

Cimitero generale diventò un luogo da visitare, meta di «pietose passeggiate» e, perfi–
no, di gite domenicali fuori porta. Lungo i suoi viali si potevano incontrare donne
«all'abito dimesso e
L.. ]
agli occhi lagrimosi», oppure «qualche anima affettuosa che
viene a mormorare una prece, a cogliere un fiore», ma anche forestieri e semplici
curiosi. Se, nella prima metà dell'Ottocento, i «bei monumenti» erano ancora scarsi,
sulle fosse comuni non tardarono a comparire «innumerevoli» lapidi di legno, quasi
tutte scritte a mano, e piccole corone di rose e di semprevive
ll
.
La crescente popolarità del nuovo cimitero aveva naturalmente i suoi inconvenien–
ti. Per evitare gli atti di vandalismo e i furti di fiori, di vasi e di tutto ciò che poteva
essere asportato dalle tombe senza dare troppo nell' occhio, ai visitatori si dovette
imporre di depositare ceste, involti e bastoni da passeggio all'entrata, presso la porti–
neria
l2 •
Nel pomeriggio, poi, durante le ore di apertura al pubblico, due guardie civi–
che percorrevano «con passo lento e continuo» il camposanto, cercando da un lato di
sventare i tentativi di furto e di manomissione dei monumenti e, dall'altro, di non
disturbare il raccoglimento dei fedeli ; nel complesso, pare che riuscissero assai meglio
in quest 'ultimo compita
13 •
Ben presto, l'uguaglianza delle sepolture auspicata dal marchese di Barolo dovette
scendere a un compromesso con i diritti delle classi agiate e con la «gloria dell' arte»,
o, forse, con la vanità degli uomini e con gli interessi economici della Città. Il 30 otto–
bre
1845
veniva inaugurata la prima ampliazione del camposanto, destinata esclusiva–
mente alle sepolture private e circondata da un ampio ed elegante porticato, disegnato
dall 'architetto di casa reale Carlo Sada: qui il Municipio aveva già previsto l'erezione
di un grandioso monumento «agli uomini illustri del Piemonte» e, al riparo dalla piog–
gia e dall'umidità, avrebbero trovato posto affreschi e sculture opera dei più famosi
artisti dell'epoca
I4 •
Meno di un anno dopo Antonio Baratta dava alle stampe il primo
volume de
Il torinese Campo Santo effigiato e descritto,
che apriva la serie delle guide al
cimitero di Torino, ormai trasformato in «una sorta di Panteon nazionale, ove ogni
individuo, ogni famiglia, l'intera patria troverà i suoi vanti, le pietose sue ricordanze, le
consolazioni che leniscono il dolore dell'eterna separazione»15.
E davvero, prima che le piazze e i giardini pubblici si popolassero di statue di gene–
rali a cavallo, uomini politici in piedi e grandi pensatori seduti, la memoria di molti
celebri personaggi - e di moltissimi altri tutt'altro che celebri, in verità - venne affida–
ta al Cimitero generale. Nelle intenzioni del Municipio, il cimitero avrebbe dovuto
essere un museo all'aperto e una scuola di morale, avrebbe dovuto celebrare le virtù
delle singole famiglie e le glorie della città, alimentando le arti e «i più gentili affetti»,
insegnando ai visitatori la religione, la storia, l'amor di patria.
Ai
torinesi che percorre–
vano il recinto del campo primitivo si consigliava allora di soffermarsi davanti alla
tomba di Michele Buniva, introduttore del vaccino antivaioloso in Piemonte: «ad essa
guideranno le madri la devota lor prole: ad essa si volgeranno i giovani riconoscenti di
lor fiorente salute: ad essa appenderanno ghirlande le tenere donzelle avventurose
della serbata bellezza», preannunciava la «Gazzetta Piemontese» nel
1834
16. A qualche
metro di distanza si trovavano il modesto sepolcro del marchese Tancredi Falletti di
Barolo, impreziosito dal bell'epitaffio dettato da Silvio Pellico, e uno dei monumenti più
pregevoli del cimitero (opera di Giuseppe Bogliani), in
cui
era facile riconoscere le fat–
tezze della famosa attrice teatrale Carlotta Marchionru, «la quale versa lacrime sincere
sulla spoglia esanime della diletta genitrice». Poco oltre, con i suoi 7 metri e mezzo d'al–
tezza, svettava la colonna che i colleghi e gli amici del professor Carlo Boucheron, riuniti
11
L.
CrnRARlO,
op. dt.,
p.
74; G . F. BARUFFI,
op. dt.,
p.
4.
12
Regolamento pel Camposanto della dttà di Torino,
approvato dal Consiglio generale del 30 agosto
1843, in
Raccolta dei regi editti, mani/esti ed altre provvidenze de'
magistrati ed uffizi,
Torino, Speirani e Ferrera, 1843, p.
552, art. 87.
220
13
ASCT,
Ragionerie,
1843 , val. 57, pp. 113 e sgg.
14
ASCT,
Ordinati,
val. 356, c. 59, seduta 29 aprile
1840; ASCT,
Ragionerie,
1845, val. 62, pp. 129 e 268;
L.
ClBRARlO,
op. d t.,
pp.
75-77.
15
A.
BARATIA,
op. d t.,
p.
XII.
16
< Gazzetta Piemontese», n. 5, 7 novembre 1834, p.
1.