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causa rivoluzionaria in tutta Italia

6 ,

costituiva infatti, nel discorso politico di parte sici–

liana, il corrispettivo di Palermo: come quest'ultima era stata costretta dalla Restaura–

zione a subire l'annessione napoletana (si ricorderà che nel

1816

Ferdinando IV di

Napoli e III di Sicilia, ritirata la carta costituzionale concessa all'isola nel

1812,

aveva

proceduto a riunire l'isola al continente divenendo Ferdinando I del Regno delle Due

Sicilie), così Genova, sempre per opera del Congresso di Vienna, aveva perduto la

propria indipendenza a tutto vantaggio del Piemonte che aveva annesso l'intero terri–

torio dell' antica repubblica.

Per questa via, nella ricostruzione polemica di parte isolana, l'equivalenza era pre–

sto fatta - Palermo stava a Napoli, come Genova a Torin0

7 -

e questo spiega perché,

nel clima di profonda tensione dei primi mesi del

1848,

Carlo Alberto fosse visto alla

stregua del naturale alleato di Ferdinando II

(il

regno di Sardegna e quello delle Due

Sicilie, d'altronde, molto si assomigliavano, sia perché erano gli unici ad aver tratto

benefici territoriali dalla Restaurazione, sia perché erano quelli che più risolutamente

avevano imboccato la via dell' accentramento di governo e non facevano mistero di

ispirarsi a quel modello napoleonico di intermediazione tra stato e società contro cui

la Sicilia era andata in rivolta)8. Non solo: anche la città di Torino non sfuggiva a que–

sta equivalenza, perché come dalla Sicilia si guardava con gran sospetto a Napoli, il

cui attaccamento alla dinastia borbonica consentiva a Ferdinando di trovar consensi

anche presso i patrioti meridionali quando lamentava la secessione di Sicilia, così

uguale sentimento si nutriva verso i torinesi la cui lealtà alla dinastia dei Savoia impe–

diva alla rivoluzione nazionale di assicurare quella soluzione federativa che, per i più,

doveva passare anche per la via di un ridimensionamento delle unità statuali uscite

rafforzate dalla stagione napoleonica

9 .

In tal modo, mentre la stampa siciliana continuava a magnificare il patriottismo di

Genova

10 ,

la quale non perdeva occasione per manifestare tutta la propria insofferenza

nei confronti della politica del governo di Carlo Alberto

ll

,

uguale trattamento non

veniva riservato a Torino, della quale si tace il pieno consenso accordato a uno Statuto

nera che in data 12 febbraio riporta la notizia di come

«a

Genova,

il

l febbraio, si celebrava nella chiesa dell'An–

nun ziata Te Deum per Palermo» . Si veda GABRIELLO

LANCELLOlTO CASTELLI VALGUARNERA,

Diario de' primi

tre mesi della rivoluzione siciliana del

1848, Palermo,

Vena, 1898, p. 61.

6

Si veda la seguente corrispondenza di «L'Apostola–

to», che dichiarava di riportare una lettera datata 31 gen–

naio: «L'arrivo del Nettuno fe' circolare le più strane

voci; il popolo si fermò tutto il giorno

sul

Molo, ma inutil–

mente; alle 7 di sera si riunÌ sotto le finestre del console

napolitano, che dopo un saluto cortese disse che il mini–

stro Del Carretto, discacciato da Napoli, era venuto qui a

Genova, e che bisognava partire per Marsiglia, mentre dal

governatore non si

è

voluto ricevere. Il popolo si divise

dicendo viva Sicilia; si maledisse l'autore delle sciagure

siciliane». «L'Apostolato. Foglio politico e legislativo», a.

I, n. 12,22 febbraio 1848, p. 47.

7

Si veda la notizia riportata nell'«Aquila siciliana di

Messina» (a. I, n. l, 17 febbraio 1848, p. 4), dove non si

faceva mistero di coniugare

il

patriottismo e la lotta per la

libertà alla rivendicazione dell' antico ordine di cose:

«Genova [...

J

grave e pietoso spettacolo offriva ne' decor–

si giorni questa città per le solenni esequie fatte [...

J

a

quei martiri che in Milano ed in Pavia perderono la vita

per la libertà d'Italia. Rigurgitava la chiesa di numerosissi–

mo popolo, fra cui distinguevasi il marchese Giorgio

Doria fra una eletta schiera di signori e signore, tutti a

bruno vestiti» .

8

Lapidario

il

commento dell'«Aquila siciliana» (a. I,

n. 2, 19 febbraio 1848, p. 3): «Carlo Alberto ha dato ai

suoi stati una costituzione concepita a un di presso come

quella di Napoli». Tale conclusione smentiva le speranze

di «L'Apostolato», dove nel supplemento al n. 18, alla p.

76 si negava che ambienti governativi piemontesi avessero

dichiarato «potersi con tutta facilità coordinare lo statuto

piemontese colla scorta delle tre note costituzioni france–

se, belgica, napoletana» ; e anticipava le impressioni ripor–

tate dal «Parlamento», il foglio di Michele Amari e Fran–

cesco Paolo Perez, che nel n. l del 26 marzo sottolineava

come in «Piemonte s'era pubblicato lo statuto fondamen–

tale della costituzione, e i popoli ne furono scontenti.

Allora il ministero diede la sua dimissione in massa L..

J

La notizia dell'incarico dato e la promessa della riforma

dello statuto fece cessare in Genova le grida tumultuose e

le pretese pel ritorno dell'antica repubblica».

9

«Confidiamo che quei principi che dettero il segnale

del Risorgimento d'Italia non vogliano lasciare a mezzo

l'opera da loro cosÌ bene cominciata. Essi sanno certamen–

te che per ridurre, mercé la confederazione, l'Italia nazio–

ne possente, temuta e felice,

è

mestieri che tutti gli stati

confederati abbiano

il

medesimo reggimento politico».

«L'Amico del popolo», a. I, n. 9,7 febbraio 1848, p. 34.

IO

«Una lettera di Genova annunzia di essere colà arri–

vato

il

birro Vial. Il popolo di Genova ha fatto quella giu–

stizia che toccava a noi». «Il cittadino, giornale poligrafi–

co-politico della Sicilia», a. I, n. 57 , 27 marzo 1848, p.

228.

Il

«È uscito lo statuto fondamentale. Qui non piace,

anzi ha contribuito al malcontento universale».

lvi,

n. 59,

29 marzo 1848, p. 236. Ma vedi anche la lettera di un

genovese ai palermitani, nella quale si ricorda come «i

popoli italiani hanno formata la lega, senza che si regi–

strasse in alcun protocollo sino dal tempo in cui gemeva–

no tutti sotto

il

giogo dell'assolutismo».

lvi,

n. 63,3 aprile

1848, p. 251.

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