

All' amore per le forme potremmo collegare lo sfrenato purismo che Scialoja vedeva
coltivato in Piemonte, che induceva molti a scrivere (lo segnala al Mancini) «secondo
grammatica, e non altrimenti che se scrivessero una lingua morta».
Nelle osservazioni si bilanciavano apprezzamenti e riserve. Si trattava di impressio–
ni più che di giudizi, dal momento che Scialoja da meno di un mese era stato catapul–
tato in un ambiente tanto diverso da quello abituale, e sarebbe interessante sapere in
qual misura sarebbero state confermate dalla frequentazione del mondo torinese, che
gli mantenne intatti stima ed affetto. Fa riflettere, intanto, il distaccato commento alla
gioia del Petitti per i riconoscimenti ricevuti dai sovrani di Prussia e di Francia, «poi–
ché pei piemontesi, senza eccezione alcuna, i titoli e gli onori stanno al di sopra di
qualunque compenso e di ogni altro sentimento»: evidentemente il napoletano non
comprendeva che in un paese dove è alto il senso dello stato titoli ed onori sono la
manifestazione evidente della pubblica lode.
Sume superbiam quaesitam meritis,
diremmo con Orazio.
Anche ai più alti livelli e con la massima disponibilità !'incontro tra due mentalità
non fu facile. Forse le qualità positive della vita pubblica piemontese torneranno in
mente a Scialoja durante il suo impegno politico a Napoli nel breve esperimento costi–
tuzionale. Poi, con lui, la Torino del
re galantuomo
accoglierà tanti ingegni meridiona–
li, da un Mancini a un De Sanctis, e con rinnovato fervore si preparerà un awenire
comune alle patrie regionali.
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