

per quelli del Borgo; esempi ragguarde–
voli dell'architettura dei primi cinquan–
t'anni dell'Ottocento. Ricordo tra i più
indicativi
il
palazzo d'Angennes (di
fianco al teatro già omonimo), all'an–
golo di via Principe Amedeo e via San
Francesco da Paola, di sovrana compo–
stezza e mirabile nell'accordo di tutte
le membra - fu costruito da Ferdi–
nando Caronesi nel 1836 -; e la pa–
lazzina Rossi
di
Montelera nel cortile '
di Corso Vittorio Emanuele II num. 42-
44, che nella limpida facciata rievoca,
più di ogni altra costruzione coev·a, fan–
tasie settecentesche - fu costruita dal–
l'architetto Alessandro Antonelli (1825)
su precedenti disegni di Gaetano Lom–
bardi.
A quel medesimo carattere e a quel
configurarsi così particolare, che 'fivela–
no i palazzi, erano ispirati anche i
teatri costruiti nella Torino del primo
Ottocento, o intorno alla metà del se·
colo: ambienti più modesti di propor–
zioni rispetto alle analoghe costruzioni
settecentesche sorte ancora nel clima
di Corte; ma squisiti nella loro eleganza
e ben armoniosi. Purtroppo è questa
una pagina della nostra storia architet–
tonica ormai quasi del tutto cancellata:
scomparsi
il
Gel'bino (architetto Giu–
seppe Leoni, 1857) e
il
Nazionale (ar–
chitetto Felice Courtial, 1848); rifatto
il
Teatro Alfieri (architetto Barnaba Pa–
nizza, 1855); trasformato l'antico Scri–
be - poi Teatro
di
Torino - (archi–
tetto Giuseppe Bollati, 1856); bruciato
il più antico Sutera - poi Rossini -
(architetto Giuseppe Talucchi, 1828);
adibito a cinema e del tutto trasfor–
mato l'interno del Teatro d 'Angennes
- poi Gianduia - (architetto Giacomo
Pregliasco, 1821); rimane unico esem–
pio dei piccoli , raccolti teatri ottocen–
teschi quello dell'Accademia Filodram–
matica - ora Teatro Gobetti -. So–
pravvive, è vero, la facciata del Teatro
d'Angennes, ma solo come superstite,
reliquia di una vita del tutto perduta.
L'Accademia Filodrammatica fu eretta
dall'architetto Giuseppe Leoni nel 1840.
Palazzo Stalla,
uno dei più tipici esempi
di edificio neoclassico
a Torino
opera forse
dell'ingegner Petitti;
fondale luminoso
fU
un lato di piazza Cavour
Si presenta in facciata di strutture non
diverse da quelle dei palazzi, e inter–
pretate in modo nitido e raffinato. Nel–
l'interno è di squisito gusto
il
vestibolo
ovale; elegantissima la sala, terminata da
esedra ricurva, e scandita tutt'intorno dal
ripetuto ritmo di sottili lesene.
Accanto ad edifici di questo carattere,
che si pongono come risultato di por–
tata essenziale, e il più alto, del neoclas–
sicismo a Torino, altri ne furono co–
struiti d'intenti e di forme più solenni:
primi fra tutti quelli sorti per diretta
volontà del re. L'architetto che più la–
vorò per il re Carlo Alberto fu Palagio
Palagi; e l'opera di maggior rilievo da
lui condotta fu la sala da ballo costruita
in Palazzo Reale (1835-1842); ambiente
particolarissimo, che pur con decora–
zioni di straordinaria finezza riesce ad
un'eleganza fredda , da cerimoniale. Vi
si respira un'atmosfera rarefatta, tanto
diversa da quella cos1 intima e raccolta
delle costruzioni che sorgevano fuori del–
la Reggia; ma non priva di un suo fa–
scino. Un modo più libero rivela al. con–
fronto l'Odeo del Talucchi sorto nei me–
desimi anni (1838), e come salone di
musica dell'Accademia Filarmonica.
L'architetto Giuseppe Talucchi esercitò
larga attività in Torino. Oltre l'Odeo ed
edifici di abitazione privata, a lui si de–
vono i due ospedali a Torino costruiti
nel primo Ottocento: l'ospedale di San
Luigi (ora sede dell'Archivio di Stato),
costruito nel 1818, e
il
manicomio di
San Giulio, iniziato nel 1828. Legato al–
le particolari esigenze degli edifici ospe–
dalieri,
il
Talucchi vi realizzò un'archi–
tettura semplice, ben ordinata; rivelan–
do per altro nell'ospedale di San Luigi
anche soluzioni originali, come nella mo–
numentale facciata sul lato destro , che
dava accesso alla chiesa.
Ma il capolavoro del Talucchi rimane la
sacrestia nuova di San Filippo, grande
vano ben proporzionato, luminoso e se–
reno. Dovette sorreggere la sua ispira–
zione un primo progetto, non realizzato ,
del Juvarra; e soprattutto
il
modello
dell'ampia aula juvarriana della chiesa,
cui certo egli guardò, attuandone un'in–
terpretazione in chiave neoclassica.
Vittoria Moccagatta
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