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DURANTE DURANT I

artefici che col duro martellar possono turbare i

sonni del nobil giovinetto, che quasi semidio, ha

bisogno di riposo; mentre egli è in soffice piuma,

il poeta, perchè «ne resti utile, e lunga ai posteri

memoria », narrerà le imprese dal suo illustre alunno

compiute durante il giorno.

Segue la seconda parte dell’

Uso:

se nella prima

viene rappresentata la vita da scapolo dell’eroe

durantiano, nella seconda invece si presenta la vita

di marito.

Il padre ha scelto per il suo nobile rampollo una

degna sposa: per gli imenei tutta la patria è in festa,

e grandiosi sono gli apparecchi. Ora il nobile ram­

pollo sta per divenire la gemma e il fiore degli itali

mariti.

Ma il tuo cuore non poteva reggere alla vista

della genitrice dolorante su un letto e per sollevare

lo spirito dall’ambascia passasti lontano da lei le

notti e i giorni, spegnendo i dolori in giuochi e in

bagordi.

Ora è tuo padre che tutto pensa, e specialmente

a spendere: la vecchia casa de’ tuoi antenati per te

si va abbellendo secondo il gusto d’oltr’alpe.

Nulla più manca al felice connubio: anche Mer­

curio ha sudato a guarirti e tu nuovo Ulisse chiudi

i cauti orecchi al canto delle sirene. Ascolta ora i

miei consigli e ascolta gli usi della moda non senza

prima descriverti i pregi e le virtù della futura sposa

che tuo padre cercò in terra straniera. Essa non fu

educata nel chiostro o allevata ai lavori femminili:

Fra lo splendor della patema casa

Sotto lodevol disciplina a tutti

Visibil sempre, e nelle proprie voglie

Non contrasta mai, l'attenta madre

Agli agi, al lusso, alle moderne usanze

Accostumolla; ed a materni esempi

Di conosciuti vigili maestri

L’opra e i sudor felicemente aggiunti

Posero in lei d’ogni virtude il seme.

(Jui la satira si muta in sarcasmo: il poeta traccia le

linee della educazione avuta dalla sposa, falsa educa­

zione dove parte importante ebbe l ’astronomia, il

ballo e il canto. Ma il giovine signore durantiano si

deve impazientire al lungo racconto. Pure Didone,

vaga di ben d’altro, potè sopportare il racconto delle

sventure di Troia, sopporti ora il giovine sposo la

pittura della sua futura felicità. Il padre suo non

ebbe altro pensiero che di cercare una sposa «ricca

di dote ».

E passando alla vita coniugale il poeta segue il

protagonista del suo poemetto: appena desto vada

nelle sue stanze, la più lontana da quella nuziale,

chè non per questo la sua sposa si annoterà, ma rice­

verà nella sua camera lo stuolo de' suoi cicisbei.

Oggi è barbarie la vecchia gelosia.

La tua sposa scelse il cavaliere meglio vestito

all’ultima moda di Parigi: tu mostrati cortese col­

l’amico e rispetta i suoi diritti, e se alla camera nu­

ziale vuoi avvicinarti, non dimenticare di stropic­

ciare prudentemente a terra i piedi quando la tua

sposa si trattiene sola con lui: e che:

.... penetrar non dei,

Ove prudente scalpiccio da lunge

Pria non t'annunzi.

E dopo aver insegnato quando si debba mostrarsi

geloso consiglia il suo Signore a non restar inoperoso.

E il poemetto volge alla fine: ormai si compiono

gli ultimi riti di Imeneo: la tua sposa non tema di

trovare in Italia le antiche barbare usanze: già vi

è penetrata la moda straniera. Tu, o padre, accolga

solennemente la nuora, lieto di vederla seguita da

uno stuolo di parenti compiaciuti al pensiero che

essa aggiungerà altro sole o lima o stella alle sue

armi. E mentre si prolungano le danze, borbotta il

servo digiuno, maledicendo alla moda.

Più tardi quando dalle amiche sarà condotta la

sposa al talamo, tu, o Signore, guida all’ara la voluttà

raffinata, mentre io pregherò che al nuovo procrea­

tore di Alcidi prolunghi propizia il corso suo la notte.

* * *

Così si chiude il poemetto che appartiene a quella

falange di componenti che trassero origine dal

Giorno

del Parini. Il Brognoli nel suo

Elogio

del Duranti

ci parla di un esemplare del

Giorno

posseduto dal

poeta bresciano, in cui di propria mano il poeta

aveva notato i passi migliori (25). E che il poeta

ammirasse il vate di Bosisio ben lo afferma tutto il

poemetto che arieggia al

Giorno

pariniano. Del resto

egli stesso lo confessa nella dedica a Pietro Bar-

boglio, bresciano: «L ’anno scorso nel tempo che

l’eruditissima compagnia vostra mi rendea più grata

la mia villeggiatura estiva a Palazzolo, si rilessero

per dolce trattenimento dello spirito il

Mattino,

il

Mezzogiorno:

opera che trae seco sempre nuova ammi­

razione e trasporto. Dissi allora, che si poteva al­

quanto più estendere la critica al costume presente.

Approvando voi l ’idea mi animaste a eseguirla. Io

tosto vi posi mano: tuttoché molto temessi l’assunto,

moltissimo poi il confronto. Giudicaste favorevol­

mente dal principio; il che bastò a me per ridurre

a termine la parte che riguarda il giovine in libertà ».

A Bergamo nel 1778 (26) non uscirono che le due

prime parti del poemetto: una terza dal titolo

II

Vedovo

pubblicò due anni dopo nel 1780 a Brescia,

pure dedicata al suo amicissimo Pietro Barbogio.

Come ebbe già a notare Alfonso Bertoldi (27),

la imitazione permiana vi appar manifesta, non solo

per quanto può riguardare questo o quel particolare,

ma anche la generale orditura e la finzione sagace

di porgere ammaestramenti al bello e giocondo vivere

alla moda.

Fra i moltissimi imitatori del Pum i, dai

Conviti

dell’Abate Andrea Rubbi a Clemente Boodi con la

sua

Giornata villereccia.

al Cicogna» (28), fl Duranti

non sfigura col suo

Uso

e col suo

Vaiavo,

in cui «

vuol rappresentare la vita dnsipata di un nobile d ii