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piamo, che sono ancora in di scussione

i problemi della piena applicazione del–

la Costituzione e della riforma dello

Stato. La situazione della istituzione co–

munale

è

poco dissimile da quell a dello

Stato. Anche qui esiste il Consiglio Co–

munale che

è

certamente più vicino al

volere dei cittadini per la sua stessa na ·

tura di istituzione locale, ma il Consi–

glio Comunale non può fare tutto,

non può esaurire tutte le istanze demo–

cratiche della città e non è così in grado

di filtrare tutte le esigenze più vaste

dell a popolazione. Anche qui esiste quin–

di una delega sostanziale che , attraverso

l'esecutivo, si esaurisce negli uffici del

comune per cui avviene che il rapporto

tra il cittadino e

il

comune si realizza

attraverso due canali fondamentali : l'ele–

zione del Consiglio Comunale ogni cin–

que anni, l'accesso agli uffici e il collo–

quio con gli amministratori.

Sono an tichi canali tradizionali , rimasti

tali , nonostante tutto quanto si è pro–

dotto nel nostro Paese in questi venti

anni e anche attraverso esperienze ten–

tate in passato (mi riferisco alle vecchie

consulte popolari).

Certo nella vita moderna dell 'ente lo–

cale esercita una sua funzione il canale

del partito politico che agisce sugli am–

ministratori raccogliendo la voce e gli

interessi degli iscritti e della pubblica

opinione. Esiste l'organizzazione sinda–

cale di categoria e le altre organizza–

zioni di categoria che portano alla pub–

blica attenzione e anche alla diretta co–

noscenza degli amministratori i pro–

blemi della popolazione. Esistono gli

organi di informazione che dibattono

pubblicamente i temi che interessano la

collettivi tà.

Ma se noi andiamo ad analizzare il fun–

zionamento effettivo di tutti questi or–

ganismi, ci accorgiamo che in generale

essi esauriscono una parte limitata di

problemi e li avanzano in una prospet–

tiva che non è sempre tale da consen–

tire la ricezione immediata da parte del–

l'ente locale, senza una nuova elaborazio–

ne che esso non appare poi sempre in

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condizioni di realizzare compiutamente.

Questo problema, vero in linea generale,

diventa ancora più intenso di fronte ai

grandi movimenti di popolazione, ad es .

come a Torino, Milano, Bologna, Ro ·

ma , ecc.

C'è il problema degli immigrati, di

quelli che partecipano per la prima

volta e senza esperienze formative alla

vita di una grande metropoli a cui so–

no estranei per tradizione, per cultura,

per temperamento, per abitudini.

C'è il problema di una intensa mobilità

della popolazione che non si arresta alle

soglie della città, che non consente l'in–

staurazione di rapporti durevoli e così

una rapida ed organica compenetrazione

con le nuove comunità e con l'Ente

locale.

Ci troviamo così di fronte ad una crisi

istituzionale dell 'ente locale che è deter–

minata sostanzialmente da una sua in–

capacità di raccogliere tutti i contributi

e tutte -le esigenze di tutti gli strati del–

la popolazione per tradurre in termini

di azione politica conseguente ed esau–

riente, le istanze reali della comunità.

In questa situazione, si impongono pro–

blemi e scelte portate da quelle forze

economiche i cui rappresentanti, per la

posizione che occupano nella vita della

città, hanno le maggiori possibilità di

intervento. Tutto ciò a danno delle ca–

tegorie più disagiate della popolazione

i cui problemi risultano meno avvertiti

dalla Amministrazione e quindi non suf–

ficientemente affrontati.

Il consiglio di quartiere, a questo pun–

to , può quindi essere l'organismo ca–

pace di conferire slancio alla parteci–

pazione dei cittadini, di far emergere

nuovi quadri dirigenti , di immettere una

linfa vitale in grado di far avanzare la

vita civile di tutta la comunità.

Sono quindi per una iniziativa immedia–

ta da parte dell'amministrazione comu–

nale di Torino che si proponga di isti–

tuire i Consigli di quartiere .

Si

è

parlato qui di crescita dal basso.

Non sarò certo io a negare il valore èe·

mocratico di una tale impostazione:

" .••i c onaitati esis tenti

possono ess e r e

c ons ide .·ati c o nae

i naportant i pu.ati

di parten:a

p e r

l'istltu:ione organ i c a

d ei futuri

Consi g li

di quar tie r e "

non credo possa però essere assunta

':0'

me linea di fondo per la nostra azione

a Torino, e mi consenta l'Avv. Dezani

che ha insistito su questa tesi di ribat–

tergli con le parole di Luigi Granelli

capogruppo consigliare della Democra–

zia Cristiana a Milano intervenuto a::l

un dibattito sull'argomento tenutosi in

quella città: Granelli definisce «inge–

nue e romantiche» le posizioni di cre–

scita dal basso e aggiunge: «queste po–

sizioni sono tali soprattutto quando ven–

gono prese come alibi per rinviare le

scelte ».

Noi sappiamo anche che nella città, per

iniziativa di alcuni cittadini di buona

volontà e sensibili a questo problema,

sono sorti dei Comitati di quartiere.

Si tratta di iniziative diverse le une dal–

le altre; abbiamo il Comitato civico

delle case Falchera il cui compito

è

es ·

senzialmente quello di presiedere al coor–

dinamento dei problemi ordinari colle–

gati alla sistemazione degli abitanti del

caseggiato e quindi non operante a li–

vello e per tutti i problemi del quartiere.

Abbiamo invece il Comitato di quartiere

della zona Vanchiglietta che si pone su

un terreno più qualificato, con un pro·

prio regolamento che è una cosa assai

interessante; si vede già l'embrione di

una organizzazione che cerca di fare

qualcosa di più.

Altre sono sorte in borgata Parella, Mi-

rafiori, Basse del Lingotto e altre zone.

Sono esperienze indubbiamente valide

che testimoniano la necessità di dare

corso all'iniziativa; dimostrano che

il

ter–

reno

è

fertile e che può dare buoni frutti.

Il loro limite sta nella mancanza di con–

tatti organici con l'Amministrazione co–

munale; esse sono ben lontane dall'ave–

re quel carattere istituzionale che in

altre città hanno invece assunto.

Ritengo che questi comitati esistenti va–

dano considerati come importanti punti

di partenza per la istituzione organica

dei Consigli di quartiere.

Con maggiore attenzione dovremmo

guardare alle altre esperienze : quelle in

atto a Bologna, Milano, Roma , Venezia,

Reggio Emilia, Palermo, Bolzano; po–

tremo trarre utili indicazioni per la no–

stra città.

Quella di Bologna viene unanimemente

indicata come la migliore; qui , nei quar–

tieri delimitati, sono sorti « Centri Ci–

vici» in cui si realizza il decentramen–

to dei servizi e l'attività politica dei Con–

sigli.

Non ho

il

tempo e non è mi.a intenzio–

ne di proporre qui un regolamento; de–

sidero solo sottolineare un elemento che

si differenzia da tutte le altre esperienze

in atto. Esso prende lo spunto da indi–

cazioni che emergono dalle spontanee,

ma molto interessanti, attività e propo–

ste dei comitati torinesi esistenti o in