

più intensamente alla periferia che al
centro. A Bologna si sono istituiti in
un primo tempo i 14 quartieri esterni
alla cerchia delle mura storiche, e i 4
quartieri del centro sono venuti solo
più tardi. A Torino le iniziative spon–
tanee che vanno sorgendo non sorgono
alla Crocetta o nell'Oltre Po, ma a Pa–
rella e a Vanchiglietta, alla Falchera e a
Mirafiori . Qui la necessità di organismi
democratici locali è più fortemente sen–
tita, perchè in queste zone l'immigrazio–
ne degli anni scorsi ha prodotto una
crescita rapida della popolazione, alla
quale i servizi pubblici non hanno po–
tuto tenere dietro. Perciò esiste oggi
fra
il
centro e la periferia una disparità
di servizi comunali che deve essere pro–
gressivamente eliminata, e i Consigli di
quartiere potranno svolgere un'azione
utile in questo senso, informando e sol–
lecitando gli organi centrali dell'ammi–
nlstrazione.
Il fine dei Consigli di quartiere non deve
essere quello di arrivare nel comune ad
un decentramento di potere impossibile
in base alla legislazione vigente; ma quel–
lo di realizzare un miglior funzionamen–
to del potere centrale del comune me–
diante lo scambio di proposte e pareri
con le varie comunità locali che com–
pongono la città.
C'è ancora un punto da toccare.
È
na–
turale che le città che si dispongono ad
istituire i quartieri assumano come ter–
mine di riferimento l'esperienza di Bo–
logna, che è stata la prima in Italia e
rimane quella vissuta con maggiore in–
tensità politica. Ma a Torino l'imitazio–
ne di quella esperienza non basterebbe.
Il problema della cintura non esiste a
Bologna nelle forme macroscopiche che
esso ha a Torino. La nostra città è di–
ventata, a seguito dell'urbanesimo indu–
striale, un centro direzionale la cui pe–
riferia si estende ben oltre i confini da–
ziari. Fa capo a Torino una serie di
località costituite in comuni autonomi.
Perciò, se da un lato vi è l'esigenza di
creare un organismo democratico nei
quartieri compresi nel territorio del co-
14
mune, d'altro lato vi è la necessità di
coordinare le grandi scelte amministra–
tive dei centri della cintura che sono
comuni autonomi: la questione del de–
centramento comunale va abbinata e
completata con la prospettiva della
«grande Torino
».
Vorrei rispondere, per finire, ad un ri–
lievo che è stato sollevato da più parti
in questo dibattito, e cioè che l'inizia–
tiva dei quartieri non spetta al comune
il quale deve limitarsi ad aiutare le ini–
ziative che nascono spontaneamente dal
basso . A mio giudizio, non si può conce–
dere un eccesso di fiducia alla creatività
spontanea della democrazia diretta. Gli
esperimenti che si sono avviati, come
ricordavo poc'anzi,
in
alcune parti della
città, in realtà partivano sempre dall'ini–
ziativa di forze popolari non di partito
ma tuttavia fortemente politicizzate, qua–
li le ACL! e i sindacati. Queste forze
popolari possono dare un grande con–
tributo alla vita dei quartieri, ma se la
rappresentanza dei quartieri dovesse re–
stare affidata unicamente ad esse è evi–
dente che molte componenti delle co–
munità locali non avrebbero modo di
esprimersi e si conseguirebbe perciò non
una espansione, ma una riduzione del
pluralismo che deve essere invece
il
più
largo possibile. I Consigli di quartiere
decadrebbero a strumento dei gruppi di
pressione di massa.
Anche per queste ragioni
è
necessario
che
il
consiglio comunale affronti al
più presto la discussione delle proposte
presentate da quasi tutti i gruppi con–
siliari per la nomina della commissione
di studio per il decentramento comu–
nale.
Valerio Zanone
Veduta aerea del
3]0
quartiere costruito dall'Istituto
Autonomo Case Popolari
in corso Taranto;
gli edifici sono realizzati
con elementi prefabbricati