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NUOV I OR IZZONT I DELLA SCUOLA FASCISTA

291

l’Altare della Patria e per inginocchiarsi e

dire una preghiera per i soldati che sono

morti per l ’Italia ».

Il Papa esercita anche di lontano una

sorta di benefico influsso sopra i bambini,

uno dei quali vorrebbe essere andato an­

che egli a Roma « per ricevere la benedi­

zione del Sommo Pontefice, perchè così

crescerei più bravo di quello che sono » ;

singolare avvicinamento con quello che

esprimeranno i compagni maggiori ! Ma il

personaggio più familiare ai fanciulli, e

che anche per i più piccini è come per

istinto la vivente espressione dell'Italia di

oggi e dell'amore patrio e del dovere che

a ciascun italiano incombe, è Benito Mus­

solini. Il sentimento comune è benissimo

espresso dal ragazzetto che dice : « Se fossi

con L^i a Roma gli direi a Mussolini : Ev­

viva l ’Italia! » — dove persino quel

gli

sgrammaticato, diventa un pleonasmo pie­

no di forza. Ma un ometto conscio del suo

dovere desidera invece « di dire a Musso­

lini che noi vogliamo essere bravi Italiani

per fare onore alla Patria », mentre un al­

tro vuole che lo si assicuri senza più : « La

prego di dire a Benito Mussolini che noi

siamo bravi scolari e dei buoni italiani »,

e un altro promette con tenerezza : « Vo­

gliamo amare con tanto amore la nostra

Patria » ...

S. Francesco suggerisce a un fanciullino

questo commovente pensiero: « ...quando

sarà ad Assisi, preghi San Francesco che

mi faccia diventare un bravo figliuolo e un

bravo scolaro e che benedica i miei geni­

tori e la scuola ».

Tale, nella ingenua e fresca forma delle

anime pure, l’espressione del sentimento

che accompagnava da Torino nel loro viag­

gio attraverso

le bellissime cose che fanno

bella la Patria

le nostre Guardie d'Onore,

le quali bevvero veramente la bellezza e

l ’amore d'Italia e sentirono, come non mai

prima avevano potuto, la fraternità die

lega i fascisti cuori italiani d'oggi.

Non è facile a nessuno, anche adulto, il

tradurre con efficacia in parole la meravi­

glia, l’entusiasmo, l’ammirazione, la gioia,

l'ebbrezza di un viaggio simile a quello che

per la prima volta compivano i nostri ra­

gazzi : figurarsi se la cosa poteva essere fe -

cile per dei fanciulli ! Perciò la lettura dei

loro diari dà nel suo complesso un certo

senso di delusione; la massima parte dei

ragazzi, se ben si tratti di allievi distinti,

sono in genere semplici cronisti. Per lo più,

come è naturale del resto, il parlare delle

cose vedute e godute pur con intensissima

gioia, si riduce ad una enumerazione fedele

che racchiude spesso anche doti notevoli di

memoria, come, ad es., là ove i ragazzi

rammentano, e sono

r

1 ’

il numero

delle colonne del Bernini in piazza S. Pie­

tro, il numero delle statue della Basilica,

l'altezza degli obelischi, ecc. ecc. Ma la

« psicologia » del viaggio, la descrizione

dei proprii sentimenti, che sarebbe la parte

più preziosa e più desiderata del diario, è

alquanto scarsa : si trattava di cose troppo

grandi per poter esser tradotte ed espresse

da fanciulli all'alba della vita.

Ma chi li vide lungo il viaggio — di cui

più d'uno ferma le visioni in disegni vari

— chi visse con loro quei sette giorni indi­

menticabili e li studiò nelle loro manife­

stazioni con occhio e cuore di educatore e

di amico, potè leggere dentro i giovanili

animi e coglierne ogni moto e ogni vibra­

zione, intensamente godendo della inespri­

mibile gioia che gonfiava il petto dei nostri

fanciulli e li faceva vivere in un’atmosfera

di sogno.

Molti di essi non erano mai usciti dalla

loro provincia, moltissimi non avevano mai

veduto il mare, se non in cinematografia,

e il mare, il mare

vero

doveva natural­

mente produrre con la sua vista una im­

pressione grande. 1 fanciulli lo salutarono

di fatto dal treno con una ovazione di entu­

siasmo ammirativo che si propagava di

compartimento in compartimento; ma pò