

Professor G ...seppe Lonaberto:
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Mi pare di capire che tutte le forze po–
litiche che parlano oggi di consigli di
quartiere, pongano l'accento più sul ca–
rattere democratico popolare di questa
istituzione che non sull'aspetto di de–
centramento burocratico che è conna–
turato alla creazione dei Consigli.
Eppure solo qualche anno fa, quando
con l'ono Mussa Ivaldi e con altri col–
leghi parlammo per la prima volta in
Consiglio Comunale di Consigli di quar–
tiere, io ricordo che il problema era
visto soprattutto come problema di de–
centramento burocratico, come esigenza
di dare alla cittadinanza i servizi che
il
Comune deve erogare in modo decen–
trato e quindi più comodo.
Ricordo che, allorché parlammo per la
prima volta di consigli di quartiere, era–
vamo ispirati da motivi di ordine po–
litico o democratico. Correvano anni ab–
bastanza infelici per la nostra democra–
zia, la quale pareva esprimere dal suo
interno forze che in quel momento ave–
vano carattere eversivo.
lo credo che tutti gli 80 Consiglieri Co–
munali di Torino avvertano lo stato di
disagio in cui si trova chi è eletto Con–
sigliere Comunale essendo privo di con–
tatti con i propri elettori per 4-5 anni.
salvo poi ad incontrare nuovamente i
propri elettori nella campagna succes–
siva. Vedemmo allora i Consigli di quar–
tiere come uno strumento per sanare
lO
questo divorzio, per far rinascere con
una istituzione di base l'interesse della
opinione pubblica per le istituzioni de–
mocratiche, vedemmo i Consigli di
quartiere come veicolo dell'interessa–
mento della cittadinanza per le cose del–
la Civica Amministrazione: fare in mo–
do che i cittadini si sentissero essi stes–
si, tramite i Consigli di quartiere, gli
attori di ciò che si sarebbe concluso
nella Sala Rossa .
Quindi problema di ricostruzione demo–
cratica, i Consigli di quartiere intesi co–
me strumento di ricostruzione democra–
tica, questo era il movente che ispirava
la proposta di deliberazione che presen–
tammo nel 1964 e ripresentammo in
epoca più recente quando l'Amministra–
zione era già presieduta dal Sindaco pro–
fessor Grosso.
lo credo ancora oggi che il problema
fondamentale sia questo: se dobbiamo
fare i Consigli di quartiere, al di là del
carattere funzionale, pratico che devo–
no avere, dobbiamo guardare al feno–
meno del ristabilimento del contatto tra
eletti ed elettori, un veicolo per ridare
fiducia alla popolazione. Può essere
il
Consiglio di quartiere una scuola per
la democrazia? Se riuscissimo a fare di
questi Consigli di quartiere, scuole di
democrazia, probabilmente avremmo as–
solto al compito fondamentale che ci
eravamo proposti. Dico questo anche
perché probabilmente molte obiezioni
possono essere mosse ad una concezione
orizzontale dell'organizzazione del Co–
mune e delle sue strutture. Probabil–
mente una organizzazione verticale è da
preferirsi, risponde ad esigenze funzio–
nali forse migliori di quante non possa
offrire il sistema orizzontale. Purtutta–
via io credo che valga la pena di ten–
tare questo esperimento.
I!
Sindaco poneva un problema fonda–
mentale: dal momento che vogliamo fa–
re i consigli di quartiere, esistono que–
ste comunità di vita organizzata comu–
nitaria, c'è una vita organizzata comu–
nitaria nei nostri borghi?
È
fuor di dub–
bio che essa è andata scomparendo.
Forse è stato proprio l'ono Arnaud a
pronunciare anni fa in Consiglio questa
frase famosa: i torinesi ormai si sono
chiusi - la sera - nelle loro case a
meditare sulle rate che devono pagare
per il televisore e l'automobile.
Finita l'epoca delle cambiali e delle rate,
credo si sia superata la situazione alla
quale alludeva l'allora consigliere demo–
cristiano, ma i torinesi continuano a vi–
vere tappati nelle loro case.
I!
pericolo più grosso che possiamo cor–
rere oggi, istituendo i consigli di quar–
tiere, è di creare qualcosa di artificioso
che poi non regga e non sopperisca nep–
pure alle necessità che ispirano la isti–
tuzione.
Direi che le forme di vita comunitaria
ed associativa a Torino ormai sono po–
chissime. Esistono ancora alcune vec–
chie Unioni Filarmoniche e Società Spor–
tive che non servono più alla vita co–
munitaria.
Se noi creassimo un organismo che fosse
soltanto artificioso, non basato sulla real–
tà, probabilmente sbaglieremmo tu tto ,
aggiungendo nuovi mali a vecchi mali.
È
problema tutto da discutere.
Sarebbe stato interessante che
il
Con–
siglio Comunale lo avesse fatto in que–
sti ultimi anni.
Personalmente sono convinto che il de–
centramento burocratico, l'istituzione dei
centri periferici dei servizi comunali, co-
stituiranno forse un sostrato sul quale
si possono impiantare i consigli di quar–
tiere.
Non sarà possibile ignorare questa nuo–
va realtà.
Credo comunque che allo stato delle co–
se dovremmo trarre delle conclusioni
pessimistiche e dovremmo concludere
che molti dei mali, che affliggono il no–
stro sistema democratico, sono ben lon–
tani dal trovare una prossima soluzione
la quale non lasci spazio ad avventure
ed a forme di eversione che già gli ita–
liani hanno voluto respingere.
Infine, se noi arriveremo a formare Con–
sigli di Quartiere, credo che l'unico
modo adesso sia - per rispondere al
prof. Grosso - quello di eleggerli da
parte del
C. C.
proporzionalmente alla
forza dei singoli gruppi.
La proposta di elezioni di secondo gra–
do da parte del
C.c.
deve essere una
forma transitoria, per poi passare diret–
tamente al voto da parte dei cittadini.
Giuseppe Lamberto
Carta topografica di Torino
con le circoscrizioni delle parrocchie:
nella tavola a sinistra,
le parrocchie e i luoghi «rimarchevoli»
dei borghi cittadini;
a destra,
le parrocchie del territorio di
T
orino