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sultava meno importante poiché tra la Porta Doranea e il centro citta-

dino vi era una pluralità di percorsi anche obliqui che interessavano la

zona del mercato, e lasciavano a margine il tratto meridionale della via,

al termine della quale, come si è già ricordato, la Porta Marmorea non

immetteva su strade di rilievo.

Esistevano altre porte minori: a nord, in corrispondenza dell’attua-

le via delle Orfane, si apriva la Porta Pusterla; più a est, dove ora via

Milano si innesta in piazza della Repubblica, vi era la Porta di San Mi-

chele, che prendeva il nome da una vicina chiesetta dipendente dall’ab-

bazia della Chiusa; vicino all’angolo nord-orientale della città la Porta

del Vescovo permetteva di raggiungere i possedimenti extraurbani ver-

so la Dora. Un’altra porta, utilizzata probabilmente dagli abitanti degli

isolati circostanti, aveva il nome di Biglio della Rovere e si trovava vi-

cino alla torre già citata. Tra la Porta Marmorea e l’angolo sud-occi-

dentale della città infine vi era la Porta Nuova, attestata dal

xii

secolo.

Sull’impianto di origine romana fin qui ricordato si era innestata, al-

meno dal

xii

secolo, la ripartizione del tessuto urbano in quattro quar-

tieri, secondo un tracciato originale che vedeva come linee di riferimento

la strada pubblica e l’asse di raccordo tra la Porta di San Michele e la

chiesa di San Martiniano, dove forse di trovava la Porta Nuova: le aree

così definite avevano superfici spazialmente omogenee

8

. Anche la topo-

nomastica relativa si era in parte sganciata dalla predominanza dei ma-

nufatti antichi: le circoscrizioni prendevano il nome infatti di Porta Pu-

sterla a nord-ovest, Porta Doranea a nord-est, Porta Marmorea a sud-

est e Porta Nuova a sud-ovest.

Lo spostamento del

cardo maximus

non è l’unica modifica di rilievo

avvenuta in età medievale alla struttura viaria: non solo i margini delle

vie vennero erosi nel corso dei secoli dalle costruzioni che tendevano ad

appropriarsi sempre più dello spazio pubblico, ma la diffusione delle aree

coltivate, probabilmente in età altomedievale, all’interno delle mura de-

terminò la frantumazione delle

insulae

antiche in alcune zone periferi-

che, dove maggiore era la presenza degli orti, come dimostra lo studio

dei catasti, e dove forse erano più tangibili le modificazioni del tessuto

abitativo in conseguenza della maggiore o minore pressione demografi-

ca

9

. Nel 1257 ad esempio la via interna adiacente alle mura risultava in

parte ostruita da edifici privati tanto da diventare inutilizzabile per la

difesa, così che il Maggior Consiglio deliberò l’abbattimento di tutte le

La città e il suo territorio

9

8

r. roccia

,

Quartieri e carignoni: le circoscrizioni amministrative urbane

, in

comba

e

roccia

(a cura di),

Torino fra Medioevo e Rinascimento

cit., pp. 41-54.

9

bonardi

,

Dai catasti al tessuto urbano

cit., pp. 79-80, 94-95, 100.