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Torino vista da Palermo

di Antonino De Francesco

Torino, molti cittadini vestiti al costume italiano, caldi di patrio affetto e di sentimenti generosi, si

sono riuniti la sera del 21 febbraio nella trattoria delle Indie a una mensa frugale , dove la parola pro–

nunziata da forti labbra corse ad infiammare maggiormente i cuori. Sul finire della mensa, l'awocato

Rossi di Soana salutò con un bellissimo brindisi

il

nuovo vestire alla foggia italiana; indi lesse l'awo–

cato Fava un elegante discorso in difesa del medesimo, da alcuni messo a torto in derisione.

Questa breve notizia si legge in un numero di metà marzo 1848 di «L'Apostolato»

(il foglio politico palermitano diretto da Francesco Crispi) e costituisce uno dei pochi

segnali di attenzione riservati sino ad allora alla città di Torino dalla pubblicistica sici–

liana

l .

Un disinteresse, quello della stampa periodica isolana verso le vicende politiche

del Piemonte tutto, che riflette la grande diffidenza nutrita, agli inizi del 1848, dalla

società politica siciliana nei confronti di Carlo Alberto. Sul punto non può certo fare

velo il successivo sostegno, per altro distante, alle ragioni (e all 'opportunità) della

guerra d'indipendenza, nonché l'unanime decisione, del mese di luglio, del parlamen–

to di Palermo di assegnare proprio al secondogenito di casa Savoia la corona di Sicilia:

quelle scelte rappresentarono infatti altrettante tappe di un processo politico di avvici–

namento che nacque sì nel corso degli sviluppi rivoluzionari, che trovò sì, in seguito,

durante il decennio di preparazione, un esito positivo nei termini dell' alleanza politica

tra le

élites

isolane e il Piemonte costituzionale, ma che nulla, non solo alla vigilia del

1848, bensì addirittura nelle settimane che seguirono la vittoriosa insurrezione di

Palermo, lasciava presagire.

In

breve: sarà soltanto il disimpegno di Ferdinando II dalla guerra d'Italia (il ritiro

dei contingenti capitanati da Guglielmo Pepe è della seconda metà di maggio) a porre

le condizioni per un accostamento della Sicilia al Piemonte; e questo in ragione del

convincimento che l'impegno militare avrebbe comunque impedito all'Austria - di cui

Napoli era considerata uno stato satellite - di dare man forte a Ferdinando II nel suo

proposito di arrivare a ricomporre (dapprima con la costituzione, poi con la repressio–

ne

manu militari)

l'unità del regno meridionale. Ma è, questa, una vicenda databile

giusto alla tarda primavera, che non può, in alcun modo, esser anticipata alle prime

fasi della rivoluzione nazionale, quando, per contro, la Sicilia tentò di favorire la radi–

calizzazione del processo politico nella penisola e guardò dunque con qualche sospet-

l

«L'Apostolato. Foglio politico e legislativo», a. I,

n.

19, 12 marzo 1848, p. 80.

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