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“ S& « T I I D 1 , ,

A voi giaconette

\o n ho voluto chiamarlo romanzo...

£ ’

la storia lieve di un'anima

come quella di tante fra voi — a differenza di tante fra

voi.

!Son è un romanzo, ma se un fiore, un ramo sono pur

belli...

così sarà di questo mio piccolo libro...

Storia: non letteralmente fedele forse

.

ma nemmeno

tutta...

Di Matilde, M i e sue semplici comuni vicende ho sen­

tito parlare damerò...

Il fatto che vicenile tanto...

I

m

provincia

tanto diversa per ambiente, per carattere, per circo­

stanze della vita.

Affinità...

me ne hanmt fatto cercare con amore...

,l>.

Sul pendio occidentale di un fertile colle, si in­

nalzano le modeste case, le antiche chiese, le torri

di una vecchia e nobile cittadina. Il verde degli

ulivi, degli orti, dei vigneti, la circonda da ogni

parte, discende in gradazioni infinite alla pianura

sottostante e si stende poi, sempre più tenue, sem­

pre più indeciso, sino airorizzonte, dove, nei chia­

ri mattini invernali e nei pomeriggi sereni, una

linea splendente suggerisce e rivela il mare, che

pure è assai lontano.

Ad una estremità della cittadina, quasi al limite

dei campi, sorge, in una piazzetta solitaria, una

delle più antiche fra le tante chiese di...

Accanto una vecchia casa con le numerose fine-

struole allineate... somiglia piuttosto ad un con­

vento, e tale, forse, fu in antico: ora invece essa

ospita soltanto il parroco Don Carlo e la sua dome­

stica Lena...

In un caldo pomeriggio di giugno, mentre il 6ole

implacabile fiammeggiava sui ciottoli, le case si­

lenziose e chiuse sembrano deserte, e la bronzea

fontana sorride fresca fra l'argentea pioggia del

getto, il portone della vecchia casa parrocchiale si

apre ad accogliere una leggiadra giovinetta: è Ma-

tilde, la nipote di Don Carlo, di ritorno dal col­

legio ove ha compiuto la sua educazione...

Matilde ha diciotto anni: la sua personcina si

rivela fine ed inconsciamente elegante nelle sem­

plici vesti di educanda; il volto bianco incorniciato

da neri capelli, ha una bellezza tenue, quasi velata

ancora di grazia infantile... ombreggiano i grandi

occhi... grigio dolcissimo... leggermente azzurro...

Mentre Lena si affaccenda a trarre dalla vettura

le valigie e le scatole accatastate. Don Carlo con­

duce la nipote nella stanza terrena da pranzo, la

fa sedere presso di «è ed ascolta sorrìdendo il rac­

conto degli ultimi episodi della vita di collegio, gli

addii alle suore e alle compagne, ed il breve viag-

gio.

Il

severo corridoio rallegrato soltanto dal verde

dell'orto che si inquadra nella porticina di fronte

alPingresso, la camera da pranzo terrena con le

basse finestre che si aprono sulla piazzetta, mobili

di forma disusata, le ingenue stampe di soggetto

sacro, paiono stupirsi di quell'apparizione incon­

sueta e avvedersi per la prima volta della loro ve­

tustà e rozzezza.

Anche lo zio ha accolto Matilde con...

e Lena...

Ma il sorriso di Matilde è radioso, il suo

sguardi»...

e ben presto le vecchie cose, e le semplici anime

si rassicurano! La fanciulla, che con tanta vivacità

ingenua racconta a1' io gli ultimi episodi della

vita di collegio, gli addi alle compagne, non è ve­

nuta... (1>.

— Eccoti ora per sempre con il tuo vecchio zio

— l'interrompe poi celiando. In realtà egli è gio­

vane ancora e vigoroso con un volto gioviale che

ispira confidenza e letizia. Matilde protesta viva­

cemente e si dà ad esporre i progetti fatti per la

felicità sua e dello zio, mentre Lena che si è affret­

tata a raggiungerli, ascolta un poco in disparte ri­

spettosamente.

Così dopo aver parlato a lungo di tutte le pic­

cole cose che formano ora tutto il mondo di Ma-

tilde, si alzano:

— Ed ecco il tuo regno, Matilde — le dice lo zio

mentre varcano la soglia della stanza da pranzo

per tornare al lungo corridoio d'ingresso. Nella sua

voce è un lieve accento di commossa umiltà, quasi

egli volesse scusare presso la nipote giovane e fine,

la sua vecchia e rustica abitazione. Ma la giova-

netta ama già la casa ove ha trascorse per più anni

le sue vacanze e che diverrà d'ora innanzi la sua

stabile dimora.

Quante volte al collegio ella ha sognato quel

corridoio in cui, nell'estate, dall'usciolo in fondo

entra il verde dell'orto; quante volte ha sognato

quelle tranquille stanze pervase da un profumo

indistinto fatto di tutte le cose agresti e semplici

che circondano la vecchia casa, fatto anche un poco

dall'odore dell'incenso e dei fiorì che svanisce len­

tamente dalla vicina chiesa. Nel passare ella getta

un rapido sguardo nella porticina dell'orto, come a

promettere al frutteto, al pollaio ed al giardino una

prossima visita; poi per le larghe scale, un poco

scure, ella sale, seguita da Lesa, nella sua cameretta

già amorevolmente disposta a riceverla.

Oh, la sua cameretta! Le pareti ed il sofitto

chiarì, semplicemente intonacati, inquadrati da

il»