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l''

biamo legato alle « novità

»,

contribui–

sce l'organizzazione applicata al lavoro

di ricerca e di concezione. Il continuo

avvento di nuovi beni strumentali e di

consumo, che caratterizza

il

progresso

tecnologico della nostra epoca rispetto al

passato, ha molteplici cause: il gran nu–

mero di persone che si dedicano alla ri–

cerca, la dovizia dei mezzi posti a loro

disposizione, la diffusione delle informa–

zioni, e non ultima

la

sostituzione del

lavoro di gruppo (in équipe) al lavoro

del singolo. Di geniali invenzioni sem–

pre è stato capace e sarà sempre il ri–

cercatore isolato; ma perché il risultato

di una ricerca sia raggiunto con la tem–

pestività necessaria, sicché al momento

in cui viene acquisito abbia ancora il

carattere di novità, occorre la collabo–

razione in gruppi bene organizzati di ri–

cercatori a competenze complementari.

Per finire , mi sia concesso che come

uomo della Scuola accenni al contributo

dello sviluppo della tecnica alla organiz–

zazione del lavoro didattico. Non inten–

do parlare dei sussidi audiovisivi che

servono a rendere più efficace, vitaliz–

zandola, l'ordinaria lezione cattedratica,

ma del metodo cosiddetto di « istruzio–

ne programmata

»;

metodo proposto fin

dal 1926 dal Pressey in una forma li–

neare, troppo rigida serie di quesiti am–

mettenti una sola risposta valida, e per–

fezionato via via secondo i principi del–

la cibernetica e con l'uso dei calcolatori

elettronici, così da renderlo sufficiente–

mente flessibile per impegnare il discen–

te a svolgere qualche attività critica.

Rimane l'obbiezione che si tratta di una

organizzazione per far rientrare anche lo

studio nel quadro della automazione e

rischia pertanto di standardizzare la cul–

tura. Non mi sentirei di patrocinarla al

livello universitario, mentre concordo

con quanti la considerano un mezzo

estremamente promettente per dare una

base di partenza verso studi superiori

più autonomi, ad esempio, alle grandi

masse delle popolazioni in via di svi–

luppo.

Antonio Capetti

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Gino Martinoli

I progressi della tecnica sono incessanti

e rapidissimi ; tutte le attività economi–

co-produttive ne sono investite. L'auto–

mazione, già affermatasi nella produzio–

ne di massa, è destinata a diffondersi in

modo sempre più notevole, non solo

nella fornitura di beni, ma altresì nei

servizi, nel settore vastissimo della pro–

duzione singola non di serie, in parti–

colare nell'apprestamento delle macchi–

ne, dei mezzi e dei dispositivi necessari

per realizzare una produzione automa–

tizzata . La caratteristica dell 'automazione

di consentire la fabbricazione di mac–

chine che riproducano se stesse, avrà

modo di manifestarsi in modo spettaco–

lare in un prossimo futuro.

Le macchine utensili a controllo nume–

rico costituiscono già una prima tappa

di un processo destinato a consolidarsi

ed a diffondersi.

Realizzeremo dunque un giorno la pro–

duzione dei beni che ci sono necessari

senza l'intervento dell'uomo?

Per quanto il passato ci abbia ammonito

che le previsioni più ardite in fatto di

realizzazioni tecniche sono sempre supe–

rate dalla realtà concreta, è presumibile

che un'automazione integrale non sarà

talmente diffusa ed affermata, almeno in

Italia, prima della fine del secolo, sì da

incidere sensibilmente sulla quantità di

forze di lavoro impiegate dall'industria;

è anzi possibile che esse aumenteranno

ancora , sia pure ad un ritmo ridotto, as–

sorbendo una parte di elementi dalle at–

tività agricole. La loro produttività si

avvicinerà a quella raggiunta già oggi

dai Paesi più industrializzati. Tuttavia ci

domandiamo se il termine « forze di la–

voro

»,

nella trentina di anni che ci se–

parano dal 2000, manterrà il significato

attuale.

È

facile prevedere che la composizione

delle « forze di lavoro

»

espressa in ter–

mini di tipo e livello di qualificazione

professionale sarà trasformata: drastica

diminuzione di personale generico e in–

cremento molto sensibile di quadri diri–

genti ed intermedi. Il concetto stesso di

qualificazione professionale, in categorie

che ci ostlmamo a considerare distinte

- operai ed impiegati - è destinato a

mutare dalla radice, nel senso di com–

portare per tutti una maggiore apertura

mentale ed una disponibilità verso una

serie di tecniche che evolvono, mutano

e si accrescono ogni giorno sotto i no–

stri occhi. Naturalmente tutto ciò non

avverrà in modo automatico e sponta–

neo, ma è legato ad una «politica for–

mativa

»,

sostanzialmente da attuare at–

traverso le istituzioni scolastiche respon–

sabili di innalzare

il

livello culturale ge–

nerico e specifico delle nuove genera–

zioni e di contribuire alla riqualifica–

zione e promozione sul lavoro di quelle

che vi sono attualmente.

Il passaggio da una produzione artigia–

nale, ancora predominante nel secolo

scorso, all'attuale condizione dell'indu–

stria, non

è

stato peraltro

il

risultato

solo di un progresso della tecnica, ma

anche dell'affermarsi di strutture orga–

nizzative razionali, le quali hanno con–

sentito una utilizzazione più efficiente

delle risorse disponibili - materie pri–

me, strumenti e macchine, energit; na–

turali ed umane -. I principii moderni

di organizzazione, sia del lavoro, sia del–

la gestione del complesso aziendale, han–

no avuto in Italia una diffusione infe–

riore ed una minore applicazione che in

altri Paesi.

Non è il caso in questa sede di esami–

nare le cause e gli effetti di questa si–

tuazione che, ove ci si ostini a notare

solo il lato positivo dei fenomeni, fa