

Pro fessor Angelo Detragiache:
"il
problenaa dei
Consigli
di quartiere
va
inserito in una visione che tenga conto
delle trasfornaa=ioni della società"
Vorrei portare a conoscenza anzitutto
alcuni risultati di una ricerca di carat–
tere statistico-demografico condotta sul–
le ventitre ripartizioni statistiche in cui
si divide Torino; le ripartizioni stati–
stiche non rispettano realtà di quar–
tiere però i dati di queste elaborazioni
che mi propongo di esporre consentiran–
no ugualmente delle considerazioni im–
portanti sul tema oggetto della nostra
riunione.
Le rilevazioni statistiche a cui mi rife–
risco mostrano il grado di rinnova–
mento demografico delle varie ripar–
tizl0ni, cioè cercano di misurare il ricam–
bio di popolazione nelle ripartizioni:
morti e nati, movimento naturale, mo–
vimento migratorio verso la città, al di
fuori della città, cambiamento di resi–
denza, passaggi da una ripartizione sta–
tistica ad un'altra. Ebbene, i risultati di
queste elaborazioni su un numero suf–
ficientemente lungo di anni mostrano
che nelle quattro ripartizioni statistiche
che, grosso modo, costituiscono
il
cen–
tro della città,
il
ricambio medio annuo
di popolazione arriva al 40 per cento;
cifre abbastanza vicine a queste che ho
indicato, si raggiungono nei quartieri
di nuova costituzione dove il fenomeno
di immigrazione è molto grande.
E la percentuale di questo ricambio che
si ottiene nel maggior numero di ripar–
tizioni è pari al 25 per cento annuo.
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Questo ci dice che se noi pensiamo a
dei Consigli di quartiere, come organi–
smi che devono determinare una parte–
cipazione dei cittadini alla vita del co–
mune da avviarsi attraverso alla stabilità
fisica dei cittadini stessi, i quali risie–
dendo in un determinato quartiere, po–
trebbero essere favoriti nella presa di
contatto a problemi di quartiere, biso–
gna che noi facciamo i conti con questo
ricambio violento.
Chiediamoci se questo ricambio della
popolazione sia un fenomeno di carat–
tere contingente.
Se avessi tempo di analizzare i fattori
che determinano il ricambio della po–
polazione, immediatamente questa do–
manda sarebbe rimossa. La forte mobi–
lità è generata dalle trasformazioni d'uso
del territorio. In quindici anni la popo–
lazione delle ripartizioni centrali si
è
ridotta del 25 per cento.
La mobilità residenziale è dovuta al de–
centramento delle attività e inoltre al–
l'ascesa sociale, la quale determina la ri–
cerca di nuove località residenziali nella
città e nella periferia.
Gli itinerari di ascesa sociale corrispon–
dono assai strettamente con gli itinerari
residem~iali
salvo per aree molto limi–
tate che si configurano come aree na–
turali, le quali assumono per le popo·
lazioni che vi risiedono il valore di sim–
bolo dello stato sociale.
Di solito sono le popolazioni dello stra–
to sociale superiore e dello strato so–
ciale inferiore quelle per le quali le aree
assumono un valore simbolico.
Quindi direi che il complesso dei fat–
tori che determina
il
ricambio di popo–
lazione di cui i dati stavistici hanno de–
terminato i valori, sono dei fattori de–
stinati a mantenersi nel futuro; si può
dire che uno dei principali indicatori
di sviluppo della città, sia la mobilità
sociale e residenziale della popolazione.
Se questo è vero, ecco allora che ritorno
al nostro interrogativo iniziale: in che
misura possiamo noi stabilire dei consi–
gli di quartiere che abbiano la funzione
di aumentare
il
grado di partecipazione
dei cittadini alla amministrazione, alla
presa di coscienza dei problemi di am–
ministrazione della città? In effetti la
promozione dei cittadini alla vita del
comune e quindi alla vita della città
è
un problema
di
fondo davanti al qua–
le si sono trovate tutte le società che
sono passate da una struttura sociale
basata sui gruppi sociali primari, grup–
pi sociali di vicinato in cui l'individuo
è
noto con tutta la sua storia, a una so–
cietà complessa che si organizza sui
gruppi sociali di carattere funzionale in
cui l'integrazione dei cittadini con la
società non passa più attraverso i grup–
pi
di quartiere, ma si determina in
quanto lavoratori, in quanto fruitori del
tempo libero, e via di questo passo.
Per questo problema sono stati indi–
cati due grandi indirizzi di soluzioni,
abbandonando in generale
il
tentativo
di ricostruire in qualche modo l'unità
di quartiere che la forte mobilità,
la
trasformazione della struttura stessa del–
la società, sembra ridurre di importan–
za. Da una parte si punterebbe, secondo
l'indirizzo americano sull'associazione,
sulla ricostruzione della società dal bas–
so che avviene con la costituzione di
associazioni spontanee attraverso le qua–
li
il
cittadino si salda, si integra con la
società; un altro indirizzo è invece quel–
lo che sottolinea come il carattere stes–
so di questa nuova struttura sociale
è
quello di essere una società solo parzial–
mente integrata in cui l'individuo si in–
tegra con altri mai completamente, cioè
una società che se, per questo, è espo–
sta ad un pericolo di anomicità, è però
anche una società in cui la caratteristica
dinamica, la possibilità di sviluppo, di
evoluzione diventa elevatissima.
lo direi che tutta questa problematica
suggerisce di inserire
il
problema dei
Consigli di quartiere in una visione più
larga che tenga conto proprio delle tra–
sformazioni della società a cui mi ri–
ferivo.
Angelo Detragiache