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DURANTE DURANT I

Cappello bresciano, poeta di facile vena, amico del

Duranti, al quale dedicò la 2* Epistola delle sue

Rime, del Frugoni, del Salvini, del Brognoli, tra­

duttore e riduttore

déU’Olimpia

del Voltaire, del

Kodella di Padenghe, aiutatore del Mazzuchelli nelle

ricerche e

compilazioni dei suoi

Scrittori d'Italia

e

più

innanzi anche suo biografo,

e

non ultimo il

Conte Durante Duranti, prosatore

e

poeta, imitatore

del

Giorno

pariniano, che ebbe dall’Accademia pri­

vata

del

Mazzuchelli incoraggiamenti a pubblicare

il

suo poemetto.

L a V i t a

11

Conte Durante Duranti, nacque in Brescia il

b ottobre 1718 dal Conte Paolo e dalla Contessa Bar­

bara Caprioli, e vi morì più che sessantenne il 4 no­

vembre 1780 (4). Ancora bambino perdette la madre

e il nonno: il padre, colto da grave malattia, rese

vieppiù tristi i primi anni della vita del Duranti.

Confortato e aiutato da due prozìi patemi, furono

essi che si occuparono della sua educazione: mandato

a Bologna, quivi apprese la lingua latina e italiana,

sotto la guida di Stefano Rovetta che amò tenera­

mente il suo nobile discepolo: ma gli studi non ven­

nero però a lungo continuati dal Duranti, chè dopo

il soggiorno bolognese, spinto da quello spirito avven­

turiero, proprio degli uomini colti del suo secolo,

intraprese de’ viaggi. Sotto questo aspetto egli appar­

tiene a quel tipo di avventuriere di cui fu largo il

700,

avventuriere nel senso migliore di questo voca­

bolo, come lo furono il Baretti, il Goldoni, l’Alga-

rotti, il Pepoli e l’Altìeri. E de’ suoi viaggi dà con­

tezza nelle sue lettere. Così sappiamo di un suo viaggio

nella primavera del 1768 a Firenze, viaggio da lui

intrapreso per guarire da un suo vano amore. Un altro

viaggio fece nel 1755, a Torino. In una sua lettera a

Girolamo Kenier del 21 luglio conosciamo le impres­

sioni del suo primo viaggio. «Del mio viaggio —

egli scrive — le dirò qualche cosa. Io sono stato

venti giorni in Bologna, la quale città non mi è mai

piaciuta tanto come adesso. È veramente la sede

delle lettere, delle scienze e della cortesia!. Par di

sentire il Leopardi che tre quarti di secolo dopo

dava di Bologna un identico giudizio: t ... sono stato

contentissimo di fermarmi qui in Bologna, città

quietissima, allegrissima, ospitalissima, dove ho tro­

vato molte buone accoglienze » (5).

Più innanzi il Duranti continua: • Passai poi

1

Appennino, e stetti otto giorni in Firenze, che mi

parvero ore. Non ho mai visto a ’ miei di cosa più

bella. Mi perdonino Roma e Napoli e dico anche Ve­

nezia, se io dico che Firenze è la città più bella d’Italia.

Io non mi potea saziare nè contenermi di non lodar

sempre la natura e il sito e l'arte che paiono gareg­

giar insieme. Le ville e i giardini sparsi qua e là vin­

cono Tempe e Orti delle Esperidi... Nulla dirò poi

della bellezza delle donne e della cortesia dei cava­

lieri, insomma io non finirei mai parlando della

Toscana. Ritornando a Brescia presi la via di Fer­

rara per visitare l’onorata tomba del divino Ariosto...

In Firenze mi fu dato luogo fra quelle celebratissime

accademie. Ma Dio sa come vi sto » (6).

Nel 1755 si recò nella capitale del Piemonte per

presentare di persona le sue

Rime

a Carlo Emanuele

al quale le volle dedicate. Coi tipi di Gian Maria

Rizzardi, che buon posto occupa negli annali tipo­

grafici bresciani, aveva appunto in quell’anno il

Duranti pubblicati in elegante e nitida edizione i

suoi versi preceduti da una lettera dedicatoria al

Re di Sardegna, adornando la pubblicazione non

solo del ritratto suo, ma ancora di quello del re.

Delle accoglienze fatte al Duranti da Carlo Ema­

nuele si sa dalla prima epistola delle sue

Rime

indi­

rizzata al suo amico Giammaria Montorfani e dalla

lettera che lo stesso amico di Torino scriveva: «Il

Duranti faceva in questa corte una figura la più co­

spicua, la più nobile che possa immaginarsi giammai...

Viene ogni giorno trattato a pranzo dagli ambascia-

tori delle corti estere, o dai Ministri di Corte, o dalla

primaria nobiltà. Il libro presentato al Re viene uni­

versalmente portato alle stelle... ».

Carlo Emanuele III si servì dell’opera del suo

gentiluomo di camera il Conte Duranti per inviarlo

presso l’infante di Parma per ringraziarlo di avergli

a sua volta inviato il Duca Scipione Grillo in occa­

sione delle nozze del Conte di Provenza con- la Prin­

cipessa Giuseppina di Savoia. Ma questo non era

che lo scopo apparente della missione; in realtà

il

governo Sardo desiderava delle informazioni esatte

e precise «sul reale Stato della Corte di Parma »

e chiedeva al suo inviato straordinario «una rela­

zione circostanziata » (7).

E il Duranti compì con zelo e intelligenza la sua

missione diplomatica, ritornando a Torino non con

una, ma con tre relazioni (8) le quali non erano

stese per « privati », nè per la «cognizione degli

uomini ».

* • •

In quel tempo Brescia aveva perduto A. M. Qui-

rini: il Montorfani cerca di consolarsi pensando che

Brescia conservava però il Duranti • dottissimo cit­

tadino ornato delle doti più cospicue, amato e ben

accolto dai principi, che a ragione può dirsi lo splen­

dore della patria » (9).

Il Duranti fa alcuni anni innanzi anche a Ve­

nezia, come ci ricorda nell’ottava epistola al conte

Carlo Calino:

Fortuna dopo sui Veneti bdi.

Molte hme mi tenne, e porre in bando'

Mi le' gii stadi..

E fu a Venezia che in un duello gli accadde un

tragico evento: uccide il suo avversario, per il che

deve scontare la pena in carcere. Questa sua pri­

gionia, che a quanto sembra non fu nè lunga nè dolo­

rosa, di cui abbiamo notizie in certe lettere defl’Ar-

chivio di Brescia (10), avvenne fra fl 1750-1752. In