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verni re del i<>4>). Si è analizzato ogni aspetto della

sua poesia, dal satirico al malinconico, dal romantico

al malizioso, dal doloroso all appassionato, ritiovando

111 ognuno ed in tutti la stessa annua e lo stesso cuore:

voci diverse di 1111 unico anelito.

Vogliamo uni, dall universale, scendere al parti­

colare e ricercare nel Poeta del Piemonte, il poeta di

Torino. Egli ne esprime 111 versi la grandiosità dei

palazzi e la maestà delle strade, la ricchezza dei viali,

lo splendore delle montagne coperte di neve, ma so­

prattutto ne sente ramina, ne comprende il quoti­

diano travaglio, il silenzioso sacrificio e la pacata

bellezza.

Nino Costa, con la sua sensibilità poetica, vede

dove noi 11011 vediamo più o non vediamo ancora,

ascolta voci per noi nuove ed ignote, e ci racconta

con estrema semplicità, ogni sua impressione.

Dalle pagine di

Roba nostra

ecco Torino ci si pre­

senta viva e sincera:

«

Turili il ic para dna Itela sonòra

di a rat so post e d ia vcul uen

tic

ntl'cuj,

l i st ria, tirila

,

ci,lira c scusa ambreuj

fiera Ma gloria d jer d i a spienti ancóra,

ni.1 viva c torta del travai d'atidicuj. «

ci appare (vive) nella cornice ridente dei suoi monti:

«

Reusa e violette al sol d ia fancòlóra,

le creste Me montagne a stnia d ia rijò...

e, dal piazzale del Monte dei Cappuccini, tutta distesa

nelhi bella pianura:

*

Dai Mónti,

>t /

piassal d 'ij Capussin,

tra le gassie davsin, piene

'</

fragranssa

con le montagne bianche 11 lóntananssa,

e

sóta

— ’ /

Po d ia speda 'l

I

alentin,

conia l'e gratili,

conia

l e bel Turiti!

»

Il Poeta solleva lo sguardo all’orizzonte e vede sta­

gliarsi contro il cielo, illuminata dal sole mattutino.

Superga. «la basilica bianca del |uvara ».

*

bela parej ti una memoria cara

»

amore, tede e gloria dei torinesi, che nelle sue pietre

racchiude 1 cari ricordi del passato, ed alla quale nelle

4

ore nere della storia, tutti guardarono come a

••

l'ultima steila 11 mes ai nivólón "...

I

d alla sera, quando ogni tumore tace, alto, sul

colle della Maddalena, splende il Faro della Vittoria,

e il vento tra le fronde del bosco, pare il canto in

sordina dei grandi alberi che portano scolpito sul

tronco il nome di un soldato:

per d i a viveissa n pas la nostra tera,

nói, tien/ ,l'Italia, sòma mort an guerci... «

e sopra tutto, 111 alto, sconfinato e dolce, anche se

«

nivól sovenss e mincatant nebiós «

il cielo piemon­

tese. che il poeta definisce con una punta d’arguzia:

«

Sostr cel l e ’ncora non cól famòs

d i ai la lardati1 d'Italia ai foreste,

ni,:, per nójautre, che bel cel d ia i e f

»

Come in un bell acquerello ottocentesco, stila l’al­

ternarsi delle stagioni torinesi. L’autunno stillila la

città nel tenue grigiore della nebbia o l'incorona nel­

l'ultimo sole:

« -

1

/

tneis de stember s'a l e bel Turiti,

con le sue piasse e le sue stra severe,

e

/

sòl diótónn d ia bar an sic yiòjere,

d ia gieuga sóta ferito d ii giardin...

»

NeHinverno la città sotto la coltre di neve acquista

un aspetto quasi irreale... «

Turni ani fa l'efett d'esse

n cami<a...

ed una particolare grazia hanno le piante

«

fior

,10

tà dia brina

».

Ma la primavera ta rifiorire gli alberi dopo la

lunga, fredda stagione:

»

Primavera ,1 Turni piena d promesse,

t ’riiiiarera ,1 f uriti, piena ’d basiti...

L ana d 'ij Mónti ai manda sòe caresse,

le le/c a soti jiò rie come d Riarditi.

*

e il Poeta scopre un mattino, con meravigliati occhi:

tre sóffiettc 'ns'ij cóp, tre fnestre ncreuse,

<{ropà tra d lòr da tre festón ’d reuse...

*

e si affratella allo sconosciuto che ha saputo creare