

pare quindi l'accenno di Della Corte
alla «competenza
in utroque»
per la
quale «si distinse subito, sia dai molti
che restavano nel campo teatrale, sia
dai pochi [ ... ] che a lor volta si dedi–
cavano a quello concertistico»
(12).
(Ma
forse un nome, trascurato, è d'obbligo
nel riferimento storicistico: Luigi Man–
ci
nelli, fervido animatore di falangi or–
chestrali, illuminato apostolo wagneria–
no, ma eclettico quanto basta per assi–
curarsi un posto di preminenza fra i
grandi direttori d'ogni tempo e paese).
Al primo, seguirono naturalmente molti
altri concerti diretti da Toscanini sia al
Teatro Regio sia al Teatro Vittorio: due
nel dicembre '96, cinque nel marzo '97,
tre nel marzo '98 (di cui uno ,interamen–
te dedicato a musiche wagneriane), e so–
prattutto, in occasione dell'Esposizione
Internazionale, la bellezza di quaranta–
tre concerti compresi fra
il
maggio e
l'ottobre del medesimo anno 1898. Im–
presa questa davvero eccezionale anche
sotto
il
profilo della fatica puramente
fisica, che torna a onore non solo di
Toscanini ma anche di quell'instancabi–
le animatore della vita musicale torine–
se e fervido estimatore del Maestro che
fu Giuseppe Depanis (figlio dell'impre–
sario Giovanni e impresario lui stesso,
di cui proprio quest'anno ricorre
il
25°
anniversario della morte),
il
quale,
ma·
gna pars
della ricostituita Società dei
Concerti, seppe imporsi ai dubbi e al–
le perplessità di molti nel dare incondi–
zionata fiducia al trentunenne direttore.
Il quale, per parte sua, nella scelta dei
programmi, non dovette certo trascura–
re nè la consapevolezza delle modeste
condi2'Jioni della cultura musicale italia–
na in quel tempo, nè la previsione del
tipo di pubblico (non certo
d'élite)
che
a quei concerti avrebbe presenziato. Di
qui, accanto alla giusta considerazione
per i classici (anche se la loro presenza
parve meno rilevante di quanto ci si
sarebbe potuto attendere, per il limi–
tato numero delle composizioni esegui–
te: di Mozart, per esempio, soltanto la
Jupiter
e la ouverture del
Flauto magi-
Copertina dello spartito di
Son gelosa! ,
una delle pochissime composizioni di Toscanini:
la romanza venne cantata per la prima volta da Adele Borghi
la sera del
14
aprile
1889,
al Carignano
16741-
L.
~.BO
Tort'lO· Giudici
(!
,
co),
l'ampia parte data ai recenti e ai
contemporanei, dai maggiori (non però
Strauss e Mahler) ai minori, persino ai
minimi, e oggi dimenticati, quali, ad
esempio, Stanford e Cowen, Orefice e
Bazzini, Celega e Foroni, Bolzoni e To–
si. Segno indubbio di intelligente aper–
tura mentale e di tenacia nello studio
nonchè di straordinaria facilità nell'ap–
prendere (com'è noto il Maestro diri–
geva tutto a memoria), ma anche, evi–
dentemente, di insufficiente maturazio–
ne nel saper sceverare
il
reale valore
delle musiche scelte:
il
che avvenne so–
lo più tardi, quando cioè Toscanini, « in
altre condizioni ambientali, provò con
la selezione degli autori e con la predi–
lezione d'un ristretto ma eccellente re–
pertorio,
il
suo nuovo gusto e l'estetico
aristocraticismo »
('3).
Grandissimo interprete
Mancheremmo al nostro compito di infor–
matori obiettivi se a questo punto non
accennassimo all'ulteriore attività torine–
se di Toscanini quale concertatore e di–
rettore d'opera, e più specificamente al–
le prime rappresentazioni locali di
An–
drea Chénier
(primo incontro del Mae–
stro con
il
repertorio di Giordano, auto–
re a lui piuttosto congeniale, del quale
volle poi tenere a battesimo le tre ulti–
me opere,
Madame Sans-Géne
[1915]
al Metropolitan,
La cena delle beffe
[1924] e
Il
re
[1929] alla Scala), di
Sansone e Dalila
e, soprattutto, di
Tri–
stano e Isotta,
che «gli diede agio di
mostrare più acuta l'intelligenza », per
cui
il
pubblico, che «intese la vigoria
dell'interpretazione, l'illuminata concer–
tazione, lo compensò con ovazioni d'inu–
sitata intensità»
('4).
Ovazioni che val–
sero a sanzionare definitivamente l'accer–
tata capacità di Toscanini di emergere
e affermarsi grandissimo interprete, tan–
to in Verdi quanto in Wagner, avendo
«dell'uno come dell'altro operista in-
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