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circostanzel

8 .

E cosi, il Veneziano

è

morto da pochi giorni, nel suo esilio parigino, e già

il Consiglio comunale a Torino - anticipando di oltre un decennio gli onori che non gli

può rendere per ora la sua Venezia, tornata sotto l'Austria

19 -

prende in mano la cosa.

L'iniziativa

è -

come per l'Alfiere - del veneto piemontesizzato Sebastiano Tecchio,

spalleggiato da Tommaseo e da Mezzacapo: un terzetto di tutto riguardo, che rimanda

in modo palmare a Venezia e alla sua rivoluzione del 1848-49. La «Gazzetta del Popo–

lo» e altri fogli torinesi sposano immediatamente la causa del Manin, che fin dal prin–

cipio comunque vuole muoversi con visione larga e non regionalista. All'interno del

Consiglio comunale, tuttavia, le opinioni sono divise. Non mancano interventi di

monarchici che non nascondono la propria sorpresa e disappunto per il fatto che si osi

chiedere alla città del re voti, soldi, suolo e onori pubblici per un borghese rivoluzio–

nario e repubblicano. La "culla della dinastia", la città che fin da subito esclude dal

centro e manda in riva al Po Garibaldi

20 ,

e che tarderà altri sessant'anni prima di rasse–

gnarsi a fare un po' di spazio in un suo slargo sbilenco a Giuseppe Mazzini, traspare

anche in questi tormentoni consiliari del 1857. Stavolta, tuttavia, ne uscirà con una

certa generosità. I più svegli fra i consiglieri fanno maggioranza con gli estimatori

effettivi considerando che quello che si può vantaggiosamente ricordare

è

il rivoluzio–

nario pentito o che quanto meno ha fatto sacrificio delle proprie idee personali, accet–

tando il ruolo unificante della monarchia e l'egemonia piemontese2

1 •

Egemonia che si

manifesta e si afferma anche in questo, che si accetta nel Pantheon in gestazione della

città capitale una figura passibile di doppia lettura e nella quale l'uno potrà onorare le

piazze del '48 e i fasti della repubblica e l'altro il trapasso a idee politiche più modera–

te e il realistico abbandono - nell'ultimo Manin - delle ragioni ed emozioni che l'ave–

vano chiamato al fare e promosso alla sfera pubblica

22 •

Del resto, il Manin, dopo varie

ipotesi di collocazione, non va certo a occupare una delle piazze centrali, riservate a

figure ben più ineccepibili e compatibili con il

Genius toci;

parte subito da una collo–

cazione modesta e lo scultore - che anche in questo caso

è

il Vela, sempre disponibile

per interventi politicamente impegnati - non lo effigia direttamente, lasciando prota–

gonista la figura dell'Italia. Esattamente il contrario di quanto avverrà nel discusso

monumento a Cavour in piazza Carlina - decretato pure immediatamente dopo la

morte, nel 1861 - nel quale il ministro giganteggia e l'Italia, genuflessa, adora.

Un'eco del conflitto di identità e di memorie che ognuno dei parti più laboriosi nel

mondo dei segni deve attraversare, traspare comunque nella data di inaugurazione del

Manin, che è una delle grandi date del '48 veneziano, italiano ed europeo: il

22

marzo,

quando gli austriaci capitolano e in piazza San Marco viene proclamata la Repubblica.

li

22

marzo del rito inaugurale

è

quello del 1861.

È

come se l'Italia appena unificata,

con sigillo sabaudo e "piemontese", rendesse l'onore delle armi a una delle altre storie

che si

è

incorporata.

18

PAUL GINSBORG,

Daniele Manin e lo rivoluzione

veneziana del

1848-49, Milano, Fdtrindli, 1978.

19

TI capo dd '48 veneziano sarà il primo monumento

avviato con l'annessione dd 1866, già prima ddIa firma

ddIa pace di Vienna, anticipando il passaggio dd Veneto

all'Italia. Si veda LUISA ALBAN,

Il monumento a Daniele

Manin,

in «Venetica», 5,1996, p. 12.

20

L'opera di Odoardo Tabacchi viene eretta nel

1887. Per un quadro di riferimento sui tempi e luoghi di

monumentazione dd "rivoluzionario disciplinato" e sulle

gerarchie di rilevanza ndI'immaginario politico post-uni–

tario, si veda GIOVANNA MASSOBRIO,

L'Italia per Garibal–

di,

con fotografie di Lorenzo Capellini, Milano, Sugarco,

1982; per un ragionamento generale rimando al mio sag–

gio su Garibaldi in

MARIo

ISNENGHI (a cura di),

I luoghi

della memoria. Personaggi e date dell'Italia unita,

Bari,

8

Laterza, 1997.

21

C.

LANFRANco,

Il Risorgimento e i Savoia celebrati

cit., I, pp. 197-198 e pp. 259-271.

22

Sono dd resto i Papadopoli -la famiglia di capitali–

sti veneziani dd cui

entourage

faceva professionalmente

parte lo stesso Manin - a farsi committenti di un busto di

Carlo Alberto ndIa loggia di Palazzo Ducale, ndI'ambito

di un "Panteon veneto" ideato sin dal IX Congresso degli

scienziati italiani svoltosi nd 1847 a Venezia. Viene inau–

gurato nd 1874 - rara presenza non desunta dal reperto–

rio ddIa Serenissima, fra oltre 60 personaggi via via

effi–

giati da una combinazione di pubblico e privato - e reca

un'epigrafe impegnativa

Carlo Alberto della indipendenza

italiana auspice propugnatore e martire.

Si veda FABRIZIO

MAGANI,

Il 'Panteon veneto',

Venezia, Istituto veneto di

Scienze Lettere e

Arti,

1997, p. 35.