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M A H i A S A H - B A H A T O S A C I
La poetessa Maria Bar*
bara Tosatti, che vide la
luce il 4 settembre 1891, in
quel di Modena, a San Fe
lice sul Panaro, e morì nel
1934, dopo assidue soffe
renze.
Di lei. a ricostruirne quasi
giorno per giorno la vita,
ci resta un modesto libro
edito dalla Morcelliana di
Brescia. Un libro che costi
tuisce sop ra tu tto una te
stimonianza di drammatica
coerenza: sono i
Canti e pre
ghiere
, liriche, pensieri, let
tere, a cura del prof. Quinto
Tosatti, con una in trodu
zione di Don Giuseppe De
Luca.
Siam grati particolarmente alla affettuo
sissima pietà del fratello, il quale ha saputo
(con singolare intelligenza, discrezione, oppor
tunità) raccogliere in queste pagine il meglio
di Maria Barbara, consegnandocene una me
moria dolce e fedele.
Ignota, nel mondo letterario, Maria Bar
bara non è. da quando apparvero sulla
Nuova
Antologia
liriche sue, che poi furono riu
nite nel primitivo volumetto dei
Canti e pre
ghiere.
E si interessarono della sua poesia
critici attendibili, dal Pancrazi, al Benco,
al Trompéo. Ma il pubblico più vasto ancora
la ignora, forse assolutamente, ed è privato
così di una le ttura fra le più giovevoli all'a
nima. La povera cara Maria Barbara, che
ha cercato, e sentito vicino a se, in a ttim i di
rapimento, Dio, è tu t t a qui, aperta, semplice,
gentile, nelle paginette di questo breviario
della sua vita esemplare. Maria Barbara ebbe
una volontà tesa, costante, inesorabile come
una lucida lama:
che
ella
rivolse contro di
sè, spesso
spietata, controllando
ogni
muta
zione pur leggera, pur transitoria dell'anima.
Quella volontà era intesa a trovare, nello
«plendore della
«uà
inestinguibile
luce,
il Dio
che taceva, nel silenzio as
soluto, e che pure ella «pre
sentì» sempre, sino alla fine.
« Malattia, tristezza, t i
mori, solitudine. Tu tto que
sto forse
deve
essere, forse
è bene che sia. Ma questo
silenzio vostro assoluto, o
Signore? ». Così scriveva, in
r
dei ta n ti suoi taccuini,
sin nel 1919. Scorrendo le
pagine in cui sono fermati
momenti di tan ti anni suc
cessivi. questo appello si ri
trova c o s ta n tem e n te con
un crescendo appassionato,
quasi che la forza dell’invo
cazione si alimentasse delle
sofferenze e delle angosce
continue. Nel 1922, in un
giorno di aprile, Maria Barbara annotava:
« Le mie labbra non conosceranno dunque mai
la dolcezza di un primo bacio, le mie mani
resteranno ognora così fredde e ignote... Non
l'hai voluto forse tu stessa? Oh no, Voi sapete
o Signore, ch'io non ho saputo mai dove
andavo, che non vi ho sacrificato mai nulla,
che, amando, non avrei voluto, nè saputo
farlo... Siete s ta to Voi dunque che mi avete
condotto così per mano, lungi dalle vie degli
uomini. Perchè? Parlate, o Signore, parlate,
che la mia giovinezza volge al tramonto. Da
temi in cambio quella perenne giovinezza che
viene dalla Vostra grazia e dal Vostro amore
».
«Parlate»: questa invocazione che si trascina
attraverso la siepe degli anni, ricade insospet-
tatam ente , or qua, or là, prepotente, sulle pa
ginette volanti dei taccuini di Maria Barbara,
quelle stesse paginette dove ella usava anno
tare le faccenduole di casa, accanto a pen
sieri profondi, vividi, talora, come imprevisti
lampeggiamenti. « Parlate »:
e Maria
Barbara
non si stanca di attendere la sovrumana
parola, la quale non sarà mai pronunciata:
pure tutta la sua vita è un graduale risolversi
nell'ansia di Dio, come Egli
bob
à —— eia