Table of Contents Table of Contents
Previous Page  232 / 652 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 232 / 652 Next Page
Page Background

più intensamente alla periferia che al

centro. A Bologna si sono istituiti in

un primo tempo i 14 quartieri esterni

alla cerchia delle mura storiche, e i 4

quartieri del centro sono venuti solo

più tardi. A Torino le iniziative spon–

tanee che vanno sorgendo non sorgono

alla Crocetta o nell'Oltre Po, ma a Pa–

rella e a Vanchiglietta, alla Falchera e a

Mirafiori . Qui la necessità di organismi

democratici locali è più fortemente sen–

tita, perchè in queste zone l'immigrazio–

ne degli anni scorsi ha prodotto una

crescita rapida della popolazione, alla

quale i servizi pubblici non hanno po–

tuto tenere dietro. Perciò esiste oggi

fra

il

centro e la periferia una disparità

di servizi comunali che deve essere pro–

gressivamente eliminata, e i Consigli di

quartiere potranno svolgere un'azione

utile in questo senso, informando e sol–

lecitando gli organi centrali dell'ammi–

nlstrazione.

Il fine dei Consigli di quartiere non deve

essere quello di arrivare nel comune ad

un decentramento di potere impossibile

in base alla legislazione vigente; ma quel–

lo di realizzare un miglior funzionamen–

to del potere centrale del comune me–

diante lo scambio di proposte e pareri

con le varie comunità locali che com–

pongono la città.

C'è ancora un punto da toccare.

È

na–

turale che le città che si dispongono ad

istituire i quartieri assumano come ter–

mine di riferimento l'esperienza di Bo–

logna, che è stata la prima in Italia e

rimane quella vissuta con maggiore in–

tensità politica. Ma a Torino l'imitazio–

ne di quella esperienza non basterebbe.

Il problema della cintura non esiste a

Bologna nelle forme macroscopiche che

esso ha a Torino. La nostra città è di–

ventata, a seguito dell'urbanesimo indu–

striale, un centro direzionale la cui pe–

riferia si estende ben oltre i confini da–

ziari. Fa capo a Torino una serie di

località costituite in comuni autonomi.

Perciò, se da un lato vi è l'esigenza di

creare un organismo democratico nei

quartieri compresi nel territorio del co-

14

mune, d'altro lato vi è la necessità di

coordinare le grandi scelte amministra–

tive dei centri della cintura che sono

comuni autonomi: la questione del de–

centramento comunale va abbinata e

completata con la prospettiva della

«grande Torino

».

Vorrei rispondere, per finire, ad un ri–

lievo che è stato sollevato da più parti

in questo dibattito, e cioè che l'inizia–

tiva dei quartieri non spetta al comune

il quale deve limitarsi ad aiutare le ini–

ziative che nascono spontaneamente dal

basso . A mio giudizio, non si può conce–

dere un eccesso di fiducia alla creatività

spontanea della democrazia diretta. Gli

esperimenti che si sono avviati, come

ricordavo poc'anzi,

in

alcune parti della

città, in realtà partivano sempre dall'ini–

ziativa di forze popolari non di partito

ma tuttavia fortemente politicizzate, qua–

li le ACL! e i sindacati. Queste forze

popolari possono dare un grande con–

tributo alla vita dei quartieri, ma se la

rappresentanza dei quartieri dovesse re–

stare affidata unicamente ad esse è evi–

dente che molte componenti delle co–

munità locali non avrebbero modo di

esprimersi e si conseguirebbe perciò non

una espansione, ma una riduzione del

pluralismo che deve essere invece

il

più

largo possibile. I Consigli di quartiere

decadrebbero a strumento dei gruppi di

pressione di massa.

Anche per queste ragioni

è

necessario

che

il

consiglio comunale affronti al

più presto la discussione delle proposte

presentate da quasi tutti i gruppi con–

siliari per la nomina della commissione

di studio per il decentramento comu–

nale.

Valerio Zanone

Veduta aerea del

3]0

quartiere costruito dall'Istituto

Autonomo Case Popolari

in corso Taranto;

gli edifici sono realizzati

con elementi prefabbricati