Table of Contents Table of Contents
Previous Page  325 / 729 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 325 / 729 Next Page
Page Background

IL GENERALE

RODOLFO

MONTEVECCHIO

C ’è da scommettere' che quasi tutti quei torinesi 1

quali per avventura si fossero posti il quesito di sapere

chi o che cosa voglia celebrare la via Montevocchio

(quella strada che da via Sacelli arriva fino a corso

Castelfidardo, tacendosi disciplinatamente chiamare

ri,i

tin che non ha gli alberi e

corso

quando ne è

ornata), si sono subite» convinti che essa vuol ricor­

dare qualche tatto d armi del nostro Risorgimento.

Essa è proprio nel bel mezzo di una sequenza di nomi

gloriosi, che hanno servito di battesimo a tutte le

successive « traverse » dei grandi corsi della zona San

Secondo: Magenta. Assietta. Monte vecchio. Legnano,

Pastrengo. Valcggio, (ìovcrnolo. Peschiera. Più d’ uno

sarà torse rimasto un istante perplesso e non avrà

certo saputo individuare di qual tatto d armi si debba

trattare. C ’è un Montebello, c’è un Monterotondo

nella nostra storia, ma quel Montevccchio si perde

nelle nebbie della memoria. E sarà ricorso torse alla

• Guida di Torino» clic di tutti 1 nomi delle strade dà

la ragione. A tarlo apposta di via Montevccchio non

c’è nulla. E allora ? si tratterà di qualche piccolo epi­

sodio. qualche battaglia di importanza non decisiva,

non tale da meritarsi di intitolare una via cittadina,

come è accaduto a Torino per esempio di corso Vm-

zaglio, nome, in confronto di tanti altri, certamente

impari alla maestosità dell'immenso lunghissimo viale.

(Ma qui la colpa è della urbanistica).

La verità è invece che Montevccchio non ricorda

ariatto una battaglia, ma un generale; un generale

dcU’esercito piemontese, che brillò nel periodo del

Risorgimento nazionale. Benché non nato in Piemonte

il generale conte Rixlolfo Gabrielli di Montevccchio

deve venir considerato un vero piemontese, come

amò egli stesso definirsi sul campo di battaglia della

Ccrnaia. ove cadde gloriosamente 93 anni or sono.

Nacque a Fano nel 1X02, mentre sfolgorava l’astro

napoleonico; suo padre conte Antonio, fu capitano

nel Reggimento di Lombardia, cavaliere Mauriziano

e Ciambellano reale e la madre, nata e cresciuta a

Torino, era la contessa Barbara di Richelmv dei

conti di Bovi.

Fu il sentimento di predilezione verso la terra na­

tale e verso il suo nobile casato che la indusse, appena

\\V

f a

Rodolfo Gabrielli dei C om i di Montevecchio.

vedova (1X10) a far inscrivere il quattordicenne Ro ­

dolfo, suo ultimo rampollo, all’ Accademia militare di

Torino quale cadetto, ove si guadagnò le spalline di

sottotenente soprannumerario nel Reggimento Ca-

valleggeri Piemonte (già dragoni Jabncs) e che tu il

primo della nostra Cavalleria. La sua passione per il

cavallo fu veramente ammirevole.

Erano allora 1 tempi in cui il cavallo aveva nella

vita civile e militare di tutti i popoli una capitale im­

portanza. Esso era allora l’ unico modo per superare

rapidamente le distanze e partecipare solennemente ed

efficacemente a tutte le più importanti tasi della vita

sociale, si che la storia lo contempla tra le più mera­

vigliose ed estetiche esplicazioni dell'azione, dell'arte

e del pensiero.

E quindi ben comprensibile il pensare come e

quanto lo splendore della bellezza e l’energia dell’ar-

dimcnto di questo nobilissimo animale possa aver

influito sullo spirito ardente del giovane c brillante

ufficiale che portava l’elmo, gli speroni e la spada di

un Reggimento di Cavalleria avente ben 12K anni di

vita eroica e molte fronde di alloro, pensieri questi

che certamente dovevano infondere un vivo senso di

alta ammirazione, di naturale ambizione e dt gene­

roso orgoglio. Questi poi dovevano essere tanto più

fervidi per chi, come il Montevecchio, aveva un animo

elevato, un’atavica educazione morale ed una inin­

terrotta tradizione d' gentilezza di costumi da conser­

vare gelosamente.

Era tuttora viva e palpitante l’eco della gloria del

primo Impero francese e quella delle travolgenti ca­

riche delle superbe' cavallerie di Murat e del Ncy

(entrambi caduti sotto il piombo di un plotone di

33