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GIORNALI E GIORNAL I ST I TORINES I DE I T EM P I D I CARLO ALBERTO

venghi l'avv. Brofferio che d ’or innanzi non si

ammetterà più la scusa predetta di non aver

letto li articoli del

Messaggiere

prima di essere

stampati ».

L ’8 dicembre 1837 aveva chiesto l’autorizzazione,

che gli fu concessa nel giro di ventiquattrore, di pub­

blicare per conto proprio un’altra gazzetta, il

Negro­

mante.

Ma era un espediente per intimorire il Gabetti,

e il

Negromante

non vide mai la luce! Ottenuto così

un maggiore stipendio, lasciò passare tre anni e poi,

sulla fine del 1840, scrisse al Ministero che intendeva

rinunziare alla direzione del

Messaggiere

e del

Da-

gherotipo

e assumere quella di un nuovo periodico

che li comprendesse entrambi. Indicava come tipo­

grafo Alessandro Fontana (6) e come compilatori

l’intendente Ferrerò e l’aw . Rocca in Torino, il

conte Tullio Dandolo e la damigella Adele Curti in

Milano, il prof. Francesco Gera in Venezia, il dottor

Ciampolini in Firenze. «Nel caso », aggiungeva poi,

«che l’editore del

Messaggiere torinese

intendesse di

continuare nella pubblicazione del suo foglio, l’espo­

nente, per non violare le altrui proprietà e per con­

servare tuttavia una denominazione che ricordi in

qualche modo i suoi passati lavori, deliberò d’inti­

tolare il nuovo foglio il

Messaggiere italiano,

nel

qual nome gli parve anche espressa l’intenzione che

ha di allargarsi un poco più nella letteratura delle

altre provincie italiane ». Il povero Gabetti, così mi­

nacciato, s ’affrettò a scrivere al Ministro: «V. E. con

brevetto 7 gennaio 1836 accoglieva le supplicazioni

del Rappresentante e gli concedeva facoltà di pub­

blicare il

Messaggiere.

Il supplicante aveva prescelto

a compilatore il signor avv. Angelo Brofferio dap­

presso le speciali convenzioni con esso tenute, e fu

sempre suo impegno, anche dapprima molto scapi­

tando, di sostenere e dare avviamento al giornale,

mentre in ragione dei progressi accresceva pure la

retribuzione al compilatore ». Implorava quindi che

fosse proibito ora il nuovo giornale o almeno non si

permettesse che uscisse con titolo e formato uguale

e trattasse «le materie medesime del

Messaggiere

».

Il Gabetti non vide la conclusione della sua vertenza

poiché in quei giorni mori. La vedova, Carlotta Mas-

saza, venne a un accordo col Brofferio, il quale s’im­

pegnò a non scrivere che nel

Messaggiere torinese,

ma

ebbe lo stipendio, allora cospicuo, di 5000 lire annue.

Il giornale, in formato più grande, passò alla stam­

peria Fontana pur rimanendo proprietà della vedova

Gabetti. Nel dicembre dell’anno seguente (1841) il

Brofferio, continuando il giuoco, chiese di poter pub­

blicare un’altra gazzetta, il

Veridico,

ma questa volta

ricevette un rifiuto «avendo contratto l’obbligazione

formale verso dei signori Massaza di non assumere

la direzione o concorrere in altro modo con chkches-

siasi alla compilazione d’altro foglio periodico scien­

ti) Vedi il precedente numero di questa rivista.

(2) Ed. Cassone, Manorati e VerceOotti, Anno IV, n. 1,

2 gennaio 1836.

tifico o letterario ». Così dovette anche decidersi a

lasciare la condirezione del

Dagherotipo.

Il 19 ottobre 1827, in un dispaccio al marchese

( rosa di Vergagni, il De La Tour aveva definito il

Brofferio, che trovavasi allora a Roma, «giovine di

pessime qualità morali e politiche, ma, per sua di­

sgrazia, di talenti assai »(7). Quattro anni più tardi,

la congiura dei

Cavalieri della libertà

confermò questo

giudizio, ma il Brofferio, dopo qualche mese di car­

cere, riuscì a sottrarsi alla pena (8) e a guadagnarsi

anzi la protezione di Carlo Alberto. Di questo fatto

si sono cercate spiegazioni più o meno misteriose,

ma non si è abbastanza riflettuto che la coscienza

del Re, pio e cavalleresco, ripugnava da qualsiasi

gesto che potesse anche lontanamente aver 1 aria di

personale Vendetta. E i

Cavalieri della libertà

avevano

congiurato contro la sua persona. Così, più tardi

(1838), perdonò a Gio. Pietro Veyrat di Gresy che,

nel 1833, aveva scritto contro di lui «infamissimi

articoli »(q) nell

’Homme rouge

di Lione. Anche il

Brofferio fu perdonato, e perdonato in modo che

nessuno potesse mai supporre un avanzo di perso­

nale risentimento nel cuore del Re. Gli Atti riservati

di Polizia sono pieni di proteste, di lagnanze e di mi-

naccie destinate a cader sempre nel vuoto. Il 7 aprile

1842 il

Messaggiere

fu avvertito di t limitarsi nelle sue

crìtiche alti scritti del signor Briano senza discendere

nè a personalità nè ad invettive od allusioni di sorta

sulla particolare di lui condotta e precedenti »; ma

il Brofferio sapeva di poter osare e non se ne dietu

per inteso. Nel 1844, continuando la sua abile scher­

maglia con la Censura, protestò contro lordine di

sostituire, nel 2° volume delle sue

Scene elleniche,

il

nome di un finto Ettore Sant’Elmo a quello di San-

torre Santarosa. Il Re intervenne comandando che

la sostituzione non si facesse (10). Nell’aprile 1847

la Censura trovò da ridire perchè in un articolo sulla

Storia del risorgimento della Grecia

del Ciampolini

lodavansi il Collegno e il Santarosa «compromessi

entrambi negli affari politici che afflissero questi

Regi Stati nel 1821 »; ma l ’Avet e il Lazzari permi­

sero la stampa. Era la vigilia delle riforme. Sulla fine

dell’anno la politica entrò impetuosamente nei vecchi

giornali letterari, anche nel

Messaggiere,

nè molto

tempo trascorse che la libertà volse in licenza, onde,

già l’8 febbraio 1848, il De Sonnaz, da Novara, scrì­

veva al Ministro delTIntemo, a proposito di un arti­

colo della

Novella Iride novarese

: «Ogni commento

sarebbe superfluo ad additare quanto vi è in esso di

contrario alle disposizioni di legge sulle largizioni in

materia di stampa. Solo mi giova esporre che qualora

la Magistratura, cui è devoluta la cognizione degli

eccessi della stampa, non adoprì il freno devolutole,

non si può più rispondere delia quiete, dell’ordine e

neppure della pubblica e privata sicurezza ».

F. LEMMI

(3) Incominciò

a

chiamarsi cosi

il 7 gennaio

1837

(Anno V, n. 1).

(4) Erano stati scritti in difesa di Felice Romani, dirat-