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non lo posso dire ma che questa sia ope–

ra da iniziare è indispensabile.

Non ci devono scoraggiare gli insuccessi

iniziali e le difficoltà, ma è altrettanto

certo però che così ciascuna creatura

può esprimersi come cittadino e diven–

tare parte viva di questo discorso che il

Comune deve affrontare, e poiché lo

deve affrontare sulla vastità della città,

evidentemente l'atto più coraggioso, se–

rio, razionale è prescindere dai Partiti

per ritornare ai Partiti.

È

anche un atto di educazione demo–

cratica degli stessi partiti, perchè dato

che la città è rimasta disorganizzata,

questo piano regolatore umano diventa

uno choc per la città stessa e può di–

ventarlo anche per i partiti.

Non si può fare per esempio di un

Consiglio di quartiere una specie di

succursale partitica o un comprensorio

di voti, bisogna cominciare dalla realtà

e dall'attività sociale che ha generato i

partiti.

I cittadini, purchè noi sappiamo pre–

sentare loro la condizione umana, ri–

sponderanno all'appello; bisogna vedere

come il Comune possa appellarsi a loro:

appello generale, discorso del Sindaco,

illustrazioni da mandare a casa, forme

diverse di comunicazion:, raccolta suc–

cessiva delle risposte che possono ve·

nire dalla cittadinanza.

Qualcuno può muoversi per difesa im–

mediata di interessi, altro per risve–

glio vivo

di

interessi democratici latenti.

Certamente l'operazione si deve fare e

certamente è bene farla con questa

coraggiosa iniziativa di risvegliare in–

teresse civico nell'animo dei cittadini.

Sta a noi trovare la forma migliore per

fare questi consigli di quartiere che

avranno poi senz'altro la loro caratteriz–

zazione politica.

I. partiti si muoveranno, c'è già un certo

tIpo

di sollecitazione inevitabile, occorre

aggiungere l'altra sollecitazione che chia–

ma a democratizzarsi la popolazione

cosidetta apartitica, perchè politica è

sempre.

Malilde Di Pietrantonio

Dottor Va'er i o Za,aone :

" ofFrire a' c i ttadi no n u o .,i s'r,u n e n ti

per

i n'e r .,enire n e lla "i'a

p.i bbUca ;

ne ' rarran no "an' a99i o a nch e i par' i ti"

L'istituzione dei consigli di quartiere

nella città di Torino richiede un appro–

fondito esame preliminare perchè una

volta che i consigli fossero costituiti,

non si potrebbe tornare indietro e

il

loro fallimento o

il

loro cattivo funzio–

namento creerebbe un motivo perma–

nente di difficoltà all'amministrazione

civica.

Contro questi organismi democratici,

ignoti alla legislazione vigente, si può

muovere una serie di obiezioni di carat–

tere economico, funzionale e politico.

Dal punto di vista economico, si teme

che i consigli di quartiere costituiscano

un nuovo apparato burocratico e ag–

giungano nuove spese al funzionamento

del comune. Il timore non è infondato

e, quando si costituisse la commissione

consiliare incaricata di studiare il rego–

lamento dei consigli di quartiere, essa

dovrebbe tener presente la norma, già

operante presso i quartieri di Venezia,

che vieta al comune di assumere nuovo

personale per gli uffici di quartiere e

gli fa obbligo di provvedere distaccando

presso questi uffici personale già alle di–

pendenze del comune.

Dal punto di vista funzionale , si teme

che la trasmissione dal consiglio comu–

nale a quelli di quartiere delle propo–

ste interessanti le singole zone provochi

ulteriori ritardi nel processo delibera–

tivo del comune, già ostacolato da una

serie di adempimenti e controlli non tutti

'sostanzialmente efficaci . A questo rilie–

vo, anch'esso non infondato, si obbietta

che il compito dei quartieri dovrà es–

sere di proposta e di iniziativa più che

di consulenza ; inoltre nel regolamento

dei consigli la richiesta di pareri ai quar–

tieri da parte del consiglio comunale

dovrà essere facoltativa, e quindi l'Am–

ministrazione potrà valutarne l'oppor–

tunità tenendo anche conto dell'urgenza

dei provvedimenti.

Dal punto di vista politico, si teme che

i consigli di quartiere degenerino in

parlamentini demagogici e irresponsabi–

li, e concedano nei loro dibattiti troppo

spazio all'agitazione di temi politici, ma–

gari di politica internazionale, o tali co–

munque che possono essere discussi in

sedi più competenti e appropriate. An–

che questo terzo timore non è infon–

dato, e

il

regolamento dei consigli dovrà

precisare con la massima

esatte~a

poso

sibile i limiti di competenza entr"o i

quali i quartieri potranno aprire dibat–

titi ed esprimere voti al consiglio co–

munale.

Di fronte a queste obiezioni (non in–

fondate ma neppure insuperabili), stan–

no le ragioni ben più profonde in favore

dell'esperimento.

È

innegabile che nelle grandi ammini–

strazioni comunali si sente oggi, in ag–

giunta agli altri motivi di crisi , una sorta

(come è stato detto) di «stanchezza

istituzionale

»,

che è provocata dall'im–

possibilità degli individui di dare alla

vita pubblica della città un apporto che

non si limiti alla periodica verifica elet–

torale o a contingenze del tutto occa–

sionali. La legislazione vigente regola

allo stesso modo le comunità rurali

di

poche centinaia di abitanti e le metro–

poli in cui si vanifica ogni contatto fra

gli organi pubblici e l'individualità del

cittadino. Occorre perciò offrire al citta–

dino nuovi strumenti per intervenire

nella vita pubblica, e in questo senso

va sostenuta anche la proposta recen–

temente presentata al consiglio comu–

nale per la istituzione del magistrato ci–

vico ai reclami, in conformità a quanto

avviene nelle sperimentate democrazie

dell'Europa settentrionale.

Ora, con i consigli di quartiere, ci si pro–

pone appunto un risultato di questo

genere: avvicinare i cittadini ai pro–

blemi pubblici, e precisamente a quei

problemi pubblici che li concernono di–

rettamente e che si possono conoscere

e discutere in base ad una competenza

di prima mano. Dobbiamo augurarci che

di fronte alla concretezza delle decisio–

ni da prendere, delle opere da sollecitare,

degli interventi da suggerire, i consi–

glieri di quartiere siano capaci di libe–

rarsi dai rispettivi preconcetti ideologici

e di misurarsi sulla politica delle cose.

Se questo avverrà ne trarranno van–

taggio anche i partiti, che oggi risen–

tono tutti di una struttura centralizzata

la quale affida le decisioni concrete ad

un ristretto ambito di dirigenti , e che

nei consigli di quartiere dovranno in·

vece lasciare larga autonomia di lavoro

ai propri quadri intermedi sottoponendo

gli schemi propagandistici prefabbricati

dall'alto alla verifica dei fatti concreti.

Ciò pel: quanto attiene al problema spe–

cificamente politico. Ma vi è anche un

aspetto sociale che deve essere consi–

derato e che

~onsiste

nella necessità di

qualificare l'apporto delle comùnità pe–

riferiche alla vita collettiva.

È

certo che i quartieri saranno sentiti

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