui nulla sfugge, si è avveduta pronta­

mente della delusione del giovane, ma continua a

rispondere con un sorriso lievemente incredulo alle

sue domande. Del resto quelle visite costituiscono

una piacevole distrazione nella vita solitaria di Ma-

tilde; egli parla con parola sobria ed espressiva di

tante cose che la interessano; della città, dei cono­

scenti di un tempo. Inoltre il desiderio sincero, vi­

vace che ella ha sentito in lui di operare la sua gua­

rigione ha commosso il suo cuore sensibile e grato.

Un giorno, dopo qualche altra visita, quando il

contegno sempre più esitante del medico le dice die

egli non spera più nulla. Matilde lo previene c in­

vece di rispondere ad una sua domanda, gli dice

con un sorriso:

« Dottore, perchè non dirmi la verità? Crede

lei che io non sappia che la mia sorte non ha ri­

paro? ».

Il

giovane prote«ta dolcemente e Matilde pro­

segue:

c Le saremo sempre riconoscenti per quanto dia

voleva fare per me, e se lo gradisce venga a trovarci

che ci farà piacere, non

è

vero, sio? ».

(•> A a rto q a n t e I m i

tmm

a • l a r a w M M H r t o m e ... ■ «p-

Don Carlo è in ascolto e si sente dapprima

strin­

gere il cuore, ma poi con l'usata cordialità si uni­

sce a Matilde nel pregare il giovane di tornare a

visitarla. Il dottore accetta con piacere e ben pre­

sto quell'ambiente sereno e raccolto, tanto dissi­

mile da quelli che è uso a frequentare, gli diviene

caro. Che cosa trova egli di attraente in quella casa

solitaria? Forse la pace, la bontà di cui il suo spi­

rito inconsciamente ha sete?

Dopo quei primi giorni di primavera precoce, è

tornato il freddo. Spesso alla sera, presso il cami­

netto acceso. Don Carlo e il dottore parlano, leg­

gono. fanno qualche innocente partita alle carte

mentre Matilde lavora in silenzio. Una dolce sere­

na intimità si stabilisce così fra quei tre esseri così

diversi per indole e per destino.

Il

giovane è attrat­

to dapprima verso Matilde dai pregi più semplici

ed evidenti che I* ’ nano, quella serenità sincera

e costante, quella facoltà di interessarsi vivamente,

pur essendo così separata dal mondo, a tutte le

cose: facoltà che colpisce il suo spirito un poco

scettico.

( Ella sente...

Come in un prato...

ma dal quale non fioriranno mai più i vivaci e ...

fiori dell'aprile).

Ma egli non tarda ad avvedersi che una vita ar­

dente si cela dietro quelle semplici apparenze.

Spesso, mentre egli discute di religione con Don

Carlo, che nella speranza di fare un proselita, r i­

batte c incalza con calore, Matilde tace, soltanto

di quando in quando una sua breve parola gli r i­

vela tanta serenità di pensiero, tanta interiore pro­

fondità. che egli si volge stupito.

Vissuto sempre al di fuori di ogni vita spirituale,

egli non può comprenderla a pieno, ma la sente

vivere e palpitare in un mondo superiore, in re ­

gioni ignote, così come si vedono talora palpitare

le stelle più prossime, di un palpito misterioso.

E

quel suo tacito splendore lo avvince a poco a poco.

Per la prima volta, egli si trova di fronte ad una

fede viva ed operante.

Egli vede in Matilde un senso così profondo del­

la giustizia, che i suoi rapporti con i propri rimili

si

illuminano ai suoi occhi, e ciò che gli era sem­

brato sempre indulgenza diviene per lui ora equi­

tà. Egli sente che per Matilde, fare il bene non è

già. come per tanti, il mezzo pur nobile, di aggiun­

gere qualche cosa a se stessi, alla propria felicità,

ma che, anche dopo il suo soccorso, anche dopo la

sua parola, il dolore e il male le sono ognora pre­

senti e destano in lei nuova pietà, nuovo ardore.

Tutti

i

pregiudizi che egli ha accettato senza nep-

pur discutere, si dissipano in lui lentamente : quel­

le virtù die egli ha considerato sempre come pas­

sive: l'umiltà, la dolcezza, la rassegnazione, gli ri

rivdano ora come le «ole veramente attive, carne le

custodi della pace, della gioia, rame quelle che han­

no abbellito e nobilitato tante vite templari e na-