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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
rili di particolare rilievo. Le torri angolari, considerate in senso antio-
rario da sud-ovest, erano quelle di San Pietro, San Brizio, San Lorenzo
e Sant’Andrea. Vicino alla torre di San Brizio vi era la torre di Biglio
della Rovere, personaggio di spicco nella oligarchia del
xii
secolo che ve-
niva ricordato nella toponomastica ancora in epoca tardomedievale
3
; nel
tratto settentrionale delle mura vi erano le torri del Vescovo, della Por-
ta
Palacii
, di San Michele, della Porta Pusterla. Probabilmente nel seg-
mento occidentale si trovavano invece le due torri che vennero indica-
te negli ultimi anni del Trecento come «vicino alla casa di Giovanni Pon-
cio» e «vicino all’area delle monache»
4
.
Le porte urbane erano numerose, difese da fossati e barbacani, ma
non sempre tutte venivano aperte a causa dei costi considerevoli della
manutenzione e della custodia. Gli ingressi principali erano ancora quel-
li di origine romana. A ovest l’antica porta pretoria, ormai chiamata da
secoli Porta Segusina, era il punto di raccordo dei diversi itinerari che,
oltrepassata Rivoli, portavano alla valle di Susa e alla Francia
5
; opposta
a questa, la porta decumana era stata inglobata, almeno dal
x
secolo, in
una dimora fortificata a fianco della quale, verso sud, era stata aperta la
Porta Fibellona che conduceva al ponte sul Po
6
. La porta
principalis si-
nixtra
aveva preso il nome di Porta Doranea o
Palacii
, manteneva una
notevole importanza come punto di arrivo delle strade per Vercelli e Pa-
via e per Ivrea
7
. L’ultima porta romana, nella cortina meridionale, era
chiamata Porta Marmorea e sicuramente era meno importante delle al-
tre, poiché estranea agli itinerari a carattere interregionale.
Anche nel sistema viario cittadino erano ancora fondamentali gli an-
tichi cardine e decumano massimi, sul tracciato delle attuali via Porta
Palatina - via San Tommaso e via Garibaldi. Soprattutto quest’ultima,
che collegava la Porta Segusina con la Porta Fibellona, era il vero asse
di attraversamento della città. Veniva chiamata
strata publica
per anto-
nomasia e al centro vi scorreva una
duria
, canale con acqua corrente, da
cui prese in seguito il nome di Dora Grossa. Il
cardo maximus
invece ri-
3
t. rossi
e
f. gabotto
,
Storia di Torino
, Torino 1914 (BSSS, 82), Appendice;
m. t. bonardi
,
Dai catasti al tessuto urbano
, in
comba
e
roccia
(a cura di),
Torino fra Medioevo e Rinascimento
cit.,
pp. 63-66.
4
ASCT,
Ordinati
, 27, c. 85
r
(26 novembre 1386); 28, c. 74
v
(26 agosto 1387); 29, cc. 18
v
(26
gennaio 1388), 20
v
(29 gennaio 1388).
5
m. c. daviso di charvensod
,
I pedaggi nelle Alpi occidentali
, Torino 1961, pp. 338-39.
6
a. a. settia
,
Un castello a Torino
, in «BSBS»,
lxxxi
(1983), p. 18;
f. rondolino
,
Il castello
di Torino (Palazzo Madama nel Medioevo)
, in «Atti della Società Piemontese di Archeologia e Bel-
le Arti»,
xiii
(1932), p. 3.
7
r. bordone
,
Città e campagna nell’età comunale
, in
v. castronovo
(a cura di),
Storia illustra-
ta di Torino
, I:
Torino antica e medievale
, Milano 1992, p. 141.