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F R A

I

L I B R I

T . B

alm a

,

Il martirio di un popolo : I Valdesi.

(orbaccio

editore. Milano. L. io.

Ammirabile è la storia di questo popolo di 40.000 abi­

tanti. per la sua resistenza e per il coraggio dimostrati di

fronte a tutte le persecuzioni subite dal 1179 al 1655.

allorché gli eserciti sabaudo e francese ne fecero strage, nelle

valli pinerolesi.

Il fondatore Pietro Valdo, ricco commerciante di Lione,

colpito un giorno dalla morte improvvisa di un amico,

distribuì le sue ricchezze in elemosine ed in opere di carità

e si diede a meditazioni religiose, facendo proseliti che

dilagarono velocemente.

E doveroso per noi conoscerne la storia, che interessa

il Piemonte, perchè la setta Valdese si fissò nelle valli del

Pellice, ove conobbe gli amari giorni dell'odio e della per­

secuzione. sotto le false accuse d'infedeltà alla Casa Savoja,

e dove poi, riconosciute le sue virtù patriottiche, civili e

religiose fu reintegrata nei suoi diritti e parificata agli

altri Cristiani ed ai Cattolici.

I v a n A . C o n g ia ro v ,

Oblomoi\

Traduzione di

G io r g io

L e b la n c

per la Collana del Grandi Scrittori stranieri,

diretta da S. E.

A r t u r o F a r i n e l l i .

Utet, Torino,

Pagg-

3°3

L-

15

-

Chi. avendo avuto tra mano l'originale russo

deWOblomov,

od una sua traduzione integrale, trovandosi davanti a cosi

piccola mole fosse indotto a pensare che il romanzo ne è

stato guastato e deturpato, sbaglierebbe veramente. Che se

il ridurre si gran volume in cosi poche pagine ha portato

un danno, questo è stato tutto per il traduttore che ha

dovuto, con molta perizia ed infinito amore, sfrondare

quanto di prolisso e di ripetuto ha trovato in esso per trame

un’opera spigliata e snella che si fa leggere volentieri e fa

molto meditare.

Non è libro da leggere in tram od in treno, per sollevare

lo spirito dalle noie della vita o per occupare piacevol­

mente un'ora di tempo, ma uno studio profondo della

« terribile lebbra dorata », l'apatia invincibile, la non atti­

vità che informava il popolo russo dai più antichi tempi a

quelli del Congiarov ed oltre e ci fa veramente comprendere

certi stati e certi avvenimenti che si sarebbero altrimenti

riusciti inspiegabili.

Il

giacere in dolce far nulla, l ’astenersi da qualsiasi

attività, il sognare una vita attiva che non sarà mai vissuta

è lo stato normale del russo e Conciarov che non è immune

dal male, in sè lo studia e lo denuncia alla società nella

vana illusione di guarire una piaga che solo molto più tardi

doveva scomparire per dare un altro male, forse ancor più

grave, benché questo possa rappresentare come quelle ter­

ribili febbri, quei tenibili sfoghi che sogliono talvolta

metter fine a lunghe malattie e traggono improvvisamente

l'infermo a nuova e più vigorosa vita. E l’aver messo

accanto al grasso, sonacchioso e pigro Oblomov quell’uomo

pieno di volontà e di vitalità che è lo Stoltz giova al quadro,

che si aggrazia della dolce figura di Olga, la coraggiosa

giovinetta che si illude di poter strappare l’amato alla sua

abulia e se ne ritira sconfitta, per trovare poi nell’ardente

tedesco chi saprà comprenderla ed amarla. E dalla dispe­

rata ed inevitabile, lenta ma inesorabile caduta di Oblomov

potrebbero trarre molti salutare ammonimento a scuotersi

e vivere la vera vita finché è tempo.

Oblomov,

che è il capo­

lavoro di Conciarov, ed il ritratto fedele dell'anima russa

prima della rivoluzione, va letto attentamente, non dimen­

ticando di leggere prima l’introduzione che, se un poco

stanca per lo stile involuto e classicheggiante, pure introduce

veramente alla lettura del libro ed alla comprensione del

suo spirito.

A

delina

Z

ignoli

.

G

entucca

,

L'anima e le cose.

Liriche. Casa editr. «Nemi ».

Firenze.

Leggere queste liriche di Gentucca è sentire attraverso

una forma poetica e semplice, tutto un palpito di bellezza,

tutto un canto alla natura, tutta una gioia di vivere; è

accostarsi ad un'anima che sa. come Persefone, ad ogni

rifiorire di primavera sorgere dal regno dei Morti, e dopo

ogni dolore, ogni ansia ritrovare se stessa di fronte alla

natura che tanto ama, di fronte a quel sole che è per lei

simbolo di vita vera e viva, pensando e sognando occhi di

bimbi e mamme dolci e sante.

Gentucca, poetessa chiara e forte, lontana da ogni forma

di cerebralismo è con questo libro al suo terzo volume di

versi: i°

Il giardino,

che nella sua prefazione Ada Negri

definì: •... piccole meraviglie di poesia materna, notazioni

liriche di umile, ma. appunto per questo, preziosa intimità

femminile. Legge di natura che si traduce in canto... »;

20 Contemplazioni,

in cui la sua ispirazione di fronte a questa

vita, che sempre per lei da ogni cosa rigermoglia e fiorisce,

sa darci dei momenti di ineffabile incanto estatico ed esta­

siato e ci sussurra che alle anime che sanno sentire e abban­

donarsi, il bello non viene mai meno.

Ora in questo

L'anima e le cose,

più vasto si fa il suo

mondo, maggiore e più intima l'unità. È l'anima stessa di

Gentucca che più desiderosa di scoprire se stessa, cerca di

afferrare con eguale ansia e gioia l’intimo senso della vita

in ogni cosa, in ogni creatura.

La forma stessa della poesia risente questa sua inces­

sante ricerca, questo suo travaglio e si fa più salda, più

originale ed espressiva, più forte.

Il

suo senso religioso, quasi teosofico, che guarda le

creature e le cose in egual modo le ha fatto cantare forse

una delle sue più belle liriche:

Al

Santuario di Crea,

che

si chiude:

Non so, salivo ed ora

son giunta; eppure

Monte di Crea divino, salgo ancora.

E, pur limitandoci lo spazio, voglio dire ancora della

Ma­

scherata Veneziana,

lirica profondamente ispirata di questo

volume; in essa la nostra Gentucca svelandoci il suo mondo

poetico fantastico fa dire dalle Maschere alla Luna:

Tu vuoi saper chi siamo?

Stanotte, siamo fantasie fuggenti,

e fantasie fuggenti è ogni cosa che passa dinanzi al suo

orizzonte trovando ragione di vita non solo sentimentale,

ma artistico-poetica, ogni sua ispirazione sitibonda di luce,

di infinito, di Dio.

E

d m o n d o

d e

R

o c c o

.

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