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GIORNALI E GIORNAL ISTI TORINESI DEI TEMP I DI CARI.O ALBERTO

lunga mano preceduto i nostri; e se V. M. degnasse or­

dinare che la revisione di questo giornale fosse per ispeciale

incarico confidata ad una persona di sagace intelletto e

d'imparziale saviezza, oltre che si troverebbe l’esponente

sollevato da gravi e quotidiane oppressioni, potrebbe anche,

in principio del novello anno, pubblicare il

Messaggere

due volte la settimana.

Ora intanto, e per la regolare pubblicazione e per l’ap­

provazione dei due articoli, per cui ne venne sospesa la

distribuzione, l'esponente, col cuore profondamente com­

mosso dalla memoria delle beneficenze che in tante occasioni

ha ricevute da V. M., si prostra riverentemente a piè del

Trono e ricorre alla M. V. supplicandola umilmente a degnarsi

di accogliere benevolmente le sovra esposte considerazioni

con ordinare la pronta pubblicazione dei due articoli alla

M. V. presentati e provvedere nel modo alla M. V'. più bene-

viso acciocché neH’avvenire non si rinnovino più gli ostacoli

sin qui opposti con nominare anche una speciale revisione

per la stampa del

Messaggtere.

Che della grazia etc. (5).

Questa supplica sortì l’effetto desiderato, come

risulta dal seguente biglietto del Ministro dell’In-

terno (30 agosto 1837):

S. M. nella udienza di cui onorommi ieri diemmi incarico

di pregare il Guardasigilli di ordinare alla Revisione di per­

mettere la stampa del

Messaggiere,

N. 34. essendo Sua

precisa intenzione che non sia il signor avv. Brofferio mole­

stato sulli articoli che trattano di critica letteraria, togliendo

però sempre tutto ciò che può degenerare in personalità.

Ma il Brofferio amava la critica, che suscita l’in­

teresse del pubblico; e la critica letteraria degenera

facilmente, anche se non vi si mescolino altri motivi,

in personalità. Curioso è il caso del dott. Carlo No­

vellis che, essendo amico del Romani, era preso di

mira, spesso e volentieri, dal

Messaggiere.

Stanco il dott. Novellis — così in una sua protesta —

di codesti attacchi ingiuriosi e meramente personali, volendo

ad essi rispondere, si trovò chiusa la via dalla Censura civile...

Yeggendo ora che la legge non è uguale per tutti... prima di

ricorrere ai giornali stranieri, come l’avv. Brofferio pur fece

quando non potè insultarlo nel suo proprio. ...ricorre alla

bontà dell'E. V. ed al potere che Ella possiede sopra i fogli

pubblici, onde si degni porre un argine alle contumelie che

il detto avv. Brofferio va scagliando continuamente contro

la tranquillità di un buon cittadino, di un suddito fedele e

d’un impiegato del Re.

Il Ministro dell’interno rispose che gli articoli

del Brofferio non erano personali, che chi si presenta

al giudizio del pubblico non deve lagnarsi della cri­

tica e che perciò egli, Novellis, non era autorizzato

a rispondere neppure in giornali stranieri (29 marzo

1838). Battuto così su tutta la linea, tornò ad insi­

stere qualche mese più tardi (20 agosto 1838):

L’avv. Brofferio non fece mai veruna critica agli scritti

dell'esponente, bensì adoprò continui sarcasmi, continue

contumelie, ora facendo cadere il ridicolo sopra di lui scam­

biando il titolo d’una commedia col titolo d’una memoria

medica, ora servendosi del pretesto di quelle per incagliare

un insulto sulla sua persona. Il ricorrente, non trovando

mezzo per liberarsi da cotante ingiurie dannose alla profes­

sione di medico che onoratamente egli esercita in questa

città a prò dei poveri e nel R. Ospedale Militare, si astenne

dall’esporre al pubblico nuovi drammi per togliere qua­

lunque pretesto all'estensore del

Messaggiere

ed evitare cosi

nuovi scandali. Ciò non pertanto nell’ultimo foglio de*

18 correnti* agosto egli trovossi di nuovo barbaramente ed

ignominiosamente insultato e deriso con un epigramma in

versi, nel quale, sebbene il nome di lui si trovi un poco

alterato

(va/oroso Dottor novizio),

è tuttavia bastevolmente

chiaro perchè non vi possa cader dubbio suU’allusione.

Il povero Novellis conchiudeva quindi che se non

poteva «vantar fama », poteva «bensì dimostrare

che non ha mai vituperato alcuno e che si è sempre

diportato qual uomo morigerato ed onesto cittadino ».

Ma non ottenne una soddisfazione qualsiasi!

Del resto, nel

1839,

il Brofferio riuscì a spuntarla

anche contro il conte di Pralormo, ch’era ministro

deU’Interno. Il

18

marzo questi aveva scritto al

Pullini: « Leggendo il

Messaggiere

del 16 del corrente

mese ho trovato in un articolo sulla

Mendicità sban­

dita

dell’abbate Fontana, ed in ispecie dal punto —

Le forme legali non sono ordinate che per imbrigliare

i tristi

— sino alla fine dell’articolo stesso, massime

non conformi a quanto è stabilito dal governo di

S. M., massime che il governo non vuole adottare e

che per conseguenza non conviene lasciare insinuare

nel pubblico col mezzo della stampa per le gravi

conseguenze che ne possono derivare, massime infine

troppo contrarie ai principii d ’ogni governo bene

ordinato per poter essere ammesse da quello di S. M. ».

Fare che il Fullini non fosse della stessa opinione

poiché rispose, il 26, di aver rimesso <»il tutto nelle

mani di S. E. il Guardasigilli, dal quale ho l’onore »,

aggiungeva, «d’oggi sentire che si riserva di conferire

con la S. V.

111

.ma ». Il Guardasigilli, che era il Bar-

baroux, trovò l’articolo «redatto nel buon senso e

scevro di qualunque proposizione che possa, anche

indirettamente, urtare coi principii del governo »;

onde il Pralormo andò sulle furie. Nell’articolo legge-

vasi «che il governo è in obbligo di mantenere i po­

veri »e che «le formule legali sono fatte per i tristi ».

Questi e quelli, dichiarava, «sono principii non con­

formi alle intenzioni di S. M., in più conferenze ma­

nifestatemi. Se la Revisione lascia passare simili

principii, il Ministero non ha più la menoma inge­

renza a prendersi nella pubblicazione dei successivi

articoli ». Ma questa nota, scritta

ab irato,

non fu

poi spedita. «J ’ai parlé », leggesi in un foglio a parte,

«au Comte Barbaroux: il ne sera plus nécessaire de

répondre

à

sa note ».

Il Pralormo tornò a lagnarsi nel 1840. • L ’avvo­

cato Brofferio» — così il Ministro di Polizia il 21

gennaio — «ha dichiarato che fu per sola inavvertenza

dello stampatore che si omise il nome dell'autore

della

Poesia al Regaldi,

inserita nel n. 3 del

Messag­

giere-,

errore questo che contava riparare nel n. 4

dello stesso giornale annunciando essere quella poesia

stata scritta dal signor Montanelli di Siena in occa­

sione che il Regaldi partiva per la Grecia e che le fu

in questa rimessa da un fratello dello stesso Regaldi,

studente in questa Università, pregandolo di faria

inserire nel suo giornale, come fece senza neppure

leggerla per pura mancanza di tempo*. A questa

specie di canzonatura, il Pralormo rispose: «SÌ pre-