

col verbo squillante, ina entrando giorno per
giorno con più sensibile orma nella casa di
Maria Barbara. <• Quanto ho camminato, o
Signore, e quante volte mi sono sentita stanca!
Eppure ecco che ogni volta mi rialzo fresca
e lieve come se mai il mio piede avesse toccato
il suolo; ecco che mi trovo su di una nuova
via talora larga, talora angusta, talora piana,
tal altra diruta, ma clic ognora e sempre con
duce a \ oi. o Signore! ». Non smarrirla dunque
questa strada, pur attraverso le molte t r a
versie. Il dolore accompagnò sempre la po
vera Maria Barbara. Crisi insopportabili di
soffocamento, provocatele dall’asma, esauri
menti nervosi continui, e. in fine, il mal sot
tile: il calvario assegnatole doveva essere per
corso sino in fondo. E si accompagnò, alle
sofferenze finche, un tragico seguito di penose
vicende familiari, dalla morte del padre ado
rato in poi, che ridussero quegli esseri alla
povertà. Ma come ella seppe sopportare anche
quella! Sì che non senza una dolce, accorata
commozione, si legge l'episodio ultimo, di lei
che, ricoverata al sanatorio Umberto I in
Roma, fra i poveri, vide sulle lenzuola del
suo lettino — secondo racconta il fratello
Quinto — « la sigla S. S. (Ospedale del Santis
simo Salvatore a San Giovanni) e ne domandò
il significato. Saputolo, espresse la sua gioia,
ricordando che era proprio lì che San Fran
cesco aveva trovato ospizio quando venne a
Roma. A qualcuno di noi che si doleva perchè,
almeno per il momento, non si fosse potuto
provvederle un ricovero meno povero, essa
diceva sorridendo: ** ma io non sono povera?
Va benìssimo c o s ì,,. E additando qualche
albero che solo si vedeva dalla finestra, si
diceva lieta di quella apparente ricchezza di
verde, del canto degli uccelli, del volo delle
rondini... .
Ancora nel 1931, a meno di tre anni dalla
morte, ritorna in occasione della scomparsa
del padre carissimo quella paura del silenzio
divino, il «silenzio assoluto . Nell'ultima parte
del libro, che comprende un magro episto
lario. »«Hu*o di affettuosità, di modestia, di
bontà di cuore, si legge, in una lettera alla
cugina, questa confessione:
« Mai. mai questo mistero che grava sulla
nostra essenza. »ulla nostra vita futura mi è
sembrato più pedante, e più arduo il dovere
della ra—degnazione ad esso. Dio mi perdonerà.
Mai mi è sembrato più profondo, più doloroso
il silenzio di questo cielo che ospita ora Colui
che mi era caro al mondo sopra ogni altro,
anzi senza confronti sopra ogni altro! ».
Altra volta aveva anno tato , parlando a
Dio: « Se tu sapessi che piango, che piango
tan to , mi conforterei... ma se non lo sai. se
non lo sai! ».
Nella prefazione di Don Giuseppe De Luca
è affrontato il problema della vocazione reli
giosa di Maria Barbara. « Si lascia tu tto —
egli scrive — ma a distacco avvenuto, il cuore
mormora, impaurito: E se non arrivassi? Se
non fosse vero? Il sentimento di Dio abban
dona l'anima che. vuota sostanzialmente del
r o t o e vuota apparentemente di Dio. si sente
sola, nel nulla. Gesù stesso se ne lamentava
sulla croce ».
Da q u o t a torm en ta ta esistenza sono nate
alcune poche liriche, che non esiteremo a dire
anacronistiche, se di anacronismo si può pa r
lare in poesia. Ma si può. e se ne è avveduto
anche il prefatore, Don Giuseppe De Luca, il
quale, nelle limpide pagine della nota dedi
cata a « Maria Barbara anima cristiana » ha
accennato a questa mancanza pressoché asso
luta di appiglio al suo tempo, diciam così,
propria della poesia della Tosatti. Ella ignorò
le tendenze moderne della poesia, sì spesso
esasperate dallo sforzo della novità. Del resto
ella, ed ebbe a ripeterlo spesso poi, scriveva
per sé, senza pensare neppur lontanamente ad
un pubblico, ad una critica militante. E fu
restìa sino all'ultimo a lasciar stampare le sue
liriche. Che recano pertan to essenzialmente
improntate ad un ca ra tte re effusivo, con le
conseguenze, in sede di critica, che non è dif
ficile trarne.
Le sue sono canzoni, grosso modo, definibili
leopardiane, come altri ha \ o \ . t o . Il linguaggio
è spesso gravato d 'una sorta di archeologia, il
fraseggiare è sì spesso infiorato di aulica ret-
torica. il verso si snoda con una facile mol
lezza. che qua e là lascia intendere un senso
di disfacimento.
Questo distacco della |HM*«ia di Maria Bar
bara dal suo tempo, questo proiettarci addi
r ittu ra in altro secolo, finiscono per far parte
essenziale del falcino su» proprio. Qualcosa
di
stranamente,
ma
pur naturalmente,
genui
namente arcaico, spira (come da
certe
archi
tetture) da queste ampie, solenni
strofe, usuai-