

giornalistica del '48 torinese - la «Gazzetta del Popolo» di Giovan Battista Bottero e
di Felice Govean - di fronte alla discesa in campo accanto a Fransoni e per il potere
temporale del coevo e altrettanto tipico campione dell'anti-'48 "codino", «L'Armonia
della religione colla civiltà» di don Giacomo Margotti. «L'Armonia» lancia una sotto–
scrizione per regalare paramenti sacri all' arcivescovo che ha sfidato la potestà legislati–
va del Parlamento; la «Gazzetta del Popolo» - tirandosi dietro tutti i laici - parte al
contrattacco raccogliendo offerte pubbliche e private per onorare in Siccardi non un
uomo, ma un principio. Diversamente che in molti altri casi, qui il monumento si pre–
senta nella sua nuda e astratta valenza metaforica, non ha proprio nulla di connesso a
una distesa fruizione estetica, né alle coreografie e all' arredo urbano
11.
VuoI essere
un'imperiosa affermazione di principio, fra contendenti di uno spazio mentale, rispet–
to a cui lo spazio materiale da occupare risulta alla fine quasi un corollario. E in effetti,
il 17 giugno 1852 non vi sarà neppure un vero rito inaugurale, solo un verbale di con–
segna
12 •
La stessa «Gazzetta» tace, pur se le vampe di quel repentino duello ideologico
covano sotto la cenere.
Dall'ipostatizzazione
di
un nemico nasce anche l'Alfiere. Qui il pegno
di
una stori–
ca inimicizia si riferisce non ai «croati interni del Piemonte»13, ma ai croati
di
fuori,
ovverosia all'Impero austriaco in quanto detentore di territori che si rappresentano
ormai come italiani. Sono infatti i milanesi, nel 1857, a offrire alla città di Torino que–
sta statua - così mirata e scoperta nel suo simbolismo, peraltro a duplice uso, esterno e
interno, antiaustriaco e filopiemontese. Va rilevato - perché amplia la portata naziona–
le del messaggio - che il primo proponente nel Consiglio comunale di Torino, colui
che si leva ad annunciare il dono e a perorarne la causa a nome dei cittadini di Milano
tornati, dopo il '48, sotto il dominio austriaco, non è lui stesso un milanese, ma un
proscritto veneto, il reduce dal '48 vicentino e fuoriuscito a Torino Sebastiano Tec–
chio: e dunque un attore delle mutazioni identitarie in corso, il cittadino d'elezione -
come i committenti milanesi - di un'Italia
in itinere.
La provocazione che prende
forma in quell'intervento consiliare del 15 gennaio 1857 è studiatamente multipla,
stringe insieme - nell'ostentata accettazione dell'egemonia sabauda -le
élites
patriotti–
che della Nazione in armi: nazionale è infatti - il tricolore -la bandiera che impugna
l'Alfiere piemontese, per precisa volontà dei committenti 10mbardi e dichiarazione di
intenti del proponente veneto. E - ove la scelta di erigere una statua al membro di un
esercito nemico del proprio Governo non fosse bastevolmente screanzata - cento can–
noni vengono contestualmente offerti dai milanesi alla fortezza di Alessandria, proprio
mentre Francesco Giuseppe visita la riottosa città delle Cinque Giornate
14 •
Da segna–
lare anche - per affinità, se non come lascito del '48 -l'individuazione per l'occasione
"bassa" del prototipo militare sardo: tanto più pregnante - 'nell' anonimo cappottone
di
pietra scolpitogli da un grande della scultura d'epoca, il combattente delle Cinque
Giornate Vincenzo Vela, torinesizzato dal 1852
15 -
nella città in cui sono di norma le
icone dei principi e dei generali, meglio ancora se principi e generali ad un tempo, a
occupare da padroni gli spazi pubblici. Per giunta, l'Alfiere - immagine spersonalizza–
ta dell'esercito come lo è l'obelisco della laicità dello Stato - vede accolta dagli ammi–
nistratori
di
Torino l'ambiziosa proposta
di
collocazione avanzata dallo stesso Tecchio
nel marzo del 1859, cioè piazza Castello, fra Palazzo Reale e Palazzo Madama. Fervo–
no intanto i preparativi per quella che sarà la seconda guerra di indipendenza. Qui
dunque, diversamente dal consueto, non siamo sul piano della memoria dell'evento,
ma della stimolazione di un evento che ancora non si è dato e di cui il monumento
Il
Si veda il capitolo
sull'Arredo urbano
in MARIO
ISNENGHI,
Le guerre degli Italiani. Parole immagini ricordi
1848-1945, Milano, Mondadori, 1989.
12
C.
LANFRANCO,
Il Risorgimento e
i
Savoia celebrati
cit., I, pp. 242-250.
13
Ai volontarI;
in «Gazzetta del Popolo»,
Il
aprile
6
1859.
14
C.
LANFRANCO,
Il Risorgimento e i Savoia celebrati
cit.,
I,
pp. 100-103.
15
Attivissimo, Torino gli deve i monumenti a Cesare
Balbo (1856) e poi all'Alfiere, a Daniele Manin, a Vittorio
Emanuele.