

I mesi<4>che seguono il suo ritorno a casa sono
per Matilde i più crudeli: tutto le parla del suo
passato giocondo, della sua distrutta felicità : la ca
meretta luminosa piena ancora dei suoi sogni di fan
ciulla, la sala da pranzo ove soleva accogliere le sue
amiche in gioconda conversazione, l'orto, ove po
teva correre liberamente sino al confine dei prati,
la chiesa ove, quando ella entrava svelta ed elegan
te nelle sue chiare vesti, gli sguardi dei semplici la
seguivano con ingenua ammirazione.
Ad ogni ricordo, ad ogni incontro con la sua pas
sata felicità, crisi violente di angoscia, di dispera
zione l'assalgono.
Perchè?... Perchè? Che cosa ho fatto per meri
tare la mia sorte, geme allora perdutamente. E nel
la sua breve vita ella non trova che innocente leti
zia, non trova che ingenua confidenza, una commo
vente fiducia ncU'avvenire, una fede candida nella
bontà del mondo e degli uomini, il cui ricordo le
strappa impeti di ribellione.
Ma il tormento insostenibile per la sua anima r i
velatasi improvvisamente orgogliosa e chiusa, è co
stituito dalle visite delle sue antiche compagne : non
potendo sottrarsi all'obbligo di riceverle, Matilde
con il suo atteggiamento freddo e riservato, col suo
fermo sorriso arresta sul loro labbro qualsiasi ac
cenno alla sua sventura, qualsiasi parola di sim
patia o di pietà.
La loro attitudine impacciata la inasprisce, le
loro parole le appaiono vane, puerili, stolte, ed ella
si domanda come ha potuto provare tanto piacere
nella loro compagnia.
Così, respinte tacitamente, le amiche piano pia
no l'abbandonano: ella passa le giornate muta, ino
perosa, in uno smarrimento profondo, in un ran
core sordo verso se stessa, inaccessibile alla dolcez
za dell'autunno che riveste il cielo e le cose tutte
di tinte molli ed ineffabili: insensibile all'affetto di
cui la circondano i suoi cari; anzi la vista stessa
dello zio e di Lena le riesce insopportabile.
Talvolta ella tenta di scuotersi, di riafferrare
qualcuno di quei fili che l'attaccavano un tempo
così tenacemente alla vita, di riprendere qualche
antica occupazione, i suoi lavori interrotti, i suoi
libri lasciati in oblio. Ma ahimè, le cose amate un
I I I
D’ora innaiui
non
vi »ono più lacane. brani cancellati, ac
cenni importanti o aggiunte, «alvo qualche piccola correzione for
male.
Da qnalenna delle aggiunte marginali o in calce alla pagina, da
me inserite fra parentesi, e da qaalebe segno a lapis posto a fianco
• sottolineato, appare rhe sa qualche paato Maria Barbara voleva
Il to te dattilografato però
è
d'ora in poi pieno aeppo di errori
•non corretti* e in vari punti ho dovuto correggere e integrare.
Non «fuggirà a chi legge con amore e intelligenza, come a»che
la forma ai elevi di mollo, e riveli n a maggiore maturità artistica.
Forse tana questa sfronda parte e «lata fatta e rifatta a grande
d istan a di tempo, forte qualche anno, dalla prima. La lettura di
C a l i e preghière a «ai cono pwawm le date di eompotwri—e
delle singole liriche, e quella dei peaiieri intimi di Maria Barbara,
•crini I m f i il rara* di ambi am i, e che «araaao pubblicati aa-
fb 'e » i, potranno dar lare «a qaerta cirroitaara.
La lirira
W rm rrtùtm t
t i f i t i è quella rhe ha aaa piè « r etta
m
mmAoà
|te |m
T W i
« M i
|I U H I V
tempo, più non la conoscono ed ella più non le co
nosce; un senso di vuoto, di nausea la respinge: a
che prò? Che cosa può ormai giovarle, che cosa può
mai interessarla al mondo? Tutto muore in lei e in
torno a lei. A volte come il naufrago che dopo di
aver lottato per lunghe tire contro le onde, si sente
inghiottire dall'abisso inesorabile, così Matilde sen
te spegnersi in lei la facoltà stessa di ribellarsi alla
propria sventura, di richiamarsi al passato, e vede
l'avvenire aprirlesi dinanzi come un baratro di de*
solazione infinita.
Per orgoglio ella tenta di nascondere ai suoi la
acerbità della sua angoscia, ma l'occhio amoroso e
vigile dello zio la segue dolorosamente; egli che ha
assistito e confortato tanti dolori, tante agonie, as
siste all'angoscia della nipote senza poter nulla per
lei; le parole usate di rassegnazione e di conforto
muoiono sul suo labbro, ed egli sente che il dolore
nell'anima fiera e ardente di Matilde è come un tor
rente che nasce troppo impetuoso e ricco per poter
seguire una via che già trovi tracciata dinanzi a sè,
e che scorrerà disordinato e travolgente fino a che,
per la forza stessa delle sue acque, si scaverà un
letto profondo che lo guiderà all'oceano
(alla pace).
SPIRITUS UBI VULT SPIRAT
Viene l'inverno: la stagione del silenzio della
vita operosa e raccolta; le stanze della vecchia casa
divengono ancr.r più fredde e deserte, nell'orto le
gallinelle bezzicano qua e là fra gli sterpi e fra le
aiuole squallide, la chiesa si fa umida e scura. Men
tre Don Carlo attende alle numerose cure del suo
ministero, mentre Lena è occupata nell'orto, nella
cucina, nelle stanze, Matilde resta sola per lunghe
ore nella solitudine; nel silenzio la sua chiusa e
cupa angoscia lungi dall'inasprirsi si trasforma len
tamente in un dolore stanco e trasognato. Seduta
nella sua stanzetta, presso i chiusi vetri, ella segue
con lo sguardo doloroso la pioggia e la neve che ca
dono a lungo silenziosamente. Il ricordo della sua
sventura si assopisce a poco a poco nel suo spirito;
le pare di aver portato sempre il suo dolore e di
averlo vissuto in epoche remote, sepolte; i ricordi
del passato si fanno in lei sempre più pallidi e lon
tani. spogli quasi di amarezza; il mondo intero le
pare una landa deserta ed uguale, come se quella
nebbia e quella neve vi si stendano airinfinito. La
morte le si presenta come una cosa prossima, come
un rifugio, un asilo che nessuno potrà strapparle
mai,
mai
più!
Ma
talora nel pomeriggio brevissimo
il grigio velario delle nubi si dilata, la pianura riap
pare verdeggiante sotto il cielo invernale, il sole
spunta rosso ed inerte come sospeso sull'orizzonte,
la
piazzetta
si
anima fugacemente di
passi e
di
gri
da, lacrime dolcissime di
pioggia
splendono fra i
rami spogli degli alberi. Allora
per
la prima volta
una
dolcezza
ignota, una
tenerezza
ineffabilmente
dolorata, un desiderio accoralo di pòee e £ oblio