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offrivano ai visitatori esempi di pietà filiale e di concordia familiare, di amicizia e di ·

civismo, di generosità disinteressata e di spirito di sacrificio, di tutte quelle «pietose ed

onorate azioni» per cui valeva la pena di recarsi qualche volta al camposanto di

Torino

l9 .

A Ognissanti, sui giornali facevano la loro comparsa poesie dai titoli suggestivi:

La

campana dei morti, Nel giorno dei morti, I cimiteri cattolici, Pensieri mesti...

20. Le circo–

stanze, obiettivamente, non consentivano grandi variazioni sul tema. Al Cimitero gene–

rale, intanto, fin dalla mattina del primo novembre tutto era pronto. I cumuli d'erba

secca messa da parte per coprire

il

terreno durante l'inverno erano stati trasferiti nel

piccolo recinto triangolare dell'Ospedale di Carità, perché non offendessero la sensibi–

lità del pubblico; i viali erano stati spazzati e coperti di sabbia, i ciottoli tolti dalle

tombe, le statue pulite e spolverate, le iscrizioni lucidate e ridipinte, la cappella ornata

di crespo nero.

li

cappellano aveva dato le ultime istruzioni alle guardie municipali,

perché garantissero l'ordine e la sicurezza dei visitatori 21. I mendicanti di professione, i

disoccupati e i braccianti che da tutto

il

regno calavano sulla capitale al termine della

stagione agricola erano già schierati lungo la strada del Regio Parco: aspettavano anche

loro i torinesi venuti a far visita ai morti, e speravano che fossero generosi 22 .

Alle due di pomeriggio si aprivano i cancelli. La folla incominciava a disperdersi per

il

gran campo delle sepolture comuni e sotto i portici dell'ampliazione. Alcuni portava–

no corone di semprevive, altri strappavano le erbacce dalle tombe, recitavano una pre–

ghiera , passavano in rassegna i monumenti vecchi e nuovi, cercavano sulle lapidi i nomi

delle persone che avevano conosciuto o di cui avevano sentito parlare; facevano,

insomma, pressappoco tutte quelle cose che si fanno ancora oggi nel giorno dei morti:

Un 'antica pia costumanza, in questo giorno consacrato alla memoria dei proprii cari defunti, convo–

ca le meste famiglie dei superstiti dattorno alle fosse derelitte dei cimiteri. E lungo i viali solitari,

rasente le siepi del campo, tra il folto dell'erba, sotto i bianchi e freddi porticati, presso il superbo

mausoleo dalle epigrafi dorate o presso la povera crocetta di legno su cui sta un nome e una data ...

- dappertutto.. . - dovunque si posi l'occhio su questo ultimo asilo delle umane battaglie, si scorge

un affrettarsi pensoso di donne vestite a bruno, d'uomini accorati e silenti .. . E qua vedete un fan–

ciullino che spesso, inconscio delle lagrime materne, coglie i cilestri autunnali o persegue le farfalle

tra l'erbe che forse ricoprono le ossa del suo padre sepolto .. .; laggiù un vecchio settuagenario che si

fa guidare dal suo nipote a piangere ancora una volta sulle zolle che ricoprono il figlio amato, prima

di ricongiungersi a lui, sotto le zolle istesse, nell'amplesso immortale dei trapassati .. .. Dappertutto

un tramestio di viventi che brulica e ferve e si affretta là dove regna la morte .. .. Dappertutto s'ode

suonare una parola di desiderio e di addio, cui non risponde altro addio che

il

salmodiare funebre

dei sacerdoti nella vicina chiesetta

23 .

li

cimitero non faceva più paura, forse perché non assomigliava neppure più a un

cimitero - almeno come lo si intendeva ai tempi di San Pietro in Vincoli e di San Laz–

zaro - , ma piuttosto a un insolito compromesso tra un giardino pubblico e una galleria

d'arte. Perfino i morti, che finché rimanevano in città erano fonte di preoccupazione e

di orrore, una volta scomparsi alla vista offrivano

il

meglio di sé: gli epitaffi ne diceva–

no regolarmente un gran bene, e i loro ritratti scolpiti nel marmo erano quasi sempre

di un 'eleganza esemplare. La sera del primo novembre, i bambini mangiavano le casta–

gne bollite, «i frutti dei morti»24;

il

pomeriggio del giorno seguente sarebbero tornati

al camposanto con tutta la famiglia , per imparare quanto la morte rendesse

gli

uomini

più buoni e più belli.

19

L.

C IBRARIO,

op.

cit. ,

pp.

76-77; G. F.

BARUFFI,

op.

cit.,

fcp.

19-20 e 65.

o

«Letture di famiglia», n. 44, 2 novembre 1844, pp.

1-2; ibid.,

n. 44,

l O

novembre 1845, p. 345 ;

ibid.,

n. 44, 31

ottobre 1846, p. 351 ;

l O

novembre 1844, «Supplimento»

al

n. 249 della «Gazzetta Piemontese», pp. 1-2.

21

Regolamento

[.. .

J

1843 cit., p. 548, art. 63.

222

22 UMBERTO L EVRA,

L'altro volto di Torino risorgimen–

tale

1814- 1848, Torino, Comitato

di

Torino dell'Istituto

per la Storia del Risorgimento Italiano, 1989, p. 81.

23

Il dì dei morti,

in «La Concordi a» ,

n .

261,

I O

novembre 1850, p. 1.

24

Le castagne della sera dei Morti,

in «Gazzetta del

Popolo», n. 259,2 novembre 1853 , p. 1.