

Rivista MuseoTorino / n.8
«soldato sacrilego», dopo essere entrato nella cappella
paesana, si appropriò dell’ostensorio. Dopo aver caricato la
refurtiva sul dorso di un mulo, il ladro si mise in viaggio
alla volta della Lombardia. Giunto a Torino l’animale
inciampò, cadde a terra e, benché bastonato furiosamente,
non si rialzò. A levarsi verso l’empireo fu invece l’ostia
trafugata, fuoriuscita dal vaso che la conteneva e quindi
ascesa in cielo. Popolo e clero, accorsi sul luogo del miracolo
(la piazza del Grano, attuale piazza Corpus Domini)
assistettero poi al prodigio dell’ostia discesa nel calice
proteso dal vescovo di Torino Ludovico di Romagnano:
in processione solenne tutti si recarono in cattedrale per il
rendimento di grazia.
La devozione per il miracolo eucaristico fu subito fatta
propria dal Comune che promosse dapprima la costruzione
di un’edicola nel luogo dell’evento, sostituendola poi con la
chiesa dedicata al Corpus Domini. Presso l’Archivio Storico
della Città sono esposti il ferro con cui fu impressa la
particola levatasi in cielo e la cassetta realizzata dal Comune
nel 1672 per custodire la documentazione dell’evento,
immortalato anche negli affreschi di una delle sale più
prestigiose del Palazzo di Città, l’attuale Sala del Sindaco.
La devozione alla Beata Vergine della Consolata, patrona di
Torino, ha radici antiche: la leggenda è legata all’immagine
della Madonna andata dispersa e ritrovata a Torino da un
povero cieco che, miracolato, recuperò la vista. Alla Vergine
miracolosa i cattolici torinesi hanno fatto tradizionalmente
ricorso nei momenti di particolare pericolo: eventi
minacciosi, guerre, epidemie di peste e colera. Durante
l’assedio di Torino del 1706 l’immagine della Consolata
venne affissa sulle porte delle abitazioni per preservarle
dai bombardamenti: a rammentarlo è la litografia di
Leopoldo Wolf, in cui l’icona della Madonna sovrasta la
città sotto il tiro dei cannoni francesi; al centro appare
la torre civica sormontata dalla statua del “toro”. In quei
drammatici momenti i consiglieri comunali deliberarono
di «far levare l’aguglia e il toro esistente sopra la torre» per
impedirne la distruzione: la salvaguardia del simbolo di
Torino, immagine condivisa e identitaria della comunità,
fu ritenuta importante al pari delle azioni militari difensive.
A conclusione della guerra, il 29 settembre 1706, con
voto unanime del Consiglio comunale, la Madonna della
Consolata fu eletta «particolare avvocata e protettrice» della
Città e del suo popolo.
Il nostro breve itinerario si conclude così come era iniziato:
la dolcezza dell’icona religiosa della Beata Vergine fa da
contraltare alla maestà del “toro furioso”, emblema laico.
Attorno a queste due immagini ruotavano speranze,
emozioni e affetti: costituivano il centro aggregante da
cui recuperare o rinforzare il senso di appartenenza
comunitario. Perché credere agli stessi simboli e miti,
praticare assieme gli stessi riti e il proprio credo significava
appartenere allo stesso ordine culturale: poter avere un
mondo, farne parte e difenderlo.
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Santuario della Consolata
L’edificio, quale segno forte
della devozione mariana, sorge
sui resti dell’originaria chiesa
di Sant’Andrea, del X secolo. Le
forme attuali sono quelle dettate
dal progetto (1678) dell’architetto
Guarino Guarini (1624-1683) e dagli
interventi dei secoli successivi.
leggi su
www.museotorino.itChiesa del Corpus Domini
Fu eretta dal 1604, sul luogo del
miracolo del 1453, dalla Città di
Torino, che continuò ad investire
nell’abbellimento del suo interno
fin oltre la fine del secolo XVII.
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