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GraDIsci

studente

uni"ersitorio

Un modo

tutto personale

di vedere

e interpretare

gli avvenimenti

Correva l'anno accademico 1919-20: la

prima grande guerra era finita da un

anno e gli studenti universitari, deposta

la divisa, riprendevano i loro studi. Chi

scrive era tra questi.

E

proprio in quel torno di tempo, fre–

quentando

la

facoltà di lettere nell'au–

lica sede di via Po, mi accadeva spesso

di incontrare Antonio Gramsci, sempre

accompagnato da Palmiro Togliatti, che

s'aggiravano per gli ambulacri, attorniati

da studenti e non più studenti, stretti

intorno a loro per ascoltarli. Tra i non

più studenti ricordo con affettuoso rim–

pianto gli amici Umberto Calosso e An–

gelo Tasca. Chi parlava però era Gram–

sci: Togliatti stava quasi sempre silen–

zioso e noi ascoltatori raramente inter–

rompevamo. E che cosa ci diceva?

Ci

diceva, con acutezza e preveggenza, del–

la nostra miserevole e pericolosa politica

interna d'allora; che la pace la libertà la

giustizia possono essere raggiunte sol–

tanto dal popolo che abbia conquistato

il potere e sia divenuto arbitro di sè

stesso; che il comunismo non è dottrina

di violenza ma di giustizia; che il mon–

do cammina inesorabilmente verso il si–

stema comunista: e guardava con parti–

colare fiducia a quanto stava accadendo

nella vicina Jugoslavia, tutta presa in

allora dal travaglio della sua forma-

zione di stato e dove il nascente partito

comunista veniva vigorosamente affer–

mandosi.

Ci

diceva insomma tutto quello

che un comunista intelligente, colto,

preparato come Lui, poteva dirci nel

1919.

Ma quel che in lui ci affascinava e fa–

ceva sì che noi, giovani e per natura

impertinenti e petulanti, lo ascoltassimo

con reverenza era la sicurezza, la chia–

rezza, la maturità, l'organicità del suo

giudizio, era la sua straordinaria origi–

nalità,

il

modo tutto suo personale di

vedere e interpretare gli avvenimentÌ.

Sentivamo superbamente realizzato in lui

quello che ciascuno di noi aspirava ad

essere e non era e forse non sarebbe

mai stato: una personalità validamente

costituita attorno a un nucleo di pen–

siero e di certezze morali armoniosa–

mente unificante e illuminante

il

mondo

dell'intendere e dell'operare.

Ricordo assai bene che le nostre discus–

sioni, di noi ascoltatori, quando ' lui ci

lasciava per correre

all'Ordine Nuovo,

non prendevano di mira le sue idee, ma

lui, l'Uomo, che ci impressionava per la

sua lucidità di mente e per la sua sicu–

rezza morale. Per noi, lui e lui soltanto

costituiva la bellezza, la forza,

il

fascino

di quel pensiero che lui aveva fatto suo.

E ricordo anche che a noi ascoltatori

veniva fatto istintivamente di raffrontar–

lo, per contrasto, a quell'altro Personag–

gio che poi

il

destino gloriosamente ha

accomunato a lui; voglio dire a Piero

Gobetti, anch'egli in allora frequenta–

tore della nostra Università, la cui vul–

canicità di pensiero e di natura di fronte

all'olimpica serenità e severità del Gram–

sci faceva stridente contrasto e ci la–

sciava interdetti. Ma forse cosi aveva da

essere: perchè i protagonisti della storia

sono sempre e soltanto sè stessi e non

si somigliano mai tra di loro.

Carlo Verde

ADlò

Torino

cODle 'o noti"o

Sardegna

Schivo e timido per natura stentava a rompere

!'isolamento che lo estraniava dalla città.

Cominciava allora la storia di un emigrato sardo,

appena ventenne, con vari motivi d'infelicità

perché era povero e malato

Mentre ad altri spetta qui rievocare la

figura e l'opera politica di Antonio

Gramsci, nel trentennale della morte,

penso non inutile dedicare la mia «te–

stimonianza » - di intimo amico e di

fedele discepolo, con un sodalizio du–

rato quasi un decennio, dal 1914 al

1922 - al Gramsci torinese, immigra–

to, ospite, cittadino, studente, giorna–

lista, educatore, più che all'uomo poli–

tico e di pensiero.

Egli giunse nell'antica Capitale verso

la metà dell'ottobre 1911 per parteci–

pare agli esami d'ammissione al « Colle–

gio Carlo Alberto per gli studenti delle

Antiche Provincie» onde ottenere quel–

la borsa di studio che gli permettesse

la frequenza alla nostra Università. Gli

esami, durissimi, si svolsero dal 18 al

27 ottobre, ed egli

li

superò venendo

ammesso al nono posto della gradua–

toria. Al secondo posto riuscì Palmiro

Togliatti, allora anch'egli null'altro che

uno studente povero venuto da un

li-

ceo della Sardegna.

--..

Cominciò da quel momento la storia'

« di un emigrato sardo, appena venten–

ne, ma con vari motivi d'infelicità, per–

chè era povero, malato, gobbo ». Bi–

sogna leggere la più recente e meglio

riuscita

«Vita di Antonio Gramsci»

di

Giuseppe Fiori per disporre di una com–

pleta biografia di Gramsci uomo, e, nel

nostro caso, di Gramsci giovane.

La storia del Gramsci d'allora è «una

storia come tante accaduta 56 anni fa -

riassumerà efficacemente Gabriella Poli

dalla prima· lezione tenuta dal Fiori per

il

ciclo commemorativo all'Alfieri - a

un ragazzo

il

quale stentava a rompere

l'isolamento che lo estraniava dalla gran–

de città industriale. Un ragazzo che non

aveva amici, che si sentiva disperato.

Ostinato, già ribelle

Era

il

quarto di sette figli: nel suo pae–

se in Sardegna, dopo le vicissitudini

giudiziarie del padre, aveva dovuto met–

tersi a lavorare, malgrado la gracilità e

i ricorrenti malanni, fin da quando ave–

va undici anni: dieci ore al giorno a

trasportare enormi registri, e alla notte

piangeva per i dolori in tutto

il

corpo.

Ma era ostinato, caparbio, già ribelle .

Contro chi?

».

Contro tutti coloro che,

secondo lui, allora, in qualunque modo

concorrevano a perpetuare la tragica si–

tuazione sarda, pietra di paragone delle

sperequazioni ed ingiustizie italiane.

Torino lo accolse con la fredda indiffe–

renza della città ancora avviata a rimet–

tersi dalla crisi seguita al trasferimento

della Capitale (crisi che si risolverà ve-

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