Table of Contents Table of Contents
Previous Page  205 / 556 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 205 / 556 Next Page
Page Background

sfruttarono quegli elementi della nuova sensibilità più confacenti a una visione politica

reazionaria, clericale e tradizionalistica, creando un proprio medioevo immaginario.

Furono Carlo Felice e la consorte Maria Cristina, piuttosto che il fratello Vittorio

Emanuele I, a ricorrere alla storia medievale per fondare sull'autorevolezza del passato

sabaudo l'immagine del loro regno, soprattutto attraverso il restauro in stile

trouba–

dour

dell'abbazia di Hautecombe in Savoia, il sacrario della dinastia, divenuto nel vol–

gere di pochi anni un luogo di pellegrinaggio artistico per eccellenza. Nella «moda del

Medioevo» si inserì pure la ridefinizione del concetto di cavalleria come istituto di

difesa dei deboli e «ottavo sacramento» della fede cattolica, rovesciando completa–

mente la visione negativa fornita dall'Illuminismo. Il

Génie du Christianisme

di Cha–

teaubriand ebbe un'influenza enorme nell'orientare l'immaginario dei contemporanei

verso un' equivalenza fra medioevo e cavalleria cristiana sempre più esclusiva rispetto

agli aspetti meno eroici di quell'età, per appagare il bisogno romantico di gloria e di

fede, radicando

il

culto dei «tempi cavallereschi» come i «soli tempi poetici della

nostra storia»6.

La nuova sensibilità determinò un rinnovato interesse per la vicenda dell'Ordine

Mauriziano, i cui «principii sono talmente sconosciuti all'Europa che appena

è

credi–

bile», come scriveva

il

barone Giuseppe Vernazza nel marzo 1819 supplicando la

magistrale autorizzazione a pubblicare con il titolo

De Ordine Sancti Mauritii Liber

antiquissimus omnium

i conti di Michele de Ferro, tesoriere dei Cavalieri di San Mau–

rizio di Ripaille, da lui ricopiati e già stampati. Fu proprio sulla definizione del titolo

che i consiglieri dell'Ordine si impuntarono per bloccare l'iniziativa, facendo rilevare

che la pubblicazione di una sequela di prezzi di cose anche meschine, per di più pre–

sentato come il più antico documento dell'Ordine, non si accordava con il decoro del–

l'ente, convincendo il Gran Maestro e costringendo quindi Vernazza a sostituire il

frontespizio con quello meno altisonante di

Computus nobilis Michaelis de Ferro,

e a

serbare inedito un suo studio sulla prima istituzione dell'Ordine e sulla fusione con

quello di San Lazzaro. Il mistero che avvolgeva le origini della Sacra Religione eccitava

ormai la fantasia degli eruditi di corte: anche Pietro Datta, intendente applicato ai

Regi Archivi, ambì a disvelare quelle «cose sconosciute» sulle quali erano stati sparsi

numerosi errori, ma pure a lui l'impresa non portò fortuna: attanagliato dai debiti

contratti al gioco d'azzardo, fu sorpreso a trafugare preziose medaglie e licenziato.

Per il momento non si verificò ancora la saldatura fra il culto del medioevo e la vita

dell'istituzione, che però fu rianimata dall'intervento di Carlo Felice, mirante al com–

pleto reintegro del tesoro mauriziano. Le croci mauriziane servirono, spesso accompa–

gnate da pensioni, per premiare gli atti di fedeltà dei sudditi, soprattutto all'indomani

della rivoluzione del 1821, sia nell'esercito sia fra i funzionari dell'apparato statale. I

segretari di Stato furono incoraggiati a presentare al Gran Maestro i nomi di quei

dipendenti che ritenessero degni di portare la croce, formalizzando così una pratica

già in atto da tempo, attuata allo scopo di motivare una burocrazia che aveva dato

segni di cedimento a causa della decimazione numerica e dell' abbassamento subiti

dopo i fasti napoleonici, della ristrettezza degli stipendi e delle prospettive di carriera,

delle tensioni fra gli elementi di diversa formazione. Al tempo stesso, però, accostando

all' autorità regale la logica ministeriale, si innescava un processo di scavalcamento

delle prerogative del Gran Maestro, aprendo così la strada alla progressiva perdita di

controllo sull'Ordine da parte della corona dopo il 1848. I poteri affidati ai titolari dei

dicasteri in materia equestre, aumentando i canali di ingresso nell'Ordine, rendevano

ancora più labile il rispetto del cerimoniale, poiché «nel ricevere dalle varie Segreterie

di Stato l'annunzio d'essere benignamente contemplati da S.M. per la decorazione

della Croce dell'Ordine, molti soggetti se ne sono tosto fregiati credendo di non essere

6 RENATO BORDONE,

Lo specchio di Shalott. L'inven-

Liguori editore,

1993,

pp.

83-85.

zione del Medioevo nella cultura dell'Ottocento,

Napoli,

173