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sua mano, qualche rosa di particolare, di troppo

candido forse, e di vagamente inarressihile, li re­

spinge. Come se la sventura prima di rolpirla. aves­

se già impresso in lei il suo temuto sigillo, rosi Ma-

tilde è già un poro sola nel suo pirrolo mondo : ma

ella non se ne rende ronto aurora, e la sua inesau­

ribile letizia popola di speranze, di dolrezze e di

sogni quelPavvenire inrerto ancora e quel mondo

già un poro ostile rhe la cirronda.

(Ma il giorno di Matilde, il giorno di gioia e di

amore giunge alfine e si annunzia anzi, più splen­

dido e radioso di quanUt ella stessa ed i suoi cari

potessero augurarsi).

Una malattia violenta e strana1*' colpisce Ma-

tilde d'improvviso: dapprima per vari giorni acute

trafitture al capo ed al dorso l'assalgono di frequen­

te strappandole gemiti di dolore; poi una febbre

altissima, divorante, le toglie ogni conoscenza e la

getta in preda al delirio acuto. Con gli occhi rossi,

i lineamenti del volto alterati, il corpo acceso da un

fuoco che nulla riesce a temperare. Matilde sembra

più volte sul punto di lasciare la vita. Un silenzio

angoscioso pesa sulla vecchia casa e su tutte le fe­

deli e memori rose : Don Carlo entra ed esre smar­

rito dalla stanza dell’inferma invorando il cielo,

inrapare persino di...

... quando per la prima volta ella tenta di al­

zarsi e di muovere i primi passi, le sue gambe, sen­

za forza, senza vita, rifiutano di sostenerla, ed ella

rirade a sedere sul letto mentre un sudore mortale

le ricopre l'ancor debole corpo. Come neH'occhio

di chi muore di morte violenta, rimane riflessa l'u l­

tima immagine di terrore, così nello spirito di Ma-

tilde resterà impresso per sempre l'aspetto delle

cose che la circondano in questo istante di morte:

la luce livida e beffarda che penetra dai vetri nel

mattino invernale, sorto lento e tardo dopo una

notte di neve, il volto dello zio che ignaro sorride

incoraggiando quello un po' stupido di Lena che la

sorregge. Da questo primo istante ella intuisce la

realtà della sua sciagura e sente il mondo intero

crollare intorno a sè. Tornata a giacere sul letto,

ella resta a lungo attonita, perduta in quella visione

di terrore; poi piano piano si laseia persuadere dai

mediri e dai suoi famigliari che il suo stato è pas­

seggero e cesserà col tornare delle forze; e riprende

a sperare e a sorridere, benché un abisso la separi

ormai dalla sua passata spensieratezza.

La sua convalescenza prosegue, il volto si colora,

le forze ritornano, ma dopo un lieve miglioramento

che le permette di muovere qualche passo sorretta

dai suoi, nessuna cura può più giovarle. Abbando­

nata su di una poltrona con gli occhi fissi sul cielo

(

4*

Qae«to periodo

è

‘tato aggiunto

a

margine in

penna,

mentre

la

prima redattone continuava direttamente

eoi

periodo *egoente.

T ana

qne-ta parte da • Una malattia violenta e «frana... •

in o

al­

l'inizio del periodo

Perdala nel mm dolore Matilde...

• è

coperto

da

«e

p ii di

rance!tatara.

La aapra riportata brere a iirin ta margi­

nale e la raarellatara detTimera pa>n ■■■traa i l'intenzione di

Maria Barbara di m adiirarr prifandam u li e di rifare latta qa eila

parte, come potrebbe rilevar*! aatbe dalla M a tta ta nell originale

di aaa intera pagina.

<•' Qm

man ri «aa intera pagiaa «narrila o. piè prabab iha r w i.

eliminata da Maria Barbara

ostinatamente grigio e rhiuso, Matilde sente rhe la

sua ragione varilla. La sua ronvalesrenza si trasri-

na. simile ad un'agonia, simile ad un viaggio igno­

to e pauroso senza meta e senza fine.

Kppure ella non vuole, non può credere ancora

e si assoggetta alle cure più dure con volontà tena-

re, ron ostinazione, nell'ansia di illudere se stessa

e gli altri.

Poi la ronvalesrenza è inoltrata, all'inizio della

primavera. Matilde parte ron Lena |ier tentare nuo­

ve rure. lardando Don Carlo nel più triste abban­

dono. Oh l'angoscia di quei viaggi rompiuti senza

speranza, di quelle soste nei luoghi di rura tra gen­

te ignota rhe la guarda ruriosamente. Anrhe coloro

rhe la guardano ron pietosa simpatia destano in lei

un senso d'ira e le fanno desiderare di sromparire,

d inabissarsi per sempre! Che diritto hanno essi di

rompiangerla? Muta, altera, ella finge di non ve­

dere. di non udire, mentre Lena che non compren­

de. che anzi si sente confortare da quegli sguardi,

da quegli arrenti, fa un sorriso imbarazzato e fur­

tivo.

Perduta nel suo dolore. Matilde passa attraverso

uomini e rose senza vedere nulla di rio che la cir­

conda. senza vedere chi soffre come e più di lei for­

se. Della città ove tante rure nuove, ignorate nella

sua rittadina. delle spiaggie ove, quando viene l’e­

state. ella si assoggetta ai fanghi e alle sabbie. Ma-

tilde ha una visione tenebrosa e alterata che si con­

fonde ron gli inrubi delle sue notti insonni.

Soltanto le lettere dello zio la riattaccano al suo

mondo, alla realtà rhe l'attende, ma il vuoto otti­

mismo delle sue frasi di speranza la riempie di di­

spetto, e i suoi arrenti. timidi da prima, poi sempre

più frequenti al ritorno, la gettano in preda ad un

parossismo di angoscia.

(Per la sua natura... e fiera.

La delusione ha ucciso la sua fede candida negli

uomini e nella vita il suo amore alle piccole cose

che la circondano... per il suo avvenire...).

Oh! tornare, tornare nei luoghi ove ha vissuto

bella e felice, dovere annunziare ron la sua pre­

senza la propria morte alla vita, alla felicità, do­

verla leggere ad ogni incontro negli occhi altrui!

Fino all'ultimo giorno Matilde spera insensata­

mente in qualche rosa di inaspettato, in una cata­

strofe magari, rhe le risparmi il ritorno. Eppure in

un giorno di agosto, sul morir dcllYstate, Matilde

torna, affranta, senza speranza ritorna alla vecchia

casa dove lo zio l'attende senza poter nascondere la

gioia rhe, nonostante tutto, egli prova di rivederla,

di tronrare quella solitudine rosi rrudele per lui.

Ella invece*non ha lacrime, non ha parole, un do­

lore muto, altero, indomabile: si lascia abbracciare

inerte dallo zio. guarda con occhi ostili, disperati

la sua casa che l'accoglie nella sua penombra dol­

ce e discreta e vi si chiude cosi come si chiuderebbe

vivente in una tomba!

(

Per tomme a vivere e ad emme

è

necessario che

ella passi

attrai

erso la morte di

tutto

ciò che è prov­

visorio.

...

di inespresso).