

delle nuove strade, l'urbanistica, i ser–
vizi annonari, i mercati, gli impianti ·
sportivi, le realizzazioni culturali, le con–
dizioni sociali ed economiche del quar–
tiere, la situazione sanitaria.
Mi dichiaro d'accordo, poi, sulla doman–
da alla quale
il
Sindaco chiede di dare
una risposta circa le istituzioni culturali
o civiche di quartiere per l'incontro di
quanti risiedono in un determinato com–
prensorio territoriale per un più vivo ed
ampio colloquio tra i cittadini.
Dissensi forse si verificherebbero al
momento di decidere la composizione
dei consigli di quartiere. Alcuni
li
desi–
derano formati da «rappresentanza»
proporzionale alla forma numerica dei
gruppi politici presenti in Consiglio Co–
munale.
Ritengo la cosa troppo «artefatta» e
non spontanea.
L'iniziativa, a mio parere, della vita co–
munitaria dovrebbe essere favorita in
tutte le maniere e nessuno, mi rivolgo
all'intervento Berti, vuole posizioni di
crescita dal basso, come alibi per rin–
viare le scelte; solo in comunità di in–
tenti tra Comune e Consigli di quar–
tiere sarà veramente possibile porre ri–
medio ad un certo monocentrismo an–
cora in atto.
Mario Dezani
L'esigenza di stabilire
possibilità più dirette di contatto
fra i cittadini e chi governa
il
Comune
è
particolarmente necessaria
per gli abitanti dei nuovi quartieri.
Nella foto: veduta di via Roveda,
a Mirafiori
" •••un e'iehé
di vito
eO'fHunitorio
volido
per
'0
Boeietà"
La discussione si è andata un po' spo–
stando su quello che
è
in definitiva l'ar–
gomento reale: come organizzare una
vita comunitaria in una città.
I Consigli di Quartiere rappresentano
uno spunto per svolgere la discussione
su questo argomento.
Tutti ci accorgiamo che la vita comuni–
taria è andata scemando.
Le veèchie 'Società che hanno compiuto
100 anni di vita ormai sono ridotte a
un Presidente e a 15-20-30 Soci che
non frequentano mai le Sedi.
Le stesse Parrocchie, che pure svolgono
le loro funzioni in modo lodevole, non
sono più centri di vita comunitaria.
20-25 anni fa erano di moda i circoli
sportivi culturali, gli stabilimenti orga–
nizzavano gite: oggi nessuno di questi
circoli ha ancora motivo di esistere.
Altre forme di tipo americano possono
impiantarsi da noi, c'è da augurarselo.
lo sono ·molto più pessimista. Penso che
dìfIìcilmente si possa trovare un cliché
di vita comunitaria valido per la nostra
società, società particolare che ha rag–
giunto un certo grado di benessere, ed
è portata alla vita individualistica. L'uo–
mo vuole vivere da solo.
I risultati di questa situazione sono, che
se noi la rapportiamo al piano politico,
gli elettori si distaccheranno sempre più
dalla vita della comunità nazionale.
Giuseppe Lamberto
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