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Gro'IDsei

e

gli

operoi

t

••

or.nes.

Quello che Gramsci deve a Torino, come teorico e

come uomo d'azione, come « sociologo » e come rivo·

luzionario, sta scritto in una lettera, appassionata, che

egli mandò da Vienna il 6 marzo 1924 a Giulia

Schuskt, che stava per divenire la compagna della sua

vita . Una vita tragica, ché due anni dopo egli l'avreb–

be rivista per l'ultima volta. Lo attendeva

il

carcere,

un calvario di dieci anni , la morte. La lettera a Giu–

lia è molto bella. C'è in essa, appunto, il tributo

più diretto ai lavoratori torinesi, un giudizio auto–

biografico che vale da sè tutti i commenti e le ese'

gesi fatte dagli studiosi. Gramsci parIa dapprima della

sua infanzia in Sardegna, dell '« istinto deUa ribel–

lion » espressosi nel ragazzo: « Non potevo andare a

studiare, io che avevo preso dieci in tutte le materie

nelle scuole elementari, mentre andavano

il

figlio del

macellaio, del farmacista, del negoziante in tessuti ... ».

Quindi la lettera prosegue così: « Poi ho conosciuto

la classe operaia di una città industriale e ho capito

ciò che realmente significavano le cose di Marx che

avevo letto prima per curiosità intellettuale. Mi sono

appassionato così aUa vita, per la lotta, per la classe

operaia ».

La città industriale è Torino che egli più d'una volta

indicherà nei suoi scritti pubblicisti come «la città

più industriale e più operaia d 'Italia », quindi in un

certo senso, un «-laboratorio sociale» esemplare per

un marxista, con antitesi di classe molto nette, con

uno sviluppo produttivo e sociale che costituiva

il

miglior osservatorio possibile. Ma è Gramsci stesso

ad avvertirci che il suo incontro con la classe operaia

torinese non si è nutrito soltanto di interesse teorico,

è stato un incontro nella lotta comune, è stato un

modo anche, per lui, di appassionarsi veramente alla

vita.

È

vero che nella stessa lettera a Giulia Gramsci

pare avvertire i limiti, persino l'aridità di una vita che

non abbia, accanto a una grande passione civile, ac–

canto a uno scopo sociale, la trama di affetti per–

sonali, la forza deU'amore. Senonchè è non meno certo

che Torino rappresenta per

il

giovane socialista sardo

un rapporto nuovo con le cose che lo circondano,

una più completa

umanit~

a cui attingere.

Quando il fenomeno può dirsi più sensibile? Non è

facile ,ricostruire le varie fasi del « periodo torinese »,

un decennio abbondante, dall'autunno del 1911 , quan–

do «il triplice e quadruplice provinciale », il ven-

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tenne studente cagliaritano vincitore di una borsa di

studio del Collegio delle Province (con lui sono altri

due nomi che saranno illustri: Augusto Rostagni e

Palmiro Togliatti) giunge nella grande città subalpina,

sino al maggio del 1922, quando, con un passaporto

regolare, il direttore

dell'Ordine Nuovo

parte alla

volta di Berlino e poi di Mosca per rappresentare

nel Comitato Esecutivo dell'Internazionale comunista

il partito italiano.

primi amicI a

Torino

Le due date e l'occasione dell'arrivo come della par–

tenza stanno ad indicare le linee d'indirizzo e di svi–

luppo decisive di una vita: da studente isolato, intel–

lettualmente « curioso» del marxismo, a militante, a

dirigente di primo piano in uno schieramento rivolu–

zionario internazionale. Per sapere di più, però, sulla

vita torinese di Gramsci ci aiutano poche testimo–

nianze sue e di altri; le prime, affidate a lettere ai

parenti potrebbero quasi essere sospettate di parzia–

lità perchè volte a giustificarsi in parte ora dall'aver

speso qualche 'soldo, ora dall'essere in ritardo con

gli esami (sono tutte dei primi anni ); le seconde sono

spesso di maniera, nel contesto di un tratteggio leg–

gendario che, se anche suscitato dall'omaggio più sin–

cero va, non meno per questo, preso con grande cau–

tela. In ogni modo, ci si può orientare abbastanza per

una ricostruzione storica che fissi alcune tappe es·

senziali.

È

indubbio, ad esempio, che

il

primo in–

contro con Torino è anche uno scontro. Il primo in–

verno di Antonio è critico, durissimo.

È

in brutte

condizioni di salute, esaurito per lo sforzo intellet–

tuale e per i sacrifici dell'ultimo anno passato in Sar–

degna (durante gli esami per la borsa di studio era

svenuto due vo'lte). Non ha un cappotto per ripararsi

dal freddo e umido che sale dalla Dora, su cui dà la

stanzetta che ha preso in affitto alla barriera di Mi–

lano, in corso Firenze. Si nutre poco e male, le settan–

ta lire della Fondazione albertina non gli bastano

per campare.

«

Verso il marzo del 1912 - ricorderà

anni dopo - ero ridotto tanto male che non parlai

più per qualche mese: nel parlare sbagliavo le

parole ».

I suoi primi amici, più che i compagni di scuola,

fu–

rono alcuni professori che avvertirono

il

grande in–

gegno del giovane e forse sentirono anche pietà per

quel ragazzo solo, malandato, quella testa leonina

piantata su un corpo disgraziato: in primo luogo Mat–

teo Bartoli, docente di glottologia, poi Umberto Co–

smo, incaricato di letteratura italiana, Annibale Pa–

store, di filosofia teoretica, tutti della facoltà di let–

tere e filosofia che Antonio aveva preso a frequentare

con una certa assiduità. Tra

il

1912 e

il

1913 Gramsci

si lega con due altri studenti che diverranno suoi

compagni e allievi nella milizia politica, Angelo Tasca,

figlio di un operaio astigiano, e Palmiro Togliatti, ma

nei primi tempi consuma i suoi pasti in una trattoria

frequentata da sardi dove «coltelli e forchette, sto–

viglie e bicchieri erano incatenati al tavolo del–

l'oste... ».

Quell'inverno del 1911 - dopo la grande Esposizione

universale a'l Va:lentino - gli operai dell'auto fecero

un lungo, sfortunato sciopero e tenevano le loro riu–

nioni proprio nei padiglioni in abbandono dell'Esposi–

zione. Chissà che cosa ne seppe la matricola univer–

sitaria Antonio Gramsci! Più probabile è che egli

abbia seguito in qualche misura l'ahra grande lotta

dell'anteguerra degli « operai automobilisti », la prima

guidata a Torino da Bruno Buozzi, che ebbe luogo

nella primavera del 1913 . Togliatti accennò, se pur

genericamente, in un suo discorso tenuto dinanzi

al Senato accademico di Torino nel 1951 , al fatto che

gli scioperanti passavano in corteo sotto i portici di

via Po per andare a comizio al parco Michelotti:

gli studenti socialisti

li

seguivano e fra questi c'era

Gramsci, che proprio sul finire dell'anno si is: riveva

alla sezione locale del partito.

Ma il vero incontro con la Torino operaia, anzi con la

città nel suo insieme, con la sua vita, i suoi proble–

mi, i suoi quattrini, i suoi teatri, la sua gente, avvie–

ne durante la guerra, negli anni tra il 1915 e

il

1918

quando Antonio Gramsci, mentre collabora al

Grido

del popolo

entra nella redazione torinese

dell'Avanti!,

chè si stampava a Milano, sotto la direzione di Serrati.

Il giovane sardo si rivela un cronista eccezionale: ha

le funzioni di quello che oggi si chiamerebbe cro–

nista culturale o cronista di costume; si occupa di