

DURANTE DURANT I
ebbe cariche pubbliche, fra cui quella di «Protet
tore » della Comunità di Palazzolo, cariche che egli
assunse come un dovere, sebbene gli riuscissero gra
vose e lo distogliessero dagli studi (12).
La sua opera letteraria gli diede gran fama nel suo
tempo, tanto che il Brognoli nel 1785di lui scriveva che
egli fu «grande e sublime nella lirica poetica, acuto e
giudizioso nella satirica, piacevole e di bei sali adorno
nella bernesca e nella teatrale ancora degno di lode,
e in tutti i generi sempre leggiadro ed armonioso »(13),
giudizio che ripetè più innanzi il Gambara, che di
lui diceva che «primeggiò nella poesia lirica, fu giu
dizioso nella satirica, piacevole nella bernesca, non
immeritevole di lode nella teatrale, e in tutti i vari
generi sempre leggiadro e armonioso » (14). Certo
lodi esagerate e giudizi dettati più col cuore di amico
che dalla imparzialità del critico: oggi nessuno so
gnerebbe di paragonare le epistole durantiane alle
satire deH’Àriosto, come scrisse il Brognoli, il
quale in un sonetto fa che l’ombra del Ferrarese
esclami:
Ahi le mie rime non andran più sole.
Tuttavia è d ’uopo riconoscere che ne’ versi del
Duranti si incontrano non solamente veri fantasmi
poetici, ma intonazione nobilissima per sentimenti
degna veramente di uno scolaro del Parini.
Il Foscolo (e sembra accennasse veramente al
Duranti) lo chiama «un bresciano mezzo poeta e
mezzo gentiluomo », un buon poeta della terraferma
veneta; Giuseppe Baretti parlò con lode delle
Rime
del nostro sulla
Frusta
(15) e di lui parlò anche in
certe lettere ad un altro bresciano: Giovan Battista
( hiaramonti. Nato in Brescia nel 1731, compiuti gli
studi a Padova, questi si dedicò particolarmente agli
studi giuridici e filosofici, così da eccellere sui contem
poranei. Ben trentasei volumi di lettere ci ha lasciato,
prova della feconda attività epistolare con i dotti
del suo tempo. Amico del Mazzuchelli, del Ba
retti, del Duranti, sappiamo da lui che, ad un certo
momento, non doveva correre molto buon sangue
fra lo scrittore della
Frusta
e il Duranti: infatti da
una lettera pubblicata dal Piccioni (16) indirizzata al
( hiaramonti si legge: «ho visto il conte Duranti che
non vuol neppure che dica bene dei suoi capitoli,
e se ier l’altro fossimo stati in paese di spada, credo
che gli avrei fatto spiegare cosa vuol dire “ Io sono
bresciano „.
■Parendomi tuttavia d’intenderlo, mi accontentai
di rispondergli ch’io ero piemontese: bestemmia forse
tanto orribile quanto la sua. Mi dispiace che gente,
a cui voglio bene, concepisca certe cose mattamente,
perchè mi mettono sempre in pericolo di far diven
tare anche matto me come Baretti. Eppure sono
tanto savio amie Aristarco! Se mi avesse dolcemente
detto di non parlare punto di hii nel mio foglio,
l’avrei compiaciuto perchè non aveva dato lo scritto
allo stampatore: ora però che m'ha detto alla bre
sciana che non vuole, io mi voglio e, perdio, mi duole
che i suoi capitoli o sia Epistole mi piacciano, che
A T T IL IO R E G O L O
T R A G È D I A D E D I C A T A
A L L ' A L T E Z Z A R E A L E
DI PIEIHO LEOFOLDOI
ARCIDUCA D ' AU S TR IA
GIAN DUCA DILLA TOSCANA
fo1'"ià*"-iviS
si
r. :
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Li ^
-
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(Tarla*, Balla K. Stai •ria,
1771
)
altrimenti vorrei vedere cosa vuol dire chi dice “ io
son bresciano
«Vi scrivo queste ciance, che forse vi faranno
ridere, come io risi quando sentii dire che “ io sono
bresciano „. È una bella cosa questo tabarro alla
Veneziana, che non si può tirare con esso nè di
punta nè di taglio ».
L e T r a g e d i e
Il Duranti nel teatro lasciò più tragedie: prima,
in ordine di tempo,
Sara,
rappresentata la prima
volta il 9 giugno 1761 nel Palazzo Uggeri: attori
furono alcuni dilettanti dell'aristocrazia bresciana.
Il fatto ci è pure ricordato dal Sambuca in un volume
di sonetti arcadicamente stemperati (17). Presero
parte alla rappresentazione il padre Ringhieri, autore
di un lacrimevole
Saulle,
gesuita nel Collegio dei
Nobili a S. Antonio (18); gli abati Marco Cappello,
Antonio Sambuca e Giovanni Marenzi, Barbara
Soieri, un notaio Bonkelh, Antonio Sondni, Pietro
Cazzago, Antonio Brognoli (19), poeta non ultimo,
e Giovanni Maria Mazzuchelli (ao) già da noi ricor
dato. Una vera festa dell’ingegno più che dell’arte
che diede luogo ad una satira che uno studioso bre
sciano ha pubblicato qualche anno fa (21).
Seguì un
Attilio Regolo
(Torino, nella R. Stam
peria, 1771), dedicato a Pietro Leopoldo, arciduca
d’Austria, granduca ddla Toecana, tragedia die
17