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ramente soltanto coll'espandersi dell'in–

dustria automobilistica) ed indaffarata

in ogni ceto per il grande traffico recato

dalla Esposizione Internazionale cin–

quantenaria dell'Unità d'Italia.

L'afflusso

di

forestieri .in quel periodo

aveva provocato generali rincari dei

prezzi e minori disponibilità d'alloggia–

mento:

il

giovane Gramsci dovette dor–

mire le prime sue notti torinesi in una

cameretta che costava 3 lire al giorno,

quante gliene passava

il

Collegio com–

plessivamente per dormire e per man–

giare. Scriverà poi al padre: «essendomi

recato al Collegio per riscuotere i soldi

e avendo raccontato al segretario la mia

odissea, egli molto gentilmente è riusci–

to a farmi trovare un'altra stanzetta a

lire 1,50 al giorno

».

Potè procurarsi poi, per

25

lire al mese,

una cameretta sul lungodora esterno, in

corso Firenze

57

quasi angolo via Peru–

gia, a meno di 500 metri dalla casa

di

Togliatti, che era in corso Firenze ango–

lo via Reggio. Forse non si trattò di

cosa fortuita, perchè anche nelle sue

sistemazioni successive Gramsci diede

prova di non troppa iniziativa nelle ri–

cerche: quando ai primi d'autunno del

1912 tornò dalla Sardegna andò a stare

in via San Massimo 33, di fianco al

vecchio Ospedale di San Giovanni e

quasi davanti al portone di servizio da

cui partivano quotidianamente funerali

in gran numero, in un palazzone d'an–

golo che adesso stanno per demolire:

ma si era cosÌ avvicinato a poco più di

duecento metri dall'ammezzato in cui

abitava Angelo Tasca, al numero 14

della stessa via. Anche nella nuova casa

si trovò male, e quando ritornò a Tori–

no per

il

terzo anno d'università riuscì

finalmente a sistemarsi meglio, instal–

landosi addirittura nello stesso edifido

abitato da Tasca, ma con ingresso dal

numero 15 di piazza Carlo Emanuele II.

Per quelle minuzie che non può tra–

scurare la

petite histoire

va ricordato

che in quel medesimo palazzo abitarono,

nella stessa scala di Gramsci, ma ad un

piano inferiore, il critico musicale del-

32

l'Avanti!

piemontese e poi dell'Or–

dine Nuovo

Carlo Emanuele Croce -

autore di delicate musiche per celebri

composizioni dialettali piemontesi de–

gli anni trenta - e, in un ammezzato

come quello di Angelo Tasca, ma con

ingresso da una porticina al numero

28

di via Maria Vittoria, i genitori di Pie–

ro Gobetti dopo le persecuzioni fasciste

e poliziesche culminate nell'incendio del–

la loro abitazione di via Giovanni Prati.

Per rischiarare le due anguste stanzette

si servivano, in mancanza di meglio, del–

la luce dei lanternoni dell'illuminazione

pubblica di via Maria Vittoria, posti a

breve distanza dalle loro finestre!

Gramsci abitava al terzo piano della

scala in fondo al cortile, a destra, presso

la vedova Berra , madre di Camillo Berra,

suo collega di facoltà e collaboratore de

La Stampa

con articoli d'interesse let–

terario ispanistico; e vi rimase, unico

sub-inquilino - in una angusta came–

retta arredata da un semplice lettino ad

una piazza colla testiera di ferro, da un

cassettone, o tradizionale

burò

piemon–

tese a tre cassetti, sormontato da un

armadietto a due sportelli in funzione di

libreria, da un minuscolo tavolo-scriva–

nia e da un catino di ferro smaltato con

relativa brocca per l'acqua per lavarsi -

per quasi nove anni, sino al maggio

1922, quando partì per la Russia per

non tornare mai più stabilmente a To–

nno.

Ritorno eiandesti no

Nella nostra città, anzi, ritornò una vol–

ta sola, nel 1924, quasi clandestinamen–

te, ricevendo colla massima discrezione

qualche vecchio compagno nella camera

ammobiliata che da tempo teneva Piero

Ciuffo -

il

caricaturista

Cip

e cronista

dell'Ordine Nuovo,

sardo, da tempo an–

che lui studente fuori corso di matema–

tica - in via Passalacqua.

Gramsci prendeva i suoi frugali pasti,

nel 1913-14,

in

una più che modesta

trattoria di vicolo dei Tre Quartini, che

si apriva nell'Isolato S. Federico en–

trando da via Bertola. Prima del rifaci–

mento di via Roma e dello sventramen–

to, anteriore, di via della Palma, sosti–

tuita dalla moderna via Viotti, due vi–

coli paralleli si inoltravano nel fianco di

via Bertola della vecchia Isola S. Fede–

rico, nuovo palazzo del Conte Tana (con–

trassegnata dal n. 78 nella pianta de–

lineata all'acquaforte dall'Oliani per la

Nuova Guida Derossi del 1781, incisa

però a rovescio e quindi da interpretarsi

cum granu salis):

il

vicolo delle Tre

Stelle era pressappoco sull'asse del pas–

saggio che oggi immette all'autorimessa

sotterranea del giornale

La

Stampa ,

ed

il

vicolo dei Tre Quartini, certo dal no–

me di quella vecchia locanda secentesca

di cui parla Luigi Gramegna nel suo

romanzo storico

Corte Gioconda,

cor–

rispondeva invece al primo tratto della

Galleria San Federico verso via Bertola.

La vecchia Galleria Natta, poi Geisser,

corrispondeva alla sola metà a mezzo–

giorno dell 'attuale Galleria San Fede–

rico: essa collegava con due tratti pres–

sappoco uguali, ad angolo retto, via Ro–

ma e via Santa Teresa. Non proseguiva

verso via Bertola appunto perchè quel

tratto era occupato dalle case dell'anti–

co vicolo dei Tre Quartini.

Da casa mia, che distava appena cento

metri, ricordo che andai spesso ad in–

contrarlo, appena finita la colazione, per

prendere insieme

il

caffè. Poichè Fiori

ha raccolto una pittoresca quanto imma–

ginaria descrizIone di Ciuffo, va detto

che si trattava di una trattoria come

quelle vecchie toscane del secondo do–

poguerra, assai modesta quanto ad at–

trezzature e trattenimento, ma senza le

esagerazioni che nel buon Ciuffo, sem–

pre in vena di scherzare, erano abituali.

Più tardi e più a lungo Gramsci mangiò

alla Latteria Milanese di via Santa Te–

resa, davanti a piazza Solferino, cui suc–

cesse il saJone del barbiere Maghenza–

ni, e dove è ora

il

grattacielo: era un

decoroso locale, simile al confratello ed

omonimo di via Po 31, che durò parec–

chi anni di più, ma è ormai da tempo

anch'esso scomparso: i pasti vi erano a

minimo prezzo ma venivano serviti da

camerieri in abito nero, sui tavoli di

miirmo bianco adatti al servizio di cre–

meria, che durava tutto

il

giorno, ma

entro bassi ed ampi vassoi nichellati,

grazie ai quali trattore e clienti rispar–

miavano le spese della tovaglia. In via

Po, almeno negli ultimi anni, servivano

delle graziose ragazze, in luogo dei ca–

merieri in abito nero, ma lo stile sostan–

zialmente non era diverso.

"Sardismo" radicale

Nei suoi ultimi anni torinesi Antonio

Gramsci, dopo aver conosciuto Attilio

Carena, potè meglio regolare l'anda–

mento della propria vita, divenen–

do stabilmente l'unico ed amichevole

pensionario nella casa di lui e della so–

rella Pia, al secondo piano di via Carlo

Alberto 24 bis, all'angolo con via Ca–

vour: che divenne in pratica la sua ve–

ra casa, a trecentocinquanta metri di di–

stanza dalla redazione del giornale, in via

Arcivescovado

1,

ed a poco più di sei–

cento metri dalla camera che teneva pres–

so la signora Berra, come abbiamo vi–

sto, in piazza Carlina. Queste precisa–

zioni da geometra non sono pignolerie:

vogliono chiarire soltanto quanto mini–

ma fosse in realtà l'estensione dei per–

corsi obbligati di Antonio Gramsci,

uo–

mo dalla vocazione quanto mai seden–

taria, anche se poi egli percorreva, per

la gioia di accompagnarsi ad amici e di–

scepoli, affascinati dalla sua conversa–

zione, nella quale non mancavano parti

scherzose e spesso addirittura richiami

boccacceschi, non poche volte, avanti e

indietro, quei modesti tragitti, col passo

grave dei filosofi peripatetici, ma sempre

ultimo ad accusare l'ora tarda.