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sue varie fasi costruttive debbano venir,

alla data odierna, essenzialmente riguar–

date come delle successive coagulazioni

intorno ad un unico nucleo originario,

anziché come frutto di disordinate ini–

ziative, prive di un intimo nesso logico,

di principi megalomani nella cui mente

l'amore per

il

fasto cresceva in ragione

direttamente proporzionale all'ascesa del–

le fortune dinastiche od all'incremento

dei possessi territoriali. Per dirla con

una certa spregiudicatezza, le vicende ar–

chitettoniche degli edifici palatini, ci sem–

brano rassomigliare un poco a quella che

Carlo Emanuele I argutamente definiva

la

«

politica del carciofo

»,

anche se egli,

involontariamente forse, alludeva alle fo–

glie anziché alle spine.

Morto nel 1615

il

Vittozzi, svariati altri

architetti lavorarono intorno al Palazzo

di San Giovanni, tra cui Maurizio Val–

perga, Giovenale Boetto, Andrea Costa–

guta,

«e finalmente, negli ultimi tempi

Carlo e Amedeo di Castellamonte

»,

scri–

veva Camillo Boggio (1895), in una nota

monografia ad essi dedicata,

«

sempre ag–

giungendo e riformando

».

Orbene, co–

testa affermazione, fa rilevare

il

Bernardi,

risulta assai importante, giacché lascia

intuire, (intuizione confermata da un'at–

tenta lettura della

Descrizione

del Ro–

vere), che non si debba pensare ad una

soluzione di continuità tra

il

lento e pro–

gressivo decadimento ed abbandono del

Palazzo di San Giovanni, e le superstiti

reliquie del Palazzo Vecchio o del Ve–

scovo, (le ultime abbattute all'inizio del

nostro secolo per far posto al

«Braccio

Nuovo»

del Palazzo Reale) e la genesi

e lo sviluppo dell'attuale edificio.

Il "cuore" di Torino

Tanto

è

vero che allorquando, sedate le

discordie dei cognati, Madama Reale Cri–

stina di Francia, pose mano ad esso nel

1646, per usare le parole del Rovere

«siccome era il sito in parte sgombro

da vecchie case, avanzi del V escovado, si

dovettero demolire più muraglie come

anche si trovò modo di conservarne pa–

recchie nell'innalzamento del novello edi–

ficio

».

E più oltre leggiamo nella citata

Descrizione

che, costruendosi nel 1684

l'ala di levante verso

il

giardino,

«fra i

muri già esistenti.. . di diversi tempi più

o

meno antichi»

utilizzati per la nuova

fabbrica, uno di essi serbava al piano

terreno delle finestre gotiche

«a sesto

acuto le quali furono ridotte a forma

quadrata

»!

L~

ultime opere di rimaneggiamento e

dl abbellimento effettuate nel Palazzo

Reale durante l'età barocca risalgono al–

la metà del secolo XVIII.

Una folata di aria nuova penetrò tra gli

ori ed i damaschi, già un po' stinti ed

abbrunati , con l'ascesa al trono di Carlo

Alberto il quale, invitato a Torino il ce–

lebre scultore ed architetto bolognese Pe–

lagio Palagi nel 1834, gli commise l'in–

carico di ammodernare alcuni interni del–

l'appartamento di rappresentanza. Era, il

gusto del Palagi,

«

un neoclassicismo ro–

manticamente interpretato da un gusto

fastoso di severa aulicità»

scrisse Mar–

ziano Bernardi. Un gusto, aggiungiamo

noi, per oltre mezzo secolo, e fino a ieri,

incompreso. Fortunatamente, però, ne è

in corso una convinta riabilitazione, sia

in sede storica che estetica. Ultima ed

unica innovazione di rilievo, regnante

Sopra: il soffitto disegnato da Carlo Morello

nella Sala degli Stalfieri,

sull'ala prospiciente la piazzetta Reale;

il dipinto centrale

è

di Carlo Dauphin .

A destra: l'elegantissima saletta

a forma di alcova,

attigua alla Sala della Colazione.

Pitture e decorazioni sono del Beaumont,

del Tamiati e del Gianotti

Vittorio Emanuele II, fu il rimaneggia–

mento dello scalone, ispirato ad un di–

gnitoso quanto greve ed ampolloso eclet–

tismo baroccheggiante, di cui era vene–

rato corifeo Domenico Ferri, il quale

aveva altresì apprestato

il

progetto per

rendere più maestoso il volto della Reg–

gia : grande abbondanza di marmi e di

grani ti con

«pilastri e balaustri»,

e

con quattro giganti colonne scanalate di

ordine jonico-composito, alte sino al bal–

latoio del secondo piano!

Oggi, consimili progetti, ci fanno sorri–

dere. Mandavano, viceversa, i nostri non–

ni in visibilio! Certo la facciata del Ferri

avrebbe costituito, se realizzata, un im-

barazzante intoppo a quei mirabili re–

stauri-conservativi intrapresi e diretti dal

sopraintendente ai monumenti per il

Piemonte, l'architetto professore Umber–

to Chierici alcuni anni fa nell'imminenza

delle celebrazioni dello Centenario del–

l'Unità d'Italia (1961) e della 2' Mostra

del Barocco PÌemontese (1963).

Mentre stiamo per concludere queste

brevi note illustrative sulle vicende sto–

rico - architettoniche del Palazzo Reale

propriamente detto, il nostro pensiero

va al complesso dei beni che dal Palazzo

Chiablese alla Cappella della S. Sindone,

alla Basilica di San Lorenzo,

all'Armeri~

Reale, alla Basilica di Superga rappre-

senta in certo modo

il

«

cuore»

di To–

rino. Come è noto, si sta elaborando una

nuova legislazione per la tutela

«del–

l'Italia da salvare

»,

la ristrutturazione

dei centri storici e per la destinazione

dei beni già di dotazione della Corona.

Problema che rientra nel campo dei rap–

porti storici e tradizionali estremamente

delicato nei suoi valori artistici e morali

perché l'ammirazione del mondo verso le

nostre antiche città converge essenzial–

mente sui Centri Storici, i quali nella

loro unicità

«

sembrano innalzati dal sen–

timento che

è

alla base di ogni grazia e

l'essenza di ogni bellezza...

».

Davide G iovanni Cravero

Note

(') Dalle seguenti prime linee delle dette pa–

tenti

2

marzo

1576

scorgesi quante fossero le

case in allora occupate per l'edificazione del

palazzo di Emmanuele Filiberto.

«Ad ognuno sia manifesto che avendo Noi

«prese a nostra mano le case delli reverendi

«canonici del Duomo et Chiesa Cattedrale di

«San Giovanni dell'arcivescovado della pre–

«sente città, le quali appartengono cioè: un

«ayra al Capitolo ave si è fabbricata la nostra

«scuderia; una casa al canonico Nizzardo con

«un giardino, ch'è compresa in detta scuderia;

«una casa al canonico Argentaro; una casa

«al canonico Migliorino con un giardino; una

«casa al canonico Bergera con un giardino;

«una al canonico Alliberto con suo giardi-·

«no; una al canonico Rollia con suo giardi-

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